Volkswagen chiede gli incentivi all'UE: tagliati 46mila posti di lavoro

Volkswagen, guidata da Oliver Blume, chiede aiuti UE e rete di ricarica per la transizione elettrica. Il piano include 46.500 esuberi e nuova produzione in Navarra e Portogallo

Volkswagen chiede gli incentivi all'UE: tagliati 46mila posti di lavoro
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Giorgio Colari
Pubblicato il 23 ott 2025

Il settore automobilistico europeo è scosso da una notizia che ha rapidamente acceso il dibattito pubblico e politico: Volkswagen, colosso tedesco dell’automotive, ha lanciato un appello formale all’Unione Europea per ottenere sussidi e sostegno economico a favore della transizione elettrica. Un annuncio che arriva in concomitanza con la comunicazione di una profonda ristrutturazione interna, che prevede il taglio di ben 46.500 posti di lavoro tra il marchio principale, Audi e Porsche. Il messaggio del gruppo, affidato alle parole dell’amministratore delegato Oliver Blume, ha messo in evidenza le difficoltà che anche i giganti del settore stanno affrontando in questa fase di cambiamento epocale.

Segnali preoccupanti

Il quadro finanziario attuale del gruppo mostra segnali di preoccupazione: gli esuberi annunciati sono suddivisi in 35.000 unità nel brand principale, 7.500 in Audi e 4.000 in Porsche, mentre gli utili del primo semestre hanno registrato una flessione del 36,5%. Nonostante ciò, il bilancio mostra ancora un utile netto superiore ai 4 miliardi di euro, segno che la situazione non è ancora critica, ma la pressione competitiva e i costi della trasformazione sono in costante aumento.

Durante la conferenza del 22 ottobre 2025, Oliver Blume ha illustrato le principali richieste rivolte alle istituzioni europee: secondo il CEO, è indispensabile un intervento pubblico deciso per accelerare lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica, abbattere i costi energetici e incentivare l’acquisto di veicoli elettrici. La richiesta di sussidi si inserisce in una strategia più ampia che mira a rafforzare la posizione del gruppo sul mercato globale, fronteggiando la crescente concorrenza proveniente dall’Est Europa e, soprattutto, dai produttori cinesi.

Rilocalizzazione della produzione

A conferma di questa strategia, Volkswagen ha svelato un piano di rilocalizzazione di parte della produzione. Il nuovo modello ID Cross 2026 sarà assemblato nello stabilimento di Navarra, mentre per l’innovativo ID Every1 2027 è stata scelta una linea produttiva in Portogallo. Queste decisioni sono dettate dalla necessità di ottimizzare i costi e di posizionarsi in aree considerate più competitive, sia dal punto di vista logistico che economico.

L’annuncio dei tagli e la richiesta di fondi pubblici hanno immediatamente suscitato reazioni contrastanti. I sindacati hanno espresso profonda preoccupazione per l’impatto occupazionale, sottolineando come gli esuberi rischino di pesare in modo insostenibile sulle comunità locali. Al tempo stesso, il mondo accademico e gli esperti di economia si sono divisi: da un lato, c’è chi ritiene legittimo il sostegno statale per accompagnare la transizione elettrica e salvaguardare la competitività dell’industria europea; dall’altro, non mancano le voci critiche che chiedono un maggiore impegno da parte delle aziende, suggerendo che i profitti debbano essere reinvestiti in innovazione e formazione, piuttosto che destinati a dividendi e compensi dirigenziali.

Scelte cruciali

La questione sollevata da Volkswagen mette l’Europa di fronte a scelte cruciali: sarà necessario definire come sviluppare una rete capillare di infrastrutture di ricarica, stabilire i criteri per l’erogazione dei sussidi e garantire che i lavoratori colpiti dagli esuberi possano accedere a percorsi di riqualificazione e nuove opportunità occupazionali. Alcuni governi dell’Unione sembrano orientati a sostenere finanziariamente la transizione, ma altri chiedono precise garanzie in termini di investimenti locali e tutela dell’occupazione.

In questo scenario, la vicenda Volkswagen assume un valore simbolico: da una parte, evidenzia l’urgenza di accelerare la transizione elettrica per non perdere terreno nella competizione globale; dall’altra, richiama la necessità di gestire con equilibrio i costi sociali, evitando che a pagare il prezzo più alto siano esclusivamente i lavoratori. Il dibattito che si è aperto promette di essere intenso e destinato a influenzare le scelte politiche ed economiche dei prossimi anni, non solo in Germania, ma in tutta l’Unione Europea.

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