Trump scopre le Kei Car e se ne innamora: ora le vuole negli USA

Donald Trump spinge per l'introduzione delle kei car in USA. Il piano solleva dubbi su sicurezza, preferenze del mercato e la fattibilità economica per Toyota e Honda

Trump scopre le Kei Car e se ne innamora: ora le vuole negli USA
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Giulia Darante
Pubblicato il 5 dic 2025

Succede sempre così: un viaggio, una fotografia al momento giusto, un dettaglio che sfugge ai più e che invece colpisce al cuore chi è abituato a vedere il mondo come un enorme mercato da ripensare. Così, tra i neon di Tokyo e il traffico ordinato che sa essere solo giapponese, Donald Trump avrebbe avuto un vero e proprio colpo di fulmine: non per un leader, non per un trattato, ma per le minuscole kei car, le microvetture che in Giappone rappresentano metà del parco auto e un intero modo di vivere le città.

Un amore improvviso, quasi romantico. Tanto da spingere l’ex presidente a volerle importare negli Stati Uniti, proprio lì dove regnano i pickup da cinque metri e passa, i muscoli di Detroit, i V8 che fanno tremare i marciapiedi. È l’ennesimo paradosso americano: adorare il gigantismo e, nello stesso tempo, flirtare con il minimalismo orientale.

“Perché non farle anche in America?”

È questa la domanda che, secondo fonti vicine alla Casa Bianca, Trump avrebbe ripetuto più volte dopo la sua visita in Giappone. Piccole, carine, economiche, perfette per i centri urbani: perché non costruirle anche negli Stati Uniti?

Quando gli è stato fatto notare che le kei car non superano i crash test americani, Trump non avrebbe battuto ciglio. Per lui, il problema non sono le auto, ma le regole. Così ha affidato al Segretario ai Trasporti, Sean Duffy, un compito a dir poco titanico: creare un quadro regolatorio che permetta a Toyota, Honda e agli altri costruttori di produrre kei car in America. Una rivoluzione normativa, o forse semplicemente un sogno destinato a rimanere tale, soprattutto se confrontato con la realtà del mercato statunitense.

Chi le comprerebbe davvero?

Perché è qui che nasce il primo, gigantesco punto interrogativo. Le kei car sono microvetture da città, con motori limitati, dimensioni da utilitaria per adolescenti e consumi ridotti all’osso. In Giappone sono delle icone. In Europa iniziano a fare breccia come E-Car, soluzione moderna per la mobilità urbana. Ma in America?

Gli automobilisti statunitensi amano veicoli che occupano mezza corsia da soli, che potresti usare come muro portante in caso di uragano. La scena è semplice da immaginare: un’innocua kei car incrocia una Ford F-150. Due mondi che non dovrebbero nemmeno condividere la stessa strada. E infatti qualcuno, giustamente, si chiede: Chi potrebbe volerle davvero? Perché è difficile vendere il concetto di “micro” a un Paese che ha fatto della cultura del “big” un simbolo nazionale.

Il vero nodo: business e numeri che non tornano

Se la questione culturale è la prima montagna da scalare, la seconda è quella economica. Gli analisti lo dicono chiaramente: le case giapponesi non hanno alcun incentivo a costruire kei car negli Stati Uniti. I motivi sono semplici:

  • le auto piccole non si vendono in America
  • i margini sono bassissimi
  • servirebbero nuovi impianti, nuovi strumenti, nuovi investimenti
  • e soprattutto servirebbe una base clienti che non c’è

È come voler vendere cappotti in una città dove è estate tutto l’anno. Puoi provarci, certo. Ma rischi di ritrovarti con i magazzini pieni e i conti in rosso.

Un’idea affascinante, ma lontana dalla realtà

Alla fine, l’idea di Trump ha il fascino delle provocazioni politiche: semplice da raccontare, molto meno da realizzare. Le kei car potrebbero anche conquistare l’America, un giorno. Ma non oggi, non così, e soprattutto non contro l’identità stessa dell’automobilismo americano.

Perché tra un F-150 da tre tonnellate e una microvettura da 660 cc, oggi come ieri, gli Stati Uniti continueranno a scegliere il gigante, non il bonsai.

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