Sulle linee della Fiat Grande Panda, in Serbia, arrivano 800 nepalesi

Nello stabilimento Fiat di Kragujevac arrivano 800 lavoratori stranieri per la Grande Panda. Ecco i motivi della scelta e le reazioni locali

Di Renato Terlisi
Pubblicato il 22 ago 2025
Sulle linee della Fiat Grande Panda, in Serbia, arrivano 800 nepalesi

La decisione di Fiat di introdurre una consistente quota di manodopera internazionale nel proprio stabilimento di Kragujevac sta facendo discutere e solleva numerosi interrogativi sia sul mercato del lavoro locale che sulle politiche salariali applicate nel settore automobilistico serbo. Il colosso dell’automotive ha infatti annunciato l’arrivo di circa 800 operai stranieri, principalmente lavoratori Nepal e lavoratori Marocco, destinati alla linea di assemblaggio della nuova Grande Panda. Una scelta che appare controversa, soprattutto se si considera che nella stessa città serba si registrano attualmente circa 9.000 persone in cerca di occupazione.

Un’opportunità

Secondo quanto riferito dal consigliere comunale per l’economia, Radomir Erić, e riportato da Televizija Kragujevac, la provenienza dei nuovi addetti è legata a paesi dove le condizioni economiche sono particolarmente difficili rispetto alla Serbia. Il Nepal, ad esempio, è caratterizzato da un tasso di povertà molto elevato, con oltre la metà della popolazione che sopravvive con meno di 1,25 dollari al giorno. Il Marocco, invece, presenta un PIL pro capite che è circa un terzo di quello serbo. In questo contesto, la prospettiva di lavorare in Serbia, anche a condizioni non particolarmente vantaggiose, rappresenta comunque un’opportunità di miglioramento per questi lavoratori.

Il sindacalista Jugoslav Ristić, presidente dell’associazione “Nova sveltst”, ha offerto una lettura chiara delle motivazioni che hanno spinto Fiat a optare per la manodopera internazionale. “Gli abitanti di Kragujevac non sono interessati a stipendi di poco superiori ai 70.000 dinari (circa 597 euro), cifre che risultano insufficienti per garantire una vita dignitosa”, ha spiegato Ristić. “Per questo motivo, l’azienda cerca manodopera in paesi molto più poveri, dove anche retribuzioni modeste possono essere considerate allettanti”.

Questione salariale

La questione salariale si conferma centrale nel dibattito. All’interno dell’impianto, un operaio può arrivare a guadagnare fino a 90.000 dinari (pari a circa 768 euro) solo accettando di lavorare anche il sabato, una cifra che resta comunque inferiore allo stipendio medio nazionale, che in Serbia si attesta attualmente intorno ai 108.000 dinari (920 euro). La scelta di Fiat di mantenere i salari Serbia su livelli relativamente bassi, secondo Ristić, rappresenta una strategia deliberata per consolidare il ruolo della Serbia come “zona di manodopera a basso costo” all’interno della filiera globale dell’auto.

Non è la prima volta che il gruppo ricorre a lavoratori stranieri per le proprie linee produttive. In passato, infatti, nello stabilimento di Kragujevac erano stati impiegati anche operai italiani, ma con compensi nettamente superiori: circa 100 euro al giorno, una cifra che oggi appare lontana dalle condizioni offerte ai nuovi assunti provenienti da Nepal e Marocco. “Se la Fiat offrisse stipendi da 1.000 euro al mese, troverebbe facilmente personale locale disposto a lavorare”, sottolinea ancora il rappresentante sindacale, evidenziando come la questione retributiva sia determinante per la partecipazione della forza lavoro serba.

Serve manodopera

L’arrivo della Grande Panda nello stabilimento rappresenta, sulla carta, una significativa opportunità di rilancio per la città e per il tessuto industriale locale. La nuova fase di produzione auto dovrebbe garantire continuità occupazionale e nuove prospettive di sviluppo per l’area di Kragujevac. Tuttavia, la scelta di puntare su manodopera internazionale e su una politica di contenimento dei salari rischia di accentuare le tensioni sociali e di alimentare il malcontento tra i disoccupati locali, che vedono sfumare la possibilità di un impiego dignitoso proprio a causa delle condizioni economiche proposte.

Il caso solleva dunque una serie di domande cruciali sulle strategie adottate dalle multinazionali in Serbia e, più in generale, sulle implicazioni sociali di un modello produttivo basato sulla compressione dei costi del lavoro. La scelta di Fiat di affidarsi a lavoratori Nepal e lavoratori Marocco pone l’accento sulle profonde disparità economiche esistenti a livello globale e invita a riflettere sulle reali opportunità offerte dal mercato del lavoro locale. La produzione della Grande Panda potrebbe essere un volano di crescita per Kragujevac, ma la sostenibilità sociale e l’equità delle condizioni di lavoro restano questioni aperte, destinate a far discutere ancora a lungo.

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