Draghi lancia l’allarme: la transizione elettrica UE entro il 2035 rischia il flop

Mario Draghi critica il piano UE sulle auto elettriche: infrastrutture in ritardo, mercato fermo e innovazione lenta. Serve un approccio integrato

Di Giorgio Colari
Pubblicato il 16 set 2025
Draghi lancia l’allarme: la transizione elettrica UE entro il 2035 rischia il flop

Il percorso verso la transizione ecologica nel settore automobilistico europeo è tornato prepotentemente al centro del dibattito pubblico, complice la crescente incertezza sulla reale efficacia della scadenza 2035 per il definitivo addio alle auto endotermiche. Un tema che si intreccia strettamente con il futuro del Green Deal europeo e che ha trovato nuova linfa grazie all’intervento di Mario Draghi a Bruxelles. L’ex presidente della BCE ha infatti sollevato perplessità sull’attuale strategia di decarbonizzazione, chiedendo una riflessione più ampia e realistica sugli strumenti adottati finora dall’Unione Europea.

L’analisi dell’ex premier

Il quadro che emerge dall’analisi di Draghi è tutt’altro che rassicurante. L’obiettivo di un’Europa a zero emissioni rischia di scontrarsi con una realtà ancora lontana dalle promesse iniziali. La lentezza nell’implementazione delle infrastrutture di ricarica rappresenta una delle principali criticità: per garantire una copertura adeguata su tutto il territorio europeo, sarà necessario almeno triplicare – se non quadruplicare – il ritmo di installazione dei punti di ricarica nei prossimi cinque anni. Un’impresa che, allo stato attuale, appare tutt’altro che semplice.

Parallelamente, il mercato delle auto elettriche continua a crescere meno del previsto, complice anche il prezzo ancora elevato di questi veicoli, che rimane proibitivo per una larga fascia di consumatori. L’idea iniziale era quella di innescare un circolo virtuoso: investimenti in infrastrutture, crescita della domanda interna e una forte spinta all’innovazione avrebbero dovuto abbattere i costi e rendere l’elettrico accessibile a tutti. Ma, come sottolinea Draghi, questo scenario ideale non si è concretizzato.

Il ritardo preoccupa

A pesare ulteriormente sul quadro europeo è la persistente frammentazione della catena di approvvigionamento e il ritardo accumulato rispetto ai principali concorrenti globali, in particolare nella produzione di batterie e microchip. Mentre l’Europa fatica a tenere il passo, il suo parco auto – composto da circa 250 milioni di veicoli – invecchia progressivamente. Il risultato è una riduzione delle emissioni di CO2 che, negli ultimi anni, si è rivelata ben al di sotto delle aspettative e degli obiettivi fissati a livello comunitario.

Il rischio, secondo Draghi, è quello di mettere a repentaglio la competitività europea proprio nel momento in cui la mobilità sostenibile diventa uno dei principali terreni di confronto globale. Da qui la necessità di un cambio di passo: l’ex premier italiano suggerisce di abbandonare le rigidità normative e adottare un approccio integrato e pragmatico, in cui la neutralità tecnologica sia il principio guida. In questo contesto, è fondamentale considerare tutte le soluzioni disponibili per la mobilità a basse emissioni, compresi i carburanti a zero emissioni, senza escludere nessuna tecnologia a priori.

La partita è all’inizio

La partita tra Bruxelles e l’industria automotive europea è solo all’inizio, ma i tempi stringono: la revisione delle regole è già stata anticipata alla fine del 2025, segno che la questione è tutt’altro che risolta. L’intervento di Draghi si pone dunque come un campanello d’allarme, un invito a ripensare la strategia europea per non rischiare di perdere la sfida globale della mobilità sostenibile. Serve una visione capace di tenere insieme esigenze ambientali, sviluppo industriale e tutela dei consumatori, affinché la transizione verso una mobilità a zero emissioni non rimanga solo un’ambizione sulla carta.

In conclusione, il dibattito sulla scadenza 2035 e sull’addio alle auto endotermiche si arricchisce di nuovi spunti e interrogativi. L’Europa si trova di fronte a una scelta cruciale: insistere sulla strada tracciata dal Green Deal o aprire a una revisione che tenga conto delle reali condizioni di mercato e delle effettive possibilità di innovazione e sviluppo tecnologico. Il confronto è aperto, e la risposta a queste domande definirà il futuro della mobilità nel Vecchio Continente.

Ultime notizie