La Cina fa paura? Secondo gli italiani non più: l'ascesa nell'automotive
Tra il 2021 e il 2025 21 nuovi marchi, il 90% cinesi, hanno portato la quota dal 0,4% al 6,6%. Consumatori e concessionari bilanciano prezzo, tecnologia e fiducia
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Ventuno. Ventuno nuovi marchi auto entrati nel mercato italiano tra il 2021 e il 2025. Una cifra che già da sola suona come dichiarazione di conquista. Ma ciò che colpisce davvero è che il 90% di questi brand è cinese, o riconducibile a proprietà cinesi. Un’invasione silenziosa, mascherata da competitività tecnologica e prezzi “impossibili”, che nel giro di pochi anni è riuscita a muovere le pedine del mercato italiano con una rapidità sorprendente.
Nel 2021 quei brand emergenti valevano poco più di uno zero virgola: lo 0,4 %. Oggi, ad agosto 2025, la loro presenza tocca quota 6,6 % (o almeno molto vicina), diventando un fattore da non ignorare né per chi vende ancora a gasolio, né per chi progetta l’auto elettrica di domani.
Come si conquista un mercato
Come fanno? Con una strategia che mescola arroganza e tatto: prezzi aggressivi, spesso sotto la soglia psicologica dei rivali affermati; modelli ben equipaggiati per stupire; e una spinta comunicativa che riduce al minimo i sospetti iniziali di scarsa qualità. In molti casi, le prime vetture servono da “assaggi” per far superare lo scetticismo. Se passano la prova strada, il marchio entra nel cuore dell’utente — e magari resta lì.
A confermarlo è una ricerca di Quintegia, intitolata “Brand emergenti e nuovi orientamenti di dealer e consumatori nel settore automotive”. Secondo lo studio, il 44 % degli automobilisti italiani oggi dichiara di essere disposto a considerare un marchio emergente per il prossimo acquisto, con un aumento del 3 % rispetto allo scorso anno. La propensione si fa più accesa tra chi già guida elettrico (68 %) e nella Generazione Z (74 %).
I nomi che tutti conoscono
Tra i brand emergenti italiani più “noti” spiccano BYD, MG, Omoda, Jaecoo, Sportequipe, EVO e altri. Secondo Quintegia, il 91 % di chi li sceglie lo fa per il rapporto qualità/prezzo, mentre il 43 % cita la tecnologia e l’innovazione come leva decisiva.
Ma il rovescio della medaglia è sempre lì: chi esita a fidarsi, lo fa per l’ignoto, per la mancanza di reputazione consolidata, per i dubbi sull’affidabilità e, non ultimo, per la copertura limitata della rete di vendita e assistenza. Questi ostacoli sono presentati come vantaggio dai brand tradizionali, i cui punti di forza rimangono proprio la storia, la fiducia già maturata e la presenza capillare al servizio del cliente (61 % citato tra i motivi che spingono a preferirli).
Concessionari nel dubbio (ma molti cedono)
Il mondo dei concessionari è diviso. Otto su dieci rappresentano ancora i marchi tradizionali, ma quasi la metà (46 %) ha già deciso di inserire almeno un brand emergente nel proprio portafoglio. Le ragioni? Rapporto qualità/prezzo (80 %), potenziale di crescita (58 %) e investimento iniziale più contenuto (52 %). Allo stesso tempo, per molti dealer, l’“autorità del marchio” (70 %) e la solidità del servizio post-vendita (50 %) restano motivazioni forti per mantenere i brand tradizionali come asse portante.
I concessionari stimano che il cliente tipo interessato a queste nuove marche sia un privato tra i 45 e i 59 anni, con reddito mensile tra 1.200 e 3.500 euro.
Un bivio per l’industria italiana
Questa “invasione” non è una moda passeggera: rischia di diventare spartiacque. Se i nuovi brand continueranno a crescere sfruttando prezzi, tecnologia e appeal, la filiera italiana tradizionale dovrà reagire o restare schiacciata. Innovazione, eccellenza produttiva, catena logistica, assistenza capillare: tutto sarà messo in gioco.
Chi oggi sta costruendo auto per pochi appassionati, deve rendersi conto che domani potrebbe essere assediato da chi produce modelli efficienti, ben equipaggiati e venduti a prezzi che sembrano scontati per chi li compone in Cina. È la sfida tecnologica e culturale del decennio. L’automotive italiano ha ancora carte da giocare: ma dovrà imparare a far girare i suoi assi più velocemente. In caso contrario, non basterà un marchio glorioso per cambiare il destino.
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