Auto italiana dove sei? L'86% delle nuove immatricolazioni è straniera

Produzione auto italiana in forte calo (-67% dal 2000). Calo 2025, aumento listini e rischio occupazione: la sfida è elettrificazione e componentistica locale

Auto italiana dove sei? L'86% delle nuove immatricolazioni è straniera
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Giorgio Colari
Pubblicato il 28 ott 2025

Il settore dell’industria automobilistica italiana sta vivendo una delle fasi più critiche della sua storia recente, con numeri che fotografano una crisi strutturale senza precedenti. I dati aggiornati al 2024 sono inequivocabili: la produzione auto nazionale è crollata a meno di 600.000 unità, segnando una flessione del 67% rispetto ai livelli raggiunti nel 2000. Il trend negativo prosegue anche nel 2025, con una contrazione del 17,6% ad aprile rispetto all’anno precedente e un ulteriore calo del 17,9% rispetto a marzo. Complessivamente, il primo semestre del 2025 evidenzia una diminuzione del 17,3% rispetto allo stesso periodo del 2024, aggravando il quadro già compromesso.

I dati delle nuove immatricolazioni

A destare particolare preoccupazione è il crescente squilibrio del mercato interno. L’86% delle nuove immatricolazioni riguarda veicoli stranieri, mentre solo il 14% delle auto circolanti è prodotto entro i confini nazionali. Questo doppio fenomeno, che combina una drastica riduzione della produzione interna con una massiccia importazione dall’estero, rischia di mettere in ginocchio l’intera filiera industriale italiana.

Il caso del Piemonte è emblematico e rappresenta una vera e propria cartina di tornasole della crisi che investe il comparto. Regione storicamente al centro della industria automobilistica italiana, il Piemonte ha visto sfumare oltre un miliardo di euro di fatturato e la perdita di circa 1.500 posti di lavoro negli ultimi anni. Oggi, la capacità produttiva locale si attesta al 64%, ben distante dai tempi d’oro in cui il settore impiegava 59.000 addetti e generava 20 miliardi di euro.

Le motivazioni dietro alla crisi

Le cause di questa drammatica contrazione sono molteplici. Da un lato, la spinta verso la transizione ecologica imposta dal Green Deal europeo e dagli obiettivi di riduzione delle emissioni sta rivoluzionando l’intero settore. Dall’altro, il ritardo negli investimenti su tecnologie ibride ed elettrico ha eroso la competitività dei costruttori nazionali, lasciando il mercato italiano indietro rispetto ai principali competitor europei e asiatici. A complicare ulteriormente il quadro, l’aumento dei costi produttivi: tra il 2011 e il 2023, il prezzo delle automobili è salito del 58%, rendendo sempre più difficile l’accesso ai nuovi modelli per le famiglie italiane.

La crisi ha inevitabili ripercussioni anche sul fronte dell’occupazione. Sindacati e associazioni di categoria lanciano l’allarme: secondo Ferdinando Uliano della Fim-Cisl, senza interventi urgenti il settore automotive europeo rischia un vero e proprio collasso. Vavassori di ANFIA sottolinea invece come l’arrivo dei produttori cinesi possa trasformarsi in un’opportunità, ma solo se la componentistica italiana verrà realmente valorizzata e coinvolta nelle nuove filiere produttive.

La concorrenza cinese

L’eventuale insediamento di stabilimenti cinesi in Europa e in Italia apre scenari contrastanti. Da una parte, potrebbe rappresentare un’occasione per attrarre nuovi investimenti e rafforzare la presenza della componentistica italiana nelle catene globali del valore. Dall’altra, esiste il rischio che il valore aggiunto resti prevalentemente all’estero, minacciando ulteriormente la competitività delle imprese locali.

Gli esperti concordano sulla necessità di mettere in campo politiche industriali mirate e incentivi specifici per accompagnare la transizione tecnologica. Tra le priorità, spiccano il sostegno alla ricerca, la formazione di nuove professionalità legate al settore elettrico e investimenti strategici in aree chiave come batterie, elettronica e sistemi di ricarica. Senza questi interventi, il rischio è che la industria automobilistica italiana perda definitivamente il proprio ruolo di protagonista a livello internazionale.

L’incremento dei prezzi

Sul versante della domanda, l’incremento dei prezzi delle auto incide negativamente sulla capacità di rinnovare il parco circolante, rallentando la diffusione di veicoli più efficienti e meno inquinanti. Sul fronte dell’offerta, le imprese italiane sono costrette a ripensare i propri piani produttivi e a investire in catene di fornitura più snelle e competitive, per reggere l’urto della concorrenza internazionale.

Tra le possibili soluzioni, vengono proposti incentivi mirati alla produzione nazionale di componenti strategiche, programmi formativi per le nuove figure professionali richieste dalla mobilità elettrico, agevolazioni fiscali per gli investimenti e accordi con produttori esteri che garantiscano l’utilizzo di fornitori locali. Tutte misure che potrebbero contribuire a invertire la rotta e a rilanciare la competitività della industria automobilistica italiana.

La sfida principale per il comparto sarà dunque quella di trovare un equilibrio tra la necessaria transizione ecologica e la salvaguardia della capacità produttiva nazionale, evitando che la crescente presenza di veicoli stranieri porti a una perdita irreversibile di competenze, tecnologia e posti di lavoro. Le scelte che verranno adottate nei prossimi mesi saranno determinanti per il futuro di un settore che, nonostante le difficoltà, resta fondamentale per l’economia e l’occupazione del Paese.

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