Addio ai vantaggi fiscali per le auto elettriche, c'è chi pensa di tassarle

La Svizzera introduce una tassa del 4% all'importazione e valuta una tassa chilometrica o sulla ricarica dal 2030; l'Italia monitora la situazione mentre il mercato auto europeo è in crisi

Addio ai vantaggi fiscali per le auto elettriche, c'è chi pensa di tassarle
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Giorgio Colari
Pubblicato il 9 ott 2025

L’auto elettrica avanza. A rilento, certo, ma avanza. Lo si vede nei numeri – ancora troppo timidi – e lo si percepisce nel dibattito pubblico, sempre più infarcito di incentivi, bonus, piani ambientali e slogan sulla “transizione ecologica”. Ma mentre le colonnine crescono e le vendite arrancano, qualcuno ha già capito che prima o poi dovrà arrivare il conto. E in Svizzera, come spesso accade, ci stanno già pensando per tempo.

Secondo quanto riportato da SwissInfo, il governo elvetico starebbe valutando due ipotesi per introdurre una tassazione sulle auto elettriche a partire dal 2030. Un segnale chiaro: l’era del “non paghi nulla perché fai bene all’ambiente” sta per finire.

Due strade per lo stesso obiettivo

Le opzioni sul tavolo sono due. La prima: introdurre una tassa calcolata sui chilometri percorsi, con un principio semplice quanto discutibile – più è pesante il veicolo, più si paga. La seconda, più immediata da applicare, sarebbe una tassa sull’elettricità utilizzata per ricaricare le batterie, prelevata direttamente alla colonnina.

Dietro la svolta non ci sono questioni ideologiche, ma un problema molto concreto di bilancio: con la progressiva scomparsa delle auto a combustione, gli stati perderanno miliardi di euro derivanti dalle accise su benzina e diesel. Soldi che oggi servono per finanziare infrastrutture, trasporti pubblici, sanità. E che domani, con tutte le auto collegate alla presa elettrica, semplicemente spariranno dal radar fiscale.

Anche l’Italia prende appunti

E se a muoversi è la neutrale e calcolatrice Svizzera, è solo questione di tempo prima che altri seguano. L’Italia, da questo punto di vista, non è affatto in ritardo. Più di un anno fa, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, durante l’Automotive Dealer Day, aveva già lasciato intendere che le auto elettriche, prima o poi, avrebbero dovuto iniziare a contribuire. E a dirla tutta, con il settore auto ancora in affanno, quel “prima o poi” potrebbe arrivare prima del previsto.

Anche perché il tanto celebrato 2035, anno in cui dovrebbero sparire dalle concessionarie le auto a combustione, inizia a traballare. Italia e Germania stanno spingendo per allungare i tempi, complice una crisi dell’industria automobilistica che non risparmia nessuno, nemmeno i giganti. A Wolfsburg, casa madre di Volkswagen, è da mesi che si tirano la cinghia.

Elettrica sì, ma a che prezzo?

Nel frattempo, l’elettrico continua ad affascinare più i governi che i cittadini. I motivi sono noti: infrastrutture ancora insufficienti, ansia da autonomia che frena gli indecisi, tempi di ricarica che, nonostante i progressi, restano più lunghi di un pieno tradizionale. Senza dimenticare il prezzo, ancora troppo alto per molti, anche se grazie agli incentivi – almeno per ora – una BEV può risultare più conveniente di un’auto a benzina.

La tecnologia migliora, su questo non ci piove. Le colonnine aumentano, i tempi si accorciano, i listini si abbassano. Ma se il grande salto arriverà davvero, sarà solo a una condizione: che il cittadino medio, oltre a comprarla, l’elettrica se la possa permettere anche nel tempo. Manutenzione, bollo, assicurazione, e – soprattutto – tasse. Perché è bello immaginare un mondo green, silenzioso e senza smog. Ma a qualcuno, prima o poi, toccherà pagare la bolletta.

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