Porsche, Oliver Blume dovrebbe lasciare la guida del brand

Oliver Blume lascia Porsche tra crisi, crollo utili e transizione elettrica. Tutte le sfide per il nuovo CEO e le strategie future della casa tedesca

Di Giorgio Colari
Pubblicato il 28 ago 2025
Porsche, Oliver Blume dovrebbe lasciare la guida del brand

La stagione del “doppio incarico” per Oliver Blume volge al termine: a breve, il manager lascerà la guida della Porsche, segnando una svolta cruciale per la casa automobilistica di Stoccarda. Un cambiamento che arriva in un momento di forte turbolenza, tra la crisi della transizione elettrica, il crollo del titolo in Borsa e una fase di profonda ristrutturazione interna. Il futuro dell’azienda, tra incertezze e aspettative, dipenderà dalla scelta del nuovo amministratore delegato, la cui nomina è attesa per l’autunno, con insediamento previsto nei primi mesi del 2026.

Una doppia carica contestata

Oliver Blume, che dal 2022 ricopre la contestata doppia carica di CEO sia del Gruppo Volkswagen che di Porsche, si prepara dunque a lasciare la direzione della storica azienda tedesca. Secondo quanto riportato dalla rivista economica WirtschaftsWoche, la separazione degli incarichi è ormai imminente, chiudendo un periodo segnato da forti pressioni, riorganizzazioni e dibattiti sulla governance. La gestione simultanea delle due realtà è stata più volte messa in discussione dagli azionisti, che hanno espresso preoccupazione per l’impatto sul valore di mercato e sulla capacità di guidare efficacemente entrambe le aziende.

Le tensioni sono cresciute soprattutto dopo la quotazione in Borsa di Porsche nel settembre 2022, evento che ha reso ancora più evidente la necessità di una leadership dedicata. Le famiglie Porsche e Piech, azioniste di maggioranza tramite la holding Porsche SE, insieme al consiglio di vigilanza di Volkswagen e ai rappresentanti sindacali, hanno avviato un’intensa fase di negoziazione per definire la successione. L’annuncio ufficiale del nuovo CEO è atteso entro l’autunno, mentre la rosa dei candidati comprende sia figure interne sia manager esterni, a testimonianza della rilevanza strategica di questa scelta.

La transizione elettrica è più lenta

Il cambio al vertice avviene in un contesto di grande trasformazione per Porsche, impegnata in una difficile fase di rilancio. La diminuzione della domanda in Cina, una transizione elettrica più lenta del previsto e l’impatto negativo dei dazi statunitensi hanno reso necessario un ripensamento profondo del modello di business. I risultati finanziari del secondo trimestre parlano chiaro: il profitto è crollato del 91% rispetto all’anno precedente, mentre il titolo in Borsa ha perso circa il 45% del suo valore dalla quotazione, scendendo persino sotto quello di Volkswagen. Un quadro preoccupante, che lo stesso Oliver Blume non ha esitato a definire con realismo: “Il nostro modello di business non funziona più nella sua forma attuale”.

Uno dei nodi più critici è stato senza dubbio la gestione della transizione elettrica. Porsche aveva investito con decisione nella mobilità a zero emissioni, ma la risposta del mercato è stata ben al di sotto delle aspettative. Il caso emblematico è quello della nuova Macan, riprogettata in versione esclusivamente elettrica, che non ha però incontrato il favore del pubblico. A questa difficoltà si è aggiunta la brusca flessione nelle vendite della Taycan, altro modello simbolo della nuova strategia elettrica, la cui performance commerciale è stata deludente.

Revisione della strategia

Per far fronte a questa situazione, la casa di Stoccarda ha avviato una revisione radicale della propria strategia industriale. Tra le decisioni più significative, spicca l’abbandono del progetto di produrre internamente batterie ad alte prestazioni tramite l’unità Cellforce. Secondo Oliver Blume, la scelta è stata dettata da diversi fattori: la concorrenza cinese sempre più agguerrita, i dazi imposti dall’amministrazione Trump e la difficoltà di raggiungere economie di scala sufficienti a rendere la produzione interna competitiva rispetto ai fornitori asiatici.

In questo scenario complesso, la selezione del prossimo amministratore delegato si rivela fondamentale per ridefinire il percorso futuro di Porsche. L’azienda dovrà bilanciare la necessità di innovare con l’urgenza di recuperare la fiducia degli investitori, rilanciando il marchio in un’industria automobilistica in rapida evoluzione. Mai come ora, la casa di Stoccarda si trova di fronte a una delle sfide più delicate e decisive della sua storia recente.

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