Per 13 anni paga l'affitto per un parcheggio, poi scopre la truffa
A Zurigo un parrucchiere ha pagato per 13 anni una piazzola pubblica credendola privata. La truffa svelata da una multa, ora il caso è in tribunale
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Nella città svizzera simbolo di ordine e rigore, si è consumata una vicenda che ha dell’incredibile: un professionista del settore estetico si è trovato coinvolto in una vera e propria truffa legata all’uso di un parcheggio che credeva fosse riservato esclusivamente a lui. Questa storia, che vede protagonista un parrucchiere di Zurigo, ha sollevato interrogativi importanti sulla gestione degli spazi urbani e sulla fiducia che si ripone nei contratti d’affitto, mettendo in discussione la leggendaria precisione elvetica.
Un canone versato per tanti anni
Tutto ha avuto inizio tredici anni fa, quando il professionista, desideroso di offrire ai suoi clienti un servizio completo e di semplificare la propria quotidianità, ha deciso di affittare un locale per aprire il suo salone nel cuore di Zurigo. Il contratto stipulato con la proprietaria immobile sembrava vantaggioso: oltre allo spazio commerciale, veniva garantito anche l’utilizzo esclusivo di una piazzola privata situata proprio davanti all’ingresso del salone. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile, in una città dove trovare un parcheggio rappresenta spesso una vera e propria impresa.
Per ben tredici anni, il parrucchiere ha versato regolarmente 100 franchi svizzeri al mese alla proprietaria immobile, per un totale di circa tredicimila euro. Una cifra considerevole, che egli riteneva più che giustificata dal vantaggio di poter disporre di una piazzola privata riservata. Ma la realtà era ben diversa: quello spazio, che pensava di aver “blindato” grazie al contratto, era in realtà di dominio pubblico e accessibile a chiunque.
La scoperta è avvenuta in modo del tutto casuale, a seguito di una multa per divieto di sosta, la seconda in tanti anni. Insospettito dall’accaduto, il parrucchiere ha deciso di andare a fondo nella questione, avviando una personale indagine tra mappe catastali e documenti ufficiali. Il risultato delle sue ricerche è stato un vero colpo al cuore: la tanto agognata piazzola privata non era mai stata di sua esclusiva pertinenza.
Non finisce qui
Ferito nell’orgoglio e danneggiato economicamente, il professionista ha scelto di agire per vie legali, denunciando la proprietaria immobile per truffa e arricchimento indebito. Sentendosi vittima di un raggiro durato anni, ha deciso anche di lasciare il locale e trasferire la propria attività altrove, per voltare definitivamente pagina. Ma la vicenda ha preso una piega inaspettata: anziché tentare una mediazione o proporre un risarcimento, la proprietaria immobile ha contrattaccato, accusando il parrucchiere di diffamazione e sostenendo che, in fondo, entrambi avevano tratto beneficio dall’accordo.
Il caso è ora all’attenzione della giustizia svizzera, chiamata a pronunciarsi su una situazione che mette in luce le “zone grigie” che possono celarsi anche nelle società più organizzate. Se da un lato la proprietaria immobile si difende affermando che l’accordo era chiaro e trasparente, dall’altro il parrucchiere rivendica il proprio diritto a essere tutelato contro pratiche ingannevoli che ledono la fiducia e il patrimonio dei cittadini.
La vicenda in tribunale
Questa vicenda rappresenta un monito importante per tutti coloro che, nella frenesia della vita urbana, si affidano a contratti e accordi apparentemente inattaccabili. L’esperienza del parrucchiere di Zurigo invita a non dare mai nulla per scontato e a verificare sempre la natura legale degli spazi che si intende utilizzare, soprattutto quando si tratta di un parcheggio in una città dove ogni metro quadrato ha un valore inestimabile.
La storia della piazzola privata che privata non era, del denaro versato inutilmente e della battaglia legale che ne è scaturita, è destinata a far riflettere non solo gli automobilisti, ma anche chi si occupa della gestione degli spazi urbani e delle regole che li governano. Un piccolo grande scandalo che, in una Zurigo apparentemente immune da errori, dimostra come anche la precisione svizzera possa essere messa a dura prova da interessi privati e mancanza di trasparenza.
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