Maxi-frode da 43 milioni, importavano auto di lusso dall'estero

Guardia di Finanza e Procura Europea smantellano rete che importava Ferrari, Lamborghini e Porsche senza versare l'IVA. Evasione stimata 43 milioni, sequestri e indagini in corso

Maxi-frode da 43 milioni, importavano auto di lusso dall'estero
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Giorgio Colari
Pubblicato il 7 ott 2025

Un’inchiesta della Guardia di Finanza di Prato, coordinata dalla Procura europea con sede a Bologna, ha smascherato un sistema di frode fiscale da 43 milioni di euro. Al centro, una rete ben strutturata di concessionarie multimarca e società estere, accusate di importare veicoli di lusso dalla Germania eludendo il pagamento dell’IVA dovuta in Italia.

Una vicenda complessa, che tocca otto regioni, coinvolge oltre cinquanta conti bancari, 41 auto di pregio tra cui Ferrari, Lamborghini e Porsche, e un giro di false fatturazioni con sede formale all’estero, ma radici operative ben salde in Italia.

L’inizio da un esposto: il puzzle parte da un’auto usata

Come spesso accade in questi casi, tutto comincia da un’anomalia. Un cliente, insospettito dalle difficoltà nell’immatricolare una vettura usata acquistata in Italia ma di provenienza tedesca, si rivolge alle autorità. L’auto era stata venduta tramite una concessionaria multimarca, ma dietro il passaggio si cela qualcosa di più: un’intera struttura creata per bypassare l’imposta sul valore aggiunto.

Gli approfondimenti portano alla scoperta di una catena ben organizzata, dove gli ordini d’acquisto partono da rivenditori compiacenti italiani, i veicoli vengono individuati presso grandi operatori dell’usato in Germania, e l’intera procedura di importazione è costruita per rendere invisibile il passaggio fiscale.

Il meccanismo: società di comodo, prestanome e partite IVA a rotazione

Il sistema, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, ruotava attorno a società estere fittizie, intestate a prestanome, utilizzate come filtro per far sembrare le operazioni intra-UE regolari. In questo modo, l’IVA veniva “saltata” sfruttando le regole sulle transazioni comunitarie.

Per evitare che le attività venissero collegate direttamente ai concessionari italiani, le partite IVA venivano periodicamente cessate e riaperte, pur mantenendo gli stessi showroom, gli stessi nomi commerciali e persino le stesse sedi fisiche. Un trucco semplice, ma efficace, che permetteva di dare continuità al marchio agli occhi dei clienti, restando però invisibili al fisco.

I sequestri: beni per oltre 6 milioni tra auto, immobili e conti

I provvedimenti eseguiti nelle scorse ore dalle Fiamme Gialle — con il supporto delle unità operative di Ferrara, Bologna, Trani, Andria, Molfetta e Crotone — hanno portato a una serie di sequestri patrimoniali su larga scala.

Nel dettaglio:

  • 8 società coinvolte;
  • 7 terreni e 3 immobili residenziali bloccati;
  • 1 concessionaria di auto sotto sequestro;
  • 41 veicoli di lusso già individuati, con valore stimato attorno ai 3,5 milioni di euro;
  • Oltre 50 conti correnti con liquidità accertata pari a 1,2 milioni di euro.

Le indagini proseguono per chiarire l’estensione reale del network, che potrebbe coinvolgere anche soggetti in Germania, e per verificare eventuali connessioni con altre reti dedite allo stesso tipo di frode.

Una frode nota, ma mai così organizzata

La dinamica della frode IVA su auto d’importazione non è nuova. Da anni, le autorità doganali e fiscali segnalano pratiche elusive sull’asse Germania-Italia, soprattutto su veicoli di fascia alta. Quello che colpisce in questo caso è il livello di organizzazione, unito a una strategia di mimetizzazione accurata e sistematica.

Tutto, dal cambio periodico delle partite IVA alla permanenza degli showroom sotto la stessa insegna, è stato pensato per rimanere sotto il radar abbastanza a lungo da costruire un giro d’affari milionario.

La risposta delle autorità: “Reati gravi, impatto sistemico”

Secondo fonti vicine all’indagine, la portata economica e territoriale dell’operazione impone massima attenzione. Non si tratta solo di evasione fiscale, ma di un meccanismo che distorce il mercato, danneggia i concorrenti onesti e alimenta circuiti opachi, dove diventa difficile distinguere tra legalità e illegalità.

Nel mirino ora ci sono ulteriori soggetti legati indirettamente alle società sequestrate, mentre l’autorità giudiziaria valuta anche il profilo penale individuale di chi avrebbe avuto ruoli operativi o amministrativi nella gestione delle concessionarie.

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