La crisi dell'auto in Italia è quasi irreversibile: 77mila posti a rischio

L’industria automobilistica italiana vive una crisi senza precedenti: produzione in calo, occupazione a rischio e prospettive di riconversione verso la Difesa

La crisi dell'auto in Italia è quasi irreversibile: 77mila posti a rischio
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Giorgio Colari
Pubblicato il 22 set 2025

Il settore dell’industria automobilistica italiana sta attraversando una fase senza precedenti, segnando uno dei periodi più critici della sua storia recente. I dati parlano chiaro: la crisi auto è ormai una realtà consolidata, con la produzione veicoli in caduta libera e scenari che preoccupano non solo gli addetti ai lavori, ma l’intera economia nazionale. Nel 2024, infatti, la produzione automobilistica italiana è scesa sotto la soglia delle 600 mila unità, facendo registrare un crollo del 67% rispetto ai livelli del 2000. Una contrazione così marcata non si era mai vista e mette in discussione la stessa sopravvivenza del comparto.

Il quadro dipinto da PwC Strategy& è allarmante: mentre nel resto d’Europa la riduzione produttiva si limita a un 20% relativamente contenuto, in Italia il fenomeno assume dimensioni drammatiche. Questo divario mette in luce la vulnerabilità strutturale del sistema produttivo nazionale, incapace di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di rispondere alle nuove sfide tecnologiche e industriali.

Un elemento preoccupante

Un elemento particolarmente preoccupante è la volatilità del mercato domestico. Negli ultimi anni, la produzione effettiva di autoveicoli è risultata inferiore del 30% rispetto alle stime iniziali, una differenza che in Europa si ferma al 6%. Questo significa che il settore non solo fatica a programmare e investire, ma subisce una costante incertezza che penalizza sia la pianificazione industriale sia la competitività internazionale.

A pesare ulteriormente sulla situazione è il drastico calo del tasso di utilizzo degli impianti produttivi. Dal 72% registrato nel 2017 si è passati all’attuale 38%, un valore che si posiziona ben al di sotto della media UE, fissata al 53%. Tale sottoutilizzo rappresenta un chiaro segnale di inefficienza e di spreco di risorse, ma soprattutto riflette la difficoltà delle aziende nel trovare sbocchi di mercato e nel mantenere livelli produttivi sostenibili.

Le conseguenze economiche di questa crisi sono pesantissime. Secondo le stime, la componentistica automotive rischia di perdere fino a 25 miliardi di fatturato nei prossimi tre anni, con una minaccia diretta a 77 mila posti di lavoro. Il settore, che fino a pochi anni fa dava occupazione a oltre 507 mila persone, potrebbe vedere il numero degli addetti ridursi a 430 mila. Anche il contributo al PIL nazionale ne risentirà: si prevede una contrazione dagli attuali 62 miliardi a 53 miliardi di euro, accompagnata da una diminuzione del gettito fiscale di circa 3 miliardi di euro.

La palla passa alla Difesa

Di fronte a questa situazione, si fa strada la necessità di una profonda riconversione industriale. Una delle soluzioni più concrete individuate dagli analisti è il progressivo spostamento verso il settore della difesa. In Italia, la spesa in questo comparto è destinata a crescere sensibilmente, passando dagli attuali 33,7 miliardi a oltre 80 miliardi nel 2035. Un trend che apre nuove opportunità per le aziende automotive, molte delle quali già oggi sono coinvolte in attività connesse alla difesa: il 16% dei fornitori del settore opera infatti anche in quest’ambito, con significative sovrapposizioni tecnologiche in settori chiave come motori (32%), elettronica (22%) e componenti strutturali (19%).

Questa transizione potrebbe rappresentare una vera ancora di salvezza per il comparto, permettendo di rivitalizzare impianti produttivi sottoutilizzati, tutelare l’occupazione e promuovere il trasferimento di tecnologie avanzate. In particolare, soluzioni come i sistemi di ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), sviluppate per l’automotive, possono trovare applicazione anche in ambito militare, favorendo così la diversificazione del business e l’accesso a contratti più stabili e redditizi.

La riconversione industriale come progetto

Tuttavia, questa riconversione industriale non potrà avvenire senza un forte coordinamento tra settore pubblico e privato. Saranno necessari investimenti mirati per potenziare la capacità produttiva, incentivare la ricerca e accelerare l’innovazione tecnologica. Solo attraverso un’azione sinergica e tempestiva sarà possibile evitare che l’industria automobilistica italiana perda definitivamente il suo ruolo centrale nell’economia nazionale e internazionale.

Il futuro del settore è appeso a un filo: da una parte la crisi strutturale che mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro e miliardi di euro di valore aggiunto, dall’altra la possibilità di rilancio attraverso la diversificazione e l’innovazione. La sfida sarà quella di trasformare una crisi senza precedenti in un’opportunità di rinascita e sviluppo, restituendo all’Italia la leadership che le compete nel panorama industriale europeo.

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