Italia, a che punto siamo con le colonnine di ricarica: oltre 70.000

Al 30/09/2025 l'Italia conta 70.272 punti di ricarica pubblici. Motus-E chiede semplificazioni, costi energetici più bassi e infrastrutture autostradali complete

Italia, a che punto siamo con le colonnine di ricarica: oltre 70.000
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Giorgio Colari
Pubblicato il 13 nov 2025

La mobilità elettrica in Italia sta vivendo una fase di crescita senza precedenti, ma il cammino verso una reale capillarità e funzionalità della rete è ancora costellato di ostacoli e contraddizioni. Nonostante la presenza di 70.272 punti di ricarica pubblici censiti a fine settembre 2025 e l’incremento di quasi 10.000 nuove installazioni nell’ultimo anno, il quadro che emerge dal monitoraggio di Motus-E rivela come il Paese sia ancora lontano da una distribuzione efficiente e omogenea delle infrastrutture. Dietro ai numeri da record si celano infatti criticità legate alla burocrazia, squilibri territoriali e una percentuale significativa di impianti ancora non operativi, fattori che rischiano di frenare la transizione verso una mobilità realmente sostenibile.

Crescita spedita

Guardando ai dati, la crescita quantitativa della infrastruttura di ricarica sembra procedere spedita. Nel corso degli ultimi tre trimestri, sono stati installati 2.711 nuovi punti, portando la rete verso una copertura apparentemente più diffusa. Tuttavia, un’analisi più attenta svela come questa espansione sia spesso disordinata e poco equilibrata. Il 75% delle colonnine, infatti, offre potenze inferiori ai 50 kW, mentre soltanto una piccola quota – il 7% – garantisce prestazioni adeguate alla ricarica veloce richiesta per i viaggi a lunga percorrenza, ossia i tanto attesi 150 kW. Questo dato è particolarmente rilevante se si considera la crescente domanda di ricariche rapide da parte degli automobilisti, sempre più attenti ai tempi di sosta e alle esigenze di viaggio.

Il divario territoriale rappresenta un altro nodo cruciale. Le regioni del Nord e le grandi aree urbane continuano a catalizzare la maggior parte delle risorse: Lombardia, Lazio e Piemonte detengono quasi il 44% della dotazione nazionale, mentre città come Roma e Milano, da sole, raccolgono il 15% dei punti di ricarica. Al contrario, le regioni interne e le aree meno sviluppate restano marginalizzate, evidenziando una polarizzazione che rischia di escludere intere fasce di popolazione dalla transizione elettrica.

In autostrada c’è più copertura

Sul fronte della rete autostradale, i segnali sono più incoraggianti. Oggi sono operative 1.274 colonnine sulle principali arterie di collegamento, e in questo contesto la tecnologia fa la differenza: il 63% delle stazioni supera la soglia dei 150 kW, garantendo tempi di rifornimento competitivi con quelli dei carburanti tradizionali, e l’86% utilizza la corrente continua, ideale per la ricarica ad alta potenza. Nonostante questi progressi, solo il 48% delle aree di servizio è attualmente equipaggiato, lasciando ancora scoperti molti corridoi strategici per il trasporto di merci e persone.

La vera sfida, però, resta quella amministrativa. Se da un lato la percentuale di colonnine installate ma non ancora attive è scesa dal 18% al 14% in un anno, questo calo risulta ancora troppo lento per sostenere la crescita della domanda. I ritardi sono imputabili a iter autorizzativi complessi, conflitti di competenze e costi energetici elevati, elementi che ostacolano l’efficienza del sistema. Proprio per questo, Motus-E ha messo a punto cinque proposte concrete: ridurre i costi dell’energia all’ingrosso per gli operatori, semplificare le procedure autorizzative, estendere le concessioni di suolo fino a 20 anni, completare la copertura della rete autostradale e centralizzare il monitoraggio dell’infrastruttura per una governance più efficace.

Dibattito più acceso

Il dibattito tra operatori e consumatori si fa sempre più acceso. Da una parte, i gestori delle reti chiedono regole chiare e concessioni di lunga durata per poter pianificare investimenti sostenibili; dall’altra, utenti e amministrazioni locali reclamano servizi affidabili, interoperabilità tra i diversi fornitori e tariffe accessibili. In questo scenario, il rischio è che la corsa ai numeri finisca per trascurare la qualità e l’equità dell’offerta, trasformando la crescita della infrastruttura di ricarica in una rincorsa caotica, incapace di soddisfare le reali esigenze del territorio.

La sfida per il futuro è dunque quella di trasformare l’attuale espansione quantitativa in un sistema davvero nazionale, dove le regole siano trasparenti, gli incentivi efficaci e il coordinamento tra pubblico e privato sia finalmente strutturato. Solo così sarà possibile garantire una mobilità elettrica inclusiva, efficiente e sostenibile, in grado di rispondere alle aspettative di cittadini, imprese e istituzioni.

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