Con l'equiparazione delle accise il Governo otterrà 550 milioni

Dal 1° gennaio 2026 l'Italia equipara le accise su benzina e gasolio a 67,29 cent/l. Effetti su prezzi, gettito fiscale e possibili reinvestimenti per biocarburanti e decarbonizzazione

Con l'equiparazione delle accise il Governo otterrà 550 milioni
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Giorgio Colari
Pubblicato il 24 ott 2025

L’Italia si prepara a voltare pagina sul fronte della fiscalità dei carburanti: dal 2026, equiparazione accise tra gasolio e benzina diventerà realtà, segnando la fine di un’epoca in cui il diesel ha goduto di agevolazioni significative. Questa riforma, inserita nella legge di Bilancio, avrà effetti profondi sul mercato automobilistico, in particolare per settori chiave come trasporti e agricoltura, che da sempre hanno beneficiato della minor tassazione sul gasolio.

Decisione ufficiale

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha ufficializzato la decisione: a partire dal 1° gennaio 2026, l’accisa sui due principali carburanti sarà fissata a 67,29 centesimi al litro. In pratica, si assisterà a una riduzione di 4,05 centesimi sull’accisa della benzina e a un aumento speculare su quella del gasolio. Questa misura, destinata a eliminare il vantaggio fiscale che il diesel aveva rispetto alla benzina, nasce dall’esigenza di allineare la tassazione dei carburanti agli obiettivi di sostenibilità e di transizione ecologica, rispondendo così alle richieste di uniformità fiscale a livello europeo.

La scelta di intervenire proprio ora non è casuale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato come il contesto di prezzi di mercato relativamente bassi rappresenti il momento ideale per una simile riforma. Secondo Giorgetti, l’obiettivo principale è ridurre i Sussidi Ambientalmente Dannosi e rendere il sistema fiscale più coerente con le sfide ambientali che il Paese deve affrontare nei prossimi anni.

Promette grosse entrate

Dal punto di vista delle finanze pubbliche, la riforma promette di generare entrate aggiuntive consistenti. Le stime governative parlano di circa 550 milioni di euro nel primo anno di applicazione, con una proiezione di crescita fino a 2,6 miliardi entro il 2033. Questo incremento è reso possibile dal fatto che il consumo di gasolio in Italia è ancora nettamente superiore a quello della benzina, specialmente nei settori della logistica e dell’autotrasporto, dove i veicoli diesel rappresentano la maggioranza del parco circolante.

Tuttavia, l’impatto economico della riforma sarà avvertito soprattutto da chi opera nel mondo dei trasporti e dell’agricoltura. Le associazioni di categoria hanno già espresso preoccupazione per il rischio di un aggravio di costi difficilmente sostenibile, chiedendo al governo l’introduzione di misure compensative. Tra le proposte avanzate figurano esenzioni temporanee o crediti d’imposta per incentivare l’acquisto di mezzi più ecologici e meno dipendenti dal diesel tradizionale.

Il settore energetico dice la sua

In questo scenario di cambiamento, anche il settore energetico fa sentire la propria voce. Unem, l’Unione Energie per la Mobilità, attraverso il suo presidente Gianni Murano, ha chiesto che le maggiori entrate derivanti dall’armonizzazione delle accise vengano reinvestite per sostenere la produzione di biocarburanti a bassa impronta carbonica. Secondo Murano, è fondamentale premiare le tecnologie in grado di ridurre concretamente l’impatto ambientale, favorendo la transizione verso un modello di mobilità più sostenibile.

La decisione del governo trova il sostegno della maggioranza, che la difende come una scelta necessaria per rendere la fiscalità più “verde” e allineata agli standard europei. Di contro, l’opposizione non risparmia critiche, sottolineando l’assenza di un piano organico per accompagnare i settori più colpiti verso la transizione. Il rischio, secondo i detrattori, è quello di scaricare i costi della sostenibilità sulle categorie più vulnerabili, senza fornire alternative concrete e immediate.

Il successo andrà valutato nel tempo

Il successo ambientale di questa misura dipenderà molto dalle politiche complementari che verranno messe in campo. Solo attraverso incentivi efficaci, investimenti in infrastrutture e una reale promozione delle alternative pulite sarà possibile evitare effetti collaterali indesiderati e favorire un’evoluzione virtuosa del settore dei trasporti e dell’agricoltura.

La riforma rappresenta, in ogni caso, una svolta storica per la politica dei carburanti in Italia. Si chiude definitivamente un’era in cui il diesel, nato per sostenere il trasporto merci, ha goduto di un trattamento fiscale privilegiato sempre più difficile da giustificare in un contesto di crescente attenzione alla sostenibilità ambientale. L’equiparazione accise tra benzina e gasolio segna l’inizio di una nuova fase, in cui l’innovazione tecnologica e la ricerca di soluzioni a basso impatto ambientale saranno sempre più centrali nelle strategie di sviluppo del Paese.

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