Sussidi gonfiati e vendite truccate, Cina nel vortice per le auto elettriche

Il settore delle auto elettriche in Cina sotto indagine per sussidi gonfiati e vendite truccate. Irregolarità, audit e ripercussioni per i costruttori

Di Giorgio Colari
Pubblicato il 17 lug 2025
Sussidi gonfiati e vendite truccate, Cina nel vortice per le auto elettriche

Uno scandalo senza precedenti scuote il panorama delle auto elettriche in Cina, minacciando la fiducia nel settore e mettendo in discussione le strategie di crescita internazionale. Un recente audit governativo ha infatti svelato un complesso sistema di sussidi statali richiesti indebitamente, con la partecipazione diretta di alcuni tra i principali costruttori del Paese. Il fenomeno, che coinvolge cifre impressionanti e aziende di primo piano come BYD e Chery, si è consumato nel periodo 2016-2020, periodo durante il quale sono stati indebitamente richiesti fondi pubblici per circa 864 milioni di yuan, pari a 111 milioni di euro.

L’indagine

L’indagine, promossa dal Ministero dell’Industria cinese, ha portato alla luce irregolarità sistematiche nell’accesso agli incentivi previsti per favorire la diffusione delle vetture a zero emissioni. Il meccanismo era semplice ma efficace: grazie a escamotage burocratici e interpretazioni disinvolte delle norme, diversi produttori hanno presentato domande di finanziamento per veicoli che non rispondevano ai criteri di ammissibilità. La posta in gioco era elevata, con sussidi che potevano raggiungere i 60.000 yuan per ogni auto venduta.

Nel dettaglio, Chery, uno dei maggiori esportatori cinesi, avrebbe richiesto finanziamenti per ben 8.760 veicoli non conformi, per un totale di 240 milioni di yuan. Non da meno BYD, che avrebbe incluso nella propria documentazione 4.900 vetture, per un valore di 143 milioni di yuan. I metodi utilizzati per aggirare i controlli erano molteplici: dalla presentazione di veicoli privi della necessaria documentazione operativa, al ricorso a vendite gonfiate tramite dati di produzione e vendita artificiosamente incrementati, fino all’inserimento di vetture non idonee nelle richieste di sovvenzione.

La pratica dei chilometri zero

Un aspetto particolarmente rilevante emerso dall’audit riguarda la pratica dei chilometri zero. Secondo una recente inchiesta Reuters, a partire dal 2019 molte auto nuove sono state immatricolate come usate per poter accedere ai sussidi e successivamente esportate verso mercati esteri come Russia, Asia centrale e Medio Oriente. Questa strategia ha permesso ai produttori di ottenere incentivi anche per vetture che, di fatto, non sono mai state effettivamente utilizzate sulle strade cinesi, falsando i dati di mercato e creando una distorsione nei flussi commerciali.

Tra le irregolarità più diffuse spiccano anche chilometraggi dichiarati inferiori rispetto ai requisiti minimi, assenza di documentazione comprovante l’effettivo utilizzo dei veicoli e l’immatricolazione di auto nuove come se fossero già usate. Tutto ciò ha contribuito a gonfiare artificialmente le statistiche di vendita e produzione, alimentando un circolo vizioso che ha reso difficile distinguere i risultati reali da quelli ottenuti tramite pratiche scorrette.

Guerra dei prezzi

Non è ancora chiaro se le aziende coinvolte dovranno restituire integralmente i fondi ottenuti o se una parte degli importi contestati sia già stata trattenuta dalle autorità. Il Ministero del Commercio ha tuttavia reagito con fermezza, sospendendo l’erogazione dei sussidi statali in alcune regioni e annunciando un rafforzamento dei controlli per prevenire ulteriori abusi. L’obiettivo dichiarato è quello di ripristinare la trasparenza e la fiducia nel sistema, anche a costo di misure drastiche nei confronti dei soggetti coinvolti.

Questo scandalo arriva in un momento particolarmente delicato per il settore delle auto elettriche in Cina, già alle prese con una lunga e difficile guerra dei prezzi che ha ridotto i margini di profitto e aumentato la pressione competitiva tra i costruttori. In un contesto così complesso, la sostenibilità economica e la qualità produttiva assumono un’importanza strategica, soprattutto per un’industria che punta con decisione a rafforzare la propria presenza sui mercati internazionali.

Le autorità cinesi si trovano ora di fronte a una doppia sfida: da un lato devono proteggere la reputazione del comparto automotive nazionale, sempre più orientato all’export e sotto la lente d’ingrandimento dei partner commerciali globali; dall’altro, è indispensabile implementare controlli più rigorosi e strumenti di monitoraggio efficaci per evitare che simili irregolarità si ripetano in futuro. Solo così sarà possibile tutelare i consumatori, garantire la crescita sana del settore e sostenere l’economia del Paese in una fase di trasformazione profonda.

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