Stellantis, nella gigafactory di Saragozza arrivano migliaia di lavoratori cinesi

La joint venture Stellantis-CATL realizza a Saragozza una gigafactory da 50 GWh entro il 2026. L'arrivo di 2.200 lavoratori cinesi accende il dibattito sui fondi UE e l'occupazione locale

Stellantis, nella gigafactory di Saragozza arrivano migliaia di lavoratori cinesi
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Giorgio Colari
Pubblicato il 29 set 2025

L’annuncio della nuova gigafactory Saragozza, frutto della joint venture tra Stellantis e CATL, ha scatenato entusiasmo e polemiche in egual misura nel panorama automobilistico europeo. L’impianto, destinato a produrre celle per veicoli elettrici, si candida a diventare uno snodo strategico nella corsa all’elettrificazione dell’industria automobilistica continentale. Ma quali sono le reali implicazioni di questo maxi investimento? E perché la scelta della forza lavoro ha generato un acceso dibattito politico e sociale?

Un investimento pesante

L’investimento complessivo ammonta a 4,1 miliardi di euro, una cifra che sottolinea la portata del progetto. L’obiettivo è ambizioso: garantire una capacità produttiva annua di 50 GWh, che renderà la gigafactory Saragozza una delle più grandi d’Europa per la produzione di batterie LFP (litio ferro fosfato). Queste batterie sono particolarmente indicate per veicoli elettrici di piccole e medie dimensioni, grazie al loro costo competitivo e all’elevato livello di sicurezza, due elementi chiave per accelerare la diffusione della mobilità elettrica.

La scelta di puntare sulle batterie LFP rappresenta una svolta nella strategia di Stellantis per l’Europa. La tecnologia LFP, infatti, permette di contenere i costi delle auto elettriche senza compromettere la sicurezza, un aspetto fondamentale per il mercato di massa. Inoltre, l’impianto sarà progettato per operare in neutralità carbonica, rispondendo così agli stringenti obiettivi di sostenibilità ambientale fissati dal gruppo automobilistico e dall’Unione Europea.

La capacità di generare occupazione

Un altro aspetto che rende il progetto particolarmente rilevante è la sua capacità di generare occupazione. Sono stati promessi circa 3.000 nuovi posti di lavoro, un dato che rappresenta una boccata d’ossigeno per l’economia locale e per l’intera filiera automobilistica spagnola. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale è stato in parte smorzato dall’annuncio dell’arrivo temporaneo di ben 2.200 lavoratori cinesi specializzati, che saranno impiegati nelle fasi di costruzione e avviamento dell’impianto.

Questa decisione ha acceso un intenso dibattito, soprattutto nella piccola comunità di Figueruelas, che conta appena 1.200 abitanti e si trova nei pressi del sito produttivo. L’arrivo di un numero così elevato di lavoratori cinesi triplicherà temporaneamente la popolazione locale, sollevando interrogativi sulla gestione logistica, sull’impatto sociale e sulle ricadute effettive in termini di occupazione stabile per i residenti.

 I sindacati fanno rimostranze

I sindacati e numerosi esponenti politici hanno espresso perplessità sul fatto che un progetto finanziato anche con fondi europei destinati alla Spagna preveda una quota così significativa di manodopera straniera. Le aziende coinvolte, tuttavia, hanno difeso la scelta sottolineando la necessità di rispettare tempistiche molto strette e di trasferire competenze specialistiche fondamentali per la messa in funzione dell’impianto. La presenza dei tecnici cinesi, secondo quanto dichiarato, sarà comunque temporanea e limitata alla fase di avviamento, dopo la quale si procederà a una progressiva localizzazione delle competenze.

Sul fronte politico, il clima appare spaccato. Da un lato, vi sono coloro che evidenziano l’enorme valore dell’investimento per l’economia locale, sottolineando le opportunità di crescita e sviluppo industriale. Dall’altro, non mancano le voci critiche che temono una perdita di sovranità tecnologica europea e una limitata ricaduta occupazionale per la manodopera locale, specialmente alla luce del massiccio impiego di personale proveniente dalla Cina.

Sfide immediate

Le sfide immediate non sono di poco conto. Occorrerà gestire con attenzione la logistica dell’arrivo dei lavoratori cinesi, garantire il rispetto delle normative sul lavoro e mitigare l’impatto sulla comunità di Figueruelas. Gli analisti sottolineano inoltre la necessità di accordi chiari sul trasferimento delle competenze e sulla permanenza del valore aggiunto all’interno dell’Unione Europea, affinché il progetto non si trasformi in una semplice operazione di assemblaggio a basso valore per il Vecchio Continente.

Nonostante le criticità, la realizzazione della gigafactory Saragozza rimane un tassello fondamentale nella strategia di rafforzamento della filiera automobilistica europea. Ridurre la dipendenza dalle importazioni asiatiche di batterie e accelerare la produzione di veicoli elettrici a prezzi più accessibili sono obiettivi chiave per la competitività dell’industria continentale. Da qui al 2026, anno previsto per l’avvio della produzione, il confronto tra sostenitori della transizione energetica e critici delle modalità di gestione dei fondi pubblici e delle politiche industriali continuerà a tenere banco, segnando una tappa cruciale nel percorso di elettrificazione europea.

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