Robotaxi in espansione, quali sono le città dove si possono usare

I robotaxi si espandono globalmente: Waymo, Baidu, Uber e WeRide ampliano servizi in USA, Cina ed Europa. Focus su Dallas, Londra e le sfide normative e sociali

Robotaxi in espansione, quali sono le città dove si possono usare
G C
Giorgio Colari
Pubblicato il 31 dic 2025

Il panorama della mobilità urbana sta vivendo una rivoluzione silenziosa ma inarrestabile: i robotaxi sono passati dall’essere un sogno futuristico a una presenza concreta sulle strade di numerose metropoli mondiali. Da San Francisco a Pechino, da Dallas a Shenzhen, questi veicoli autonomi stanno riscrivendo le regole del trasporto pubblico e privato, mentre grandi città come Londra, Singapore, Dubai e Riyadh si preparano a integrarli nei propri sistemi di mobilità. L’accelerazione dello sviluppo tecnologico e l’espansione commerciale di questi servizi stanno disegnando una nuova mappa globale, nella quale l’Italia osserva da spettatrice, in attesa di una svolta normativa e infrastrutturale.

Stati Uniti leader

Negli Stati Uniti, la leadership nel settore dei robotaxi è contesa da alcuni giganti della tecnologia e della mobilità. Waymo, la divisione di Google dedicata ai veicoli autonomi, continua a espandere la propria presenza a San Francisco e Austin, portando avanti una strategia di crescita che punta a coprire progressivamente nuove aree urbane. Nel cuore del Texas, Uber ha scelto Dallas come banco di prova per il suo servizio di taxi autonomi, operando su una superficie di 9 miglia quadrate con una flotta di Hyundai Ioniq 5 completamente elettriche, equipaggiate con sensori LiDAR e telecamere di ultima generazione. In parallelo, Tesla consolida la propria posizione nella Bay Area e in Texas, offrendo servizi basati su sistemi di guida assistita e, sempre più spesso, completamente autonomi.

Il mercato cinese, da sempre reattivo alle innovazioni tecnologiche, non è da meno e anzi, spesso anticipa i trend globali. Baidu Apollo Go, Pony.ai e WeRide operano simultaneamente in diverse megalopoli, contribuendo a una diffusione capillare del servizio. In particolare, WeRide ha annunciato un piano di espansione che coinvolgerà ben 15 nuove città, introducendo anche percorsi notturni e una fase di transizione in cui i veicoli saranno dotati di conducenti di sicurezza. La Cina si distingue inoltre per una regolamentazione più flessibile, che permette di testare su larga scala soluzioni di mobilità avanzata e accelerare la transizione verso la piena autonomia dei veicoli.

Un approccio più prudente

L’Europa, invece, adotta un approccio più prudente ma non meno determinato. Londra si prepara a diventare un hub strategico per la mobilità autonoma: entro il 2026, si prevede l’arrivo di Waymo, Baidu Apollo Go e Wayve, mentre colossi come Uber e Lyft stanno pianificando il proprio ingresso nel mercato londinese. In Svizzera, Baidu Apollo Go collabora già con PostBus, mentre a Monaco di Baviera sono in corso sperimentazioni con operatori come Momenta. Oltre ai mercati occidentali, anche città come Tokyo, Singapore, Dubai e Riyadh stanno lanciando iniziative concrete, con WeRide che ha incluso la capitale saudita tra le prossime tappe della propria espansione internazionale.

L’Italia, al momento, rimane ai margini di questa rivoluzione. Non emergono piani concreti per l’introduzione di servizi commerciali di robotaxi nel nostro Paese, che continua a monitorare gli sviluppi internazionali in attesa di una regolamentazione chiara e di investimenti significativi nelle infrastrutture digitali necessarie a supportare questa trasformazione.

Ci sono ancora questioni importanti

Tuttavia, la diffusione dei robotaxi solleva anche una serie di questioni cruciali. Gli esperti del settore sottolineano come la sola tecnologia, per quanto avanzata grazie a sensori sofisticati e potenti sistemi di elaborazione a bordo, non sia sufficiente a garantire un’integrazione efficace. Sono necessari standard di sicurezza condivisi, normative precise e piani di integrazione con i trasporti pubblici già esistenti. Le amministrazioni locali vedono nei robotaxi un’opportunità per ridurre le emissioni e decongestionare il traffico urbano, ma al tempo stesso i sindacati e le associazioni dei lavoratori esprimono forti preoccupazioni per il futuro occupazionale degli autisti di taxi e dei servizi di ride-hailing.

Rimangono inoltre aperte le questioni relative alla responsabilità legale in caso di incidenti, alla reale sicurezza dei servizi e alla loro accessibilità economica per la popolazione. La vera sfida per i robotaxi inizierà quando questi servizi diventeranno parte integrante della mobilità urbana ordinaria: solo allora sarà possibile valutare con dati oggettivi l’impatto su sicurezza, costi e trasformazioni sociali.

Ti potrebbe interessare: