Nel mercato fu un flop sonoro, ma per Fiat detiene un primato

La Fiat Argenta (1981-1985) fu l'ultima berlina a trazione posteriore di Fiat: restyling, motori, versione SX con compressore volumetrico e il turbodiesel, ma scarso successo commerciale

Nel mercato fu un flop sonoro, ma per Fiat detiene un primato
F C
Fabrizio Caratani
Pubblicato il 1 dic 2025

Quando un’azienda automobilistica decide di prolungare la vita di una piattaforma obsoleta, il risultato è quasi sempre un compromesso che non convince nessuno. È esattamente quello che accadde con la Fiat Argenta, il tentativo disperato della casa torinese di mantenere in vita lo schema della Fiat 132 in un mercato che aveva già definitivamente voltato pagina. Nel 1981, mentre i competitor europei abbracciavano con entusiasmo la trazione posteriore moderna o addirittura la rivoluzionaria trazione anteriore, Fiat propose una berlina che rappresentava più un’operazione di marketing che una vera innovazione progettuale.

La strategia di Fiat era trasparente: aggiornare l’estetica della 132 con un restyling significativo avrebbe potuto, almeno sulla carta, allungare il ciclo vita di una piattaforma ancora redditizia. Le nuove linee erano certamente più decise e moderne rispetto alla generazione precedente, con gruppi ottici rettangolari che conferivano un aspetto più contemporaneo e cromature generose che catturavano l’attenzione. Tuttavia, questi interventi estetici erano poco più che una cortesia nei confronti dei clienti, un trucco di maquillage che non poteva celare la verità sottostante: il telaio rimane identico, l’architettura costruttiva invariata, il concetto generale della vettura fermamente ancorato al passato.

Cosa condannò la grande berlina

Quello che realmente condannò la Argenta non fu tanto l’assenza di qualità, quanto piuttosto l’incapacità strutturale di adattarsi a quello che il mercato stava richiedendo. La trazione posteriore con retrotreno a ponte rigido rappresentava una soluzione tecnologicamente superata già nel momento del debutto, una scelta che sembrava quasi provocatoria in un’epoca in cui i costruttori europei stavano rivoluzionando il concetto stesso di berlina compatta e media.

Nel tentativo di correre ai ripari, Fiat introdusse aggiornamenti motoristici che, sulla carta, risultavano sofisticati e promettenti. Nel 1983 arrivò il nuovo turbodiesel da 90 cavalli, derivato dal 2.5 litri tradizionale, seguito nel 1984 dalla versione SX equipaggiata con un motore 2.0 bialbero compresso da 135 cavalli. Quest’ultimo rappresentava l’eccellenza tecnica dell’epoca, con il compressore volumetrico che garantiva prestazioni interessanti e una risposta motore vivace. Eppure, neanche questa proposta poteva salvare la vettura dal suo destino segnato.

Nuovi parametri

Il mercato aveva già stabilito nuovi parametri di valutazione, criteri che andavano ben oltre le mere specifiche motoristiche. Il comfort dinamico, la tenuta di strada, la razionalizzazione degli spazi interni, la sicurezza strutturale: questi erano i fattori che determinavano il successo commerciale di una vettura negli anni Ottanta. L’Argenta possedeva indubbio merito in termini di abitabilità generosa e motori variegati, e la posizione di guida mantenne quel carattere tradizionale che ancora piaceva a molti. Eppure, questi pregi risultavano ininfluenti di fronte al deficit strutturale complessivo.

La vettura scomparve dal listino nel 1985, spazzata via da concorrenti più moderne e consapevoli dei tempi. Pochi anni dopo, la Fiat Croma segnò il definitivo abbandono di questa filosofia costruttiva, rappresentando il passaggio verso una nuova era automobilistica. L’Argenta rimane oggi un eccellente caso di studio su come l’aggiornamento estetico e motoristico, per quanto curato, non possa salvare un’architettura concettualmente superata. Solo nel 2016, con la 124 Spider, Fiat avrebbe osato tornare alla trazione posteriore, ma in un contesto completamente trasformato.

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