Mercedes Benz paga 149,6 milioni negli USA per lo scandalo Dieselgate

Mercedes-Benz e Daimler AG accettano un accordo da 149,6 mln $ per risolvere accuse di manipolazione delle emissioni diesel. Programma per proprietari e impatto regolatorio

Mercedes Benz paga 149,6 milioni negli USA per lo scandalo Dieselgate
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Giorgio Colari
Pubblicato il 23 dic 2025

Un nuovo capitolo si apre nella saga giudiziaria che coinvolge Mercedes-Benz e la sua controllante Daimler AG, entrambe nuovamente al centro dell’attenzione pubblica per la gestione delle emissioni diesel nei loro veicoli. Con un accordo da 149,6 milioni di dollari, le due case automobilistiche tentano di chiudere una delle vicende più spinose degli ultimi anni, direttamente collegata allo scandalo Dieselgate che ha travolto l’intero settore automobilistico mondiale.

L’intesa, raggiunta con una coalizione di 50 procuratori generali americani (ad eccezione della California), prevede un immediato esborso di 120 milioni di dollari agli stati coinvolti, cui si aggiungono ulteriori 29,6 milioni subordinati all’efficacia di un programma di assistenza dedicato ai proprietari dei veicoli interessati. I numeri parlano chiaro: circa 211.000 veicoli coinvolti e 40.000 proprietari in attesa di risarcimento, a conferma della portata di un caso che continua a far discutere per le sue implicazioni legali, ambientali e di immagine.

Cosa succede ai proprietari

Cuore pulsante dell’accordo è proprio il programma di assistenza: i proprietari di circa 40.000 veicoli che non hanno ancora effettuato la riparazione potranno ricevere fino a 2.000 dollari ciascuno, a patto che accettino di installare un software conforme alle normative sulle emissioni diesel e sottoscrivano una garanzia estesa. Questa soluzione punta a incentivare le riparazioni volontarie, limitando al contempo il rischio di nuove azioni legali collettive che potrebbero prolungare ulteriormente la controversia.

Nonostante la portata economica dell’accordo, Mercedes-Benz e Daimler AG non riconoscono alcuna colpa, sottolineando che la decisione di negoziare è stata presa esclusivamente per porre fine alle dispute legali ancora aperte negli Stati Uniti sui veicoli con emissioni diesel non conformi. Una posizione che richiama quanto già avvenuto nel 2020, quando Daimler AG aveva versato 1,5 miliardi di dollari per chiudere accuse analoghe, dimostrando come la strategia difensiva sia ormai consolidata.

Il meccanismo tecnico alla base dello scandalo ricalca quello già visto nel Dieselgate: i veicoli superavano i test ufficiali grazie a un software in grado di modificare il comportamento del motore durante le prove, mentre in condizioni di guida reale le emissioni di ossidi di azoto risultavano di gran lunga superiori ai limiti consentiti dalla legge. Una pratica che ha sollevato interrogativi profondi sulla trasparenza e l’etica dell’industria automobilistica, ma anche sulla reale efficacia dei controlli regolatori.

Dubbi sull’adeguatezza del risarcimento

Permangono forti dubbi sull’adeguatezza del risarcimento rispetto ai danni ambientali e all’impatto sulla salute pubblica, soprattutto nelle aree urbane dove il traffico è più intenso. Le associazioni ambientaliste e i gruppi di consumatori sottolineano la necessità di controlli più rigorosi e di sanzioni proporzionate al danno effettivo causato dall’eccesso di ossidi di azoto. Allo stesso tempo, molti proprietari lamentano che i 2.000 dollari offerti non siano sufficienti a compensare la perdita di valore dei loro veicoli sul mercato dell’usato, lasciando aperta la porta a possibili cause individuali o collettive.

La posizione della California, assente dalla coalizione che ha negoziato l’accordo, rappresenta un elemento di forte interesse: grazie a regolamentazioni ambientali più severe, lo stato potrebbe decidere di adottare misure ancora più stringenti, sottolineando la varietà di approcci che caratterizza il panorama legale statunitense e lasciando intendere che la vicenda potrebbe non essere ancora conclusa.

L’accordo necessita di approvazione

Sul piano procedurale, l’accordo necessita ancora dell’approvazione di un tribunale per diventare vincolante. In questa fase potrebbero emergere obiezioni, richieste di modifica o opposizioni da parte di chi ritiene insufficiente la soluzione proposta, a conferma di quanto il dibattito sulla responsabilità delle case automobilistiche e sulla tutela ambientale sia tutt’altro che sopito.

Il caso offre una lezione chiara e attuale: le conseguenze per i produttori non si limitano alle sanzioni economiche, ma si estendono all’erosione della fiducia del pubblico, all’intensificazione dei controlli normativi e alla crescente pressione per investire in tecnologie più pulite. Per Mercedes-Benz e Daimler AG, l’accordo rappresenta un tentativo di contenere i rischi sul mercato americano, ma lascia irrisolti numerosi interrogativi sulla reale conformità alle normative e sulle misure adottate per prevenire future violazioni.

Nei prossimi mesi sarà fondamentale osservare quanti proprietari aderiranno al programma di riparazione e quale sarà la risposta dei regolatori federali e statali a situazioni simili. Per ora, il dibattito su trasparenza, responsabilità e tutela dell’ambiente resta più vivo che mai, segno che la storia del Dieselgate è tutt’altro che chiusa.

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