La crisi dei chip mette nei guai la produzione auto: l'allarme
L'ACEA lancia l'allarme: possibili arresti delle linee auto in Europa per la crisi dei semiconduttori dopo il sequestro di Nexperia. Bruxelles cerca soluzioni diplomatiche e piani per l'autonomia strategica
L’industria automobilistica europea si trova sull’orlo di una paralisi senza precedenti a causa della crisi chip che sta travolgendo la catena di approvvigionamento globale. Un allarme forte e chiaro arriva direttamente da Sigrid de Vries, direttore generale dell’ACEA, che sottolinea come «entro giorni alcune linee di produzione potrebbero fermarsi completamente». Le parole della dirigente fotografano la gravità di una situazione che rischia di bloccare la produzione automobilistica nel Vecchio Continente, colpita duramente dalla carenza di semiconduttori scatenata dal recente scontro geopolitico tra Paesi Bassi e Cina sulla gestione di Nexperia.
La miccia della crisi è stata accesa quando le autorità olandesi hanno assunto il controllo della società di semiconduttori Nexperia, controllata da capitali cinesi, invocando motivi di sicurezza nazionale. In risposta, Pechino ha immediatamente imposto restrizioni all’export di componenti fondamentali, tagliando fuori le aziende europee da una risorsa vitale per la produzione automobilistica. La carenza di chip si è aggravata rapidamente, con le scorte di riserva che si stanno esaurendo a ritmo preoccupante. Particolarmente a rischio sono le vetture dotate di sistemi elettronici avanzati e le auto elettriche, che dipendono in modo cruciale da questi componenti.
Margini di manovra ridotti
Le aziende del settore, già provate da margini di manovra ridotti, si trovano ora impossibilitate a trovare in tempi brevi canali alternativi di fornitura. Questo rende la situazione ancora più critica e alimenta la paura di interruzioni prolungate della produzione automobilistica, con possibili ripercussioni a catena sull’occupazione e sulla competitività europea.
Sul fronte diplomatico, la Commissione Europea si è subito attivata, avviando un fitto dialogo con entrambe le parti coinvolte. Il commissario Maroš Šefčovič ha mantenuto aperti i canali di comunicazione, mentre una delegazione cinese è attesa a Bruxelles per cercare una soluzione condivisa che scongiuri il blocco totale delle fabbriche. Nel frattempo, il ministro italiano Adolfo Urso si è schierato al fianco dell’industria, sostenendo il potenziamento del “Chips Act” europeo per garantire una maggiore autonomia strategica e ridurre la dipendenza da fornitori extraeuropei.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha delineato una strategia multilivello che spazia dal riciclo avanzato dei materiali critici alla costruzione di nuove alleanze con paesi ricchi di materie prime, con l’obiettivo di rafforzare la resilienza dell’Europa. Tuttavia, il contesto resta complesso: la Cina ha da poco introdotto ulteriori controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare, mettendo ulteriormente sotto pressione il mercato europeo dei semiconduttori.
Scenario allarmante
Le stime più recenti dipingono uno scenario allarmante: nel prossimo anno, l’Europa avrà bisogno di circa 30 miliardi di chip che, al momento, non sono coperti né da contratti né da riserve. Nel breve termine, le aziende cercano di ottimizzare l’utilizzo delle scorte rimaste e posticipano le attività non essenziali, mentre Bruxelles lavora su più fronti per diversificare i fornitori, aumentare la produzione interna e sviluppare una piattaforma comune per l’acquisto e lo stoccaggio di materie prime critiche, sulla falsariga di quanto già fatto nel settore energetico.
Dal canto loro, le autorità cinesi difendono le restrizioni come risposta proporzionata alle misure europee, mentre numerosi analisti sottolineano i rischi che cambiamenti improvvisi nelle politiche di controllo possono avere sugli investimenti e sul percorso di transizione verso la mobilità elettrica.
Per fronteggiare l’emergenza, la Commissione Europea sta predisponendo un pacchetto di misure legislative straordinarie che saranno presentate entro metà novembre. Tra queste figurano il coordinamento delle scorte, incentivi al riciclo con obiettivi molto ambiziosi – fino al 95% per alcuni materiali – e la creazione di nuove partnership internazionali. L’industria resta però in attesa, osservando con preoccupazione i prossimi 3-4 giorni, che saranno decisivi per capire se la diplomazia riuscirà a scongiurare lo stop produttivo o se sarà necessario un intervento strutturale per garantire la continuità della catena di approvvigionamento europea.
Se vuoi aggiornamenti su Notizie inserisci la tua email nel box qui sotto: