Green Deal 2035: Pichetto Fratin attacca lo stop ai motori termici

Il ministro Pichetto Fratin definisce ideologico lo stop ai motori termici dal 2035 e sottolinea i rischi per il mercato e l'industria italiana dell'automotive.

Di Renato Terlisi
Pubblicato il 15 set 2025
Green Deal 2035: Pichetto Fratin attacca lo stop ai motori termici

La recente presa di posizione del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin contro il Green Deal europeo ha riacceso i riflettori sul futuro del settore automotive e sulle reali prospettive della transizione ecologica in Italia. Al centro del dibattito, la scelta della Unione Europea di vietare la vendita di veicoli con motori termici a partire dal 2035, una decisione che secondo il governo italiano rischia di avere ripercussioni profonde sia sul mercato sia sull’industria nazionale.

Durante l’ultimo incontro tenutosi a Bruxelles tra i rappresentanti delle istituzioni europee e le principali realtà industriali del comparto automobilistico, le discussioni si sono arenate su un nulla di fatto. Una situazione che ha lasciato operatori e addetti ai lavori in una condizione di incertezza e preoccupazione, soprattutto alla luce delle sfide che attendono il settore nei prossimi anni.

Il ministro Pichetto Fratin non ha usato mezzi termini per definire la linea dell’Europa: «Una decisione ideologica, non scientifica». Con queste parole ha espresso tutta la sua contrarietà a una strategia che, a suo avviso, appare troppo rigida e lontana dalle esigenze reali di un mercato in profonda trasformazione. Secondo il ministro, la transizione ecologica non può essere imposta dall’alto senza una reale considerazione delle dinamiche economiche e sociali dei singoli Stati membri.

Pur riconoscendo il potenziale delle auto elettriche, Pichetto Fratin ha voluto precisare che «non sono contro l’elettrico, credo abbia un futuro promettente», ma ha sottolineato come «trasformare una tecnologia in un’imposizione politica rischia di replicare un metodo sovietico». In altre parole, la politica dovrebbe favorire l’innovazione e accompagnare la transizione, non dettare tempi e modalità senza tenere conto della risposta del mercato e delle peculiarità territoriali.

Uno dei punti più critici sollevati dal ministro riguarda la specificità del territorio italiano. L’obiettivo di riduzione emissioni del 90% entro il 2040, fissato dall’Unione Europea, viene giudicato «irrealistico e irraggiungibile» in un Paese caratterizzato da una straordinaria varietà geografica: «centomila borghi, due catene montuose, il mare e la Pianura Padana». Pichetto Fratin evidenzia come l’applicazione di regole uniformi a realtà così diverse rappresenti un errore di valutazione, che rischia di penalizzare territori e comunità già in difficoltà.

La posizione del governo italiano si fa così portavoce delle istanze di un’industria automotive in affanno, costretta a fare i conti con costi di riconversione elevatissimi e con un mercato delle auto elettriche ancora lontano dalla piena maturità. Secondo il ministro, è necessario introdurre maggiore flessibilità nelle tempistiche e nelle modalità di attuazione delle direttive europee, per garantire che la transizione ecologica sia davvero sostenibile e non si traduca in un boomerang per l’economia e l’occupazione.

Mentre Bruxelles mantiene una posizione ferma e apparentemente inscalfibile sul divieto ai motori termici, in tutta Europa cresce il fronte di chi chiede un approccio più pragmatico e aderente alle specificità nazionali. La partita sul futuro della mobilità è tutt’altro che chiusa: molti operatori e governi auspicano un ripensamento delle strategie comunitarie, affinché il Green Deal non si trasformi in una penalizzazione per le economie più fragili e per quei Paesi che, come l’Italia, devono affrontare sfide logistiche e infrastrutturali uniche.

In questo scenario, la richiesta italiana di un percorso di transizione meno dogmatico e più aperto al confronto trova sempre più sostenitori. L’obiettivo dichiarato è quello di coniugare innovazione, sostenibilità e competitività, senza sacrificare le peculiarità dei territori e le esigenze di una filiera produttiva che rappresenta un pilastro dell’economia nazionale. Il confronto tra Unione Europea e Stati membri si preannuncia dunque acceso e destinato a proseguire, con il futuro dell’automotive europeo appeso a un delicato equilibrio tra ambizioni ambientali e realtà industriali.

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