Bosch annuncia taglio di 13.000 posti: le sedi tedesche nel mirino

Bosch prepara 13.000 licenziamenti nella divisione mobilità entro il 2030. Le sedi tedesche più colpite, piano di ristrutturazione e conseguenze per l'industria automotive.

Bosch annuncia taglio di 13.000 posti: le sedi tedesche nel mirino
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Fabrizio Caratani
Pubblicato il 26 set 2025

Un nuovo scossone colpisce il settore automotive europeo: Bosch, gigante della componentistica e delle tecnologie per la mobilità, ha annunciato un imponente piano di ristrutturazione che avrà ripercussioni profonde sull’occupazione, in particolare in Germania. Le cifre sono eloquenti e testimoniano la portata di una decisione che segnerà gli equilibri industriali dei prossimi anni.

Tremila esuberi a Feuerbach, 1.750 a Schwieberdingen, 560 a Waiblingen: Bosch ridisegna il futuro

Il piano di licenziamenti presentato il 25 settembre 2025 prevede la riduzione di ben 13.000 posti di lavoro nella divisione mobilità entro il 2030, corrispondente a circa il 3% della forza lavoro globale. Nel dettaglio, si contano 3.500 esuberi nello stabilimento di Feuerbach, 1.750 a Schwieberdingen e la chiusura totale del sito produttivo di Waiblingen, che coinvolgerà 560 dipendenti. Questi numeri, tra i più significativi della ristrutturazione, delineano uno scenario in cui il colosso tedesco cerca di rispondere a nuove sfide di mercato.

La Germania paga il prezzo più alto

Le conseguenze più pesanti del piano ricadranno proprio sulle sedi tedesche, storicamente cuore pulsante della produzione Bosch. Oltre agli stabilimenti già menzionati, anche Bühl e Homburg saranno oggetto di drastici ridimensionamenti, con la perdita rispettivamente di 1.550 e 1.250 posti di lavoro. Si tratta di un duro colpo per regioni che hanno costruito la propria prosperità economica sulla filiera automotive e che ora vedono vacillare le certezze di un intero ecosistema produttivo.

Le cause di una decisione “inevitabile”

A motivare questa scelta drastica è stato Stefan Grosch, membro del consiglio di amministrazione, che ha definito la ristrutturazione “molto dolorosa ma inevitabile”. Diversi fattori hanno spinto Bosch a intervenire: il rallentamento della domanda, una concorrenza asiatica sempre più agguerrita sul fronte dei prezzi, le tensioni geopolitiche che ostacolano il commercio globale e una capacità produttiva che risulta oggi sovradimensionata rispetto alle reali esigenze del mercato. Nonostante vendite record pari a 46,5 miliardi nel comparto mobilità e un fatturato complessivo di 90,5 miliardi nel 2024, l’azienda stima un deficit strutturale di costi pari a 2,5 miliardi di euro l’anno. La crescita prevista per il 2025, stimata attorno al 2%, non basta a fronteggiare la pressione competitiva e l’aumento dei costi operativi.

Quali tutele per i lavoratori

Sul fronte della tutela occupazionale, Bosch ha espresso l’intenzione di ricercare “soluzioni socialmente responsabili”, senza però fornire dettagli concreti. In passato, le strategie adottate includevano la ricollocazione interna, programmi di riqualificazione e incentivi all’esodo. Tuttavia, la portata attuale dei licenziamenti solleva interrogativi sull’efficacia di tali strumenti. I sindacati e le autorità locali hanno già chiesto tavoli di confronto per arginare l’impatto sociale e salvaguardare il tessuto produttivo.

Un settore in trasformazione

La vicenda Bosch si inserisce in un contesto di profonda trasformazione dell’automotive europeo. Le imprese sono chiamate a investire massicciamente in tecnologie come l’elettrificazione, l’idrogeno e la guida autonoma. Questi investimenti richiedono risorse ingenti, mentre i ritorni economici si rivelano più lenti del previsto. La conseguenza è la necessità di rivedere le strutture organizzative e di ridurre i costi operativi, anche a costo di dolorose riduzioni di personale.

Strategie e reazioni

Il piano di ristrutturazione di Bosch punta anche alla riduzione dei costi dei materiali, all’ottimizzazione delle catene di fornitura e alla revisione degli investimenti nelle strutture considerate non strategiche. Se questa trasformazione sarà gestita con equilibrio, potrà accelerare la transizione verso modelli produttivi più snelli ed efficienti. In caso contrario, il rischio è quello di erodere il patrimonio di competenze su cui si fonda l’eccellenza tecnologica del settore automotive.

Con oltre 400.000 dipendenti a livello globale, le scelte di Bosch avranno inevitabili ripercussioni su tutto il sistema industriale europeo. Nei prossimi anni, sarà cruciale il dialogo tra azienda, istituzioni e parti sociali per trovare un equilibrio tra la necessità di competitività e la tutela dell’occupazione. La sfida è aperta: la trasformazione della mobilità e del lavoro è già iniziata e determinerà il futuro dell’industria continentale.

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