Banda smantellata a Napoli, rubavano con AirTag e localizzatori GPS
Operazione a Napoli: quattro arresti per 22 furti di auto di lusso. La banda usava AirTag, localizzatori GPS e XHorse per clonare chiavi e rivendere i veicoli a prezzi stracciati
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/2025/10/wp_drafter_399467.jpg)
Di giorno tra la folla, di notte agivano nell’ombra. I parcheggi pieni erano il terreno di caccia perfetto: l’aeroporto di Capodichino, il centro commerciale Campania, la palestra Virgin di Fuorigrotta. Lì, tra una commissione e un allenamento, bastava distrarsi un attimo. I ladri invece non si distraevano mai. Erano pronti, rapidi, con una strategia tanto silenziosa quanto moderna: piazzare un localizzatore GPS o un Apple AirTag sull’auto di lusso, seguirla con calma e colpire al momento giusto.
I carabinieri della Compagnia Vomero hanno ricostruito il loro schemam criminale con pazienza e precisione, fino all’emissione dell’ordinanza di arresto per quattro persone, tutte residenti nell’area di Scampia. Le accuse: furto aggravato di auto e motocicli, e persino una rapina, avvenuta quando una vittima ha cercato di impedire il furto della propria vettura. Le indagini hanno permesso di fare luce su almeno 22 episodi, per un giro d’affari mensile stimato in 30.000 euro.
La tecnologia che “guida” i furti
Non è la prima volta che gli AirTag di Apple vengono utilizzati a fini illeciti. Nati per ritrovare chiavi e bagagli, questi piccoli dispositivi sono diventati negli ultimi anni anche uno strumento nelle mani sbagliate. In questo caso, i ladri li piazzavano all’interno degli specchietti o nei paraurti delle auto che volevano derubare: un metodo efficace, difficile da individuare, e capace di fornire una mappa in tempo reale degli spostamenti della vittima.
Una volta che l’auto veniva lasciata in una zona isolata — un vicolo, un’area periferica, un parcheggio senza sorveglianza — entrava in azione la squadra: arnesi da scasso, strumenti per violare i sistemi elettronici di sicurezza, chiavi rigenerate sul momento. Poi la fuga.
Il business della rivendita: Maserati a 6.000 euro
Le vetture rubate venivano quasi sempre fotografate in modo professionale: un vero e proprio book fotografico, da inviare a contatti e ricettatori. Prezzi fuori mercato: una Maserati veniva venduta a 6.000 euro, una Range Rover a 4.000. Nessuna targa, nessuna carta: solo il “pezzo” nudo e crudo, pronto per una seconda vita, spesso fuori dai confini italiani.
Nel blitz che ha portato allo smantellamento della banda, i carabinieri hanno sequestrato diversi strumenti elettronici, centraline per la programmazione delle chiavi e stemmi originali di auto di lusso, presumibilmente usati per “camuffare” vetture rubate e dare loro una nuova identità visiva. Al centro dell’organizzazione, secondo quanto emerso dalle indagini, c’era un 24enne di Scampia, abile nella gestione logistica e nei contatti con il mercato nero. Sarebbe stato lui a coordinare ogni fase: dalla scelta del bersaglio alla cessione finale del veicolo.
Una criminalità che evolve, ma non sfugge
I furti d’auto non sono certo una novità, ma ciò che colpisce in questa vicenda è l’evoluzione tecnologica del metodo. La criminalità si adatta, studia, si aggiorna. Ma, come dimostra questa operazione, anche le forze dell’ordine imparano a leggere quei segnali invisibili che un tempo sfuggivano. E proprio grazie a questa attenzione ai dettagli, Napoli ha oggi una banda in meno sulle strade. E un avvertimento in più per chi crede che la tecnologia sia solo alleata del bene.
Se vuoi aggiornamenti su Notizie inserisci la tua email nel box qui sotto: