Stellantis, Tonale e Panda si fermano: stop anche a Pomigliano

Stellantis annuncia fermi a Pomigliano per FIAT Panda e Alfa Romeo Tonale. I sindacati chiedono garanzie mentre le multe UE e il calo della domanda mettono a rischio stabilimenti

Stellantis, Tonale e Panda si fermano: stop anche a Pomigliano
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Giorgio Colari
Pubblicato il 24 set 2025

Un nuovo stop produttivo scuote il cuore industriale di Pomigliano d’Arco, segnando un ulteriore capitolo nella crisi che sta investendo Stellantis a livello europeo. Dal 29 settembre al 6 ottobre, la linea della FIAT Panda resterà ferma, mentre la sospensione sarà ancora più lunga per l’Alfa Romeo Tonale, che tornerà in funzione solo il 10 ottobre. Questo blocco, che coinvolge centinaia di lavoratori, si inserisce in una fase di forte incertezza per l’intero gruppo automobilistico, con ripercussioni evidenti sulla produzione nazionale e sulle prospettive occupazionali del territorio.

La decisione di interrompere temporaneamente le attività produttive è stata comunicata dall’azienda ai rappresentanti dei lavoratori, con la motivazione ufficiale di adeguare la produzione alla domanda reale del mercato. Tra i fattori citati figurano le consuete dinamiche stagionali e un sensibile rallentamento degli ordini provenienti da flotte aziendali e società di noleggio. Tuttavia, il quadro complessivo rivela una situazione ben più articolata: analoghi stop sono stati annunciati anche in altri stabilimenti Stellantis in Francia, Spagna, Germania e Polonia, suggerendo la presenza di un problema strutturale che va oltre le mere contingenze locali.

Lavoratori tutelati

Durante questo periodo di inattività, i lavoratori saranno tutelati attraverso il contratto di solidarietà, uno strumento che permette di gestire la riduzione temporanea delle ore lavorative, distribuendo in modo equo l’impatto economico dello stop. La misura, sebbene necessaria nell’immediato, solleva forti preoccupazioni tra le organizzazioni sindacali, che vedono in essa un segnale di allarme sulla tenuta dell’occupazione e sulla mancanza di un piano industriale di lungo termine.

I dati resi noti dalla FIM-CISL parlano chiaro: nella prima metà del 2025, la produzione italiana di Stellantis ha subito un tracollo del 27%, con le autovetture in calo del 34% (123.905 unità) e i veicoli commerciali in diminuzione del 16% (circa 98.000 unità). Le previsioni per l’anno in corso sono ancora più pessimistiche, con una stima di circa 440.000 veicoli prodotti, un dato che scende addirittura sotto il minimo storico di 475.000 unità registrato nel 2024.

I sindacati sono preoccupati

I sindacati hanno espresso profonda preoccupazione per la tenuta del tessuto industriale e occupazionale, chiedendo a gran voce un confronto diretto con l’amministratore delegato Antonio Filosa. Al centro delle richieste c’è la necessità di definire un piano concreto per il futuro degli stabilimenti italiani e per la salvaguardia dei posti di lavoro, in un contesto in cui le incertezze legate alla transizione tecnologica rischiano di trasformarsi in vere e proprie chiusure di impianti.

Dal canto suo, Stellantis difende la sospensione come una scelta responsabile, volta a evitare una produzione frammentata che comprometterebbe qualità ed efficienza. L’azienda sottolinea l’urgenza di ottimizzare l’assetto produttivo, soprattutto in un momento in cui le dinamiche di mercato impongono flessibilità e capacità di adattamento.

Uno degli elementi chiave che contribuiscono a rendere ancora più complessa la situazione è rappresentato dalle potenziali multe imposte dall’Unione Europea. Il gruppo ha infatti lanciato un allarme: il mancato raggiungimento degli obiettivi di vendita di veicoli elettrici potrebbe costare fino a 2,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni, mettendo a rischio la sostenibilità stessa di alcuni siti produttivi in Europa.

La transizione verso l’elettrico porta criticità

La transizione verso l’elettrico, imposta dalle normative europee, si scontra con numerose criticità: dai costi di sviluppo elevati alle limitate capacità produttive per le batterie, passando per una rete di ricarica ancora insufficiente e una domanda di mercato estremamente eterogenea tra i diversi paesi. Per Stellantis, storicamente radicata in Italia, la sfida consiste nel riuscire a innovare senza sacrificare la base industriale e l’occupazione locale.

Le prospettive future appaiono tutt’altro che univoche: i vertici aziendali ribadiscono la necessità di adottare un approccio flessibile e di riallineare la produzione alle nuove esigenze del mercato, mentre i sindacati insistono sulla necessità di garanzie occupazionali e piani di riconversione. Gli esperti del settore, dal canto loro, avvertono che un prolungato calo della domanda potrebbe portare a rivedere in modo radicale la presenza produttiva del gruppo in Europa.

Il contratto di solidarietà

Per il momento, il contratto di solidarietà e i fermi programmati rappresentano soluzioni temporanee, che però non affrontano alla radice i nodi strategici: come attrarre nuovi investimenti per l’elettrificazione, come rilanciare la domanda nel mercato europeo e quali strumenti mettere in campo per proteggere l’occupazione nei territori maggiormente esposti alle turbolenze dell’industria automobilistica.

Nel breve termine, lavoratori e istituzioni locali continueranno a monitorare da vicino gli sviluppi, mentre la richiesta di un confronto diretto tra sindacati e management resta in cima alle priorità. L’esito di queste trattative sarà determinante per capire se le misure attuali saranno sufficienti a superare la crisi o se rappresentano solo l’inizio di una ristrutturazione più profonda e dolorosa per il sistema produttivo italiano.

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