Il modello che ha sancito il fallimento dell'unione Rover-Honda

Analisi completa del Rover 216 GTi: sviluppo con Honda, motore D16A8 Twin Cam, prestazioni, criticità come ruggine e cinghia di distribuzione, e valore da collezione

Il modello che ha sancito il fallimento dell'unione Rover-Honda
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Giulia Darante
Pubblicato il 29 ott 2025

La storia della Rover 216 GTi è un viaggio fatto di promesse, ambizioni e, purtroppo, di delusioni. Questa compatta sportiva, lanciata nel 1989, nacque dalla collaborazione tra l’industria automobilistica britannica e quella giapponese, promettendo di rivoluzionare il segmento delle hot hatch d’Oltremanica. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo iniziale, la vettura non riuscì mai a soddisfare appieno le aspettative degli appassionati e dei collezionisti, lasciando dietro di sé una scia di opportunità mancate e un’aura di rimpianto che ancora oggi la rende un caso di studio tra gli addetti ai lavori.

Origini e ambizioni tecniche

Al momento del debutto, la Rover 216 GTi si presentava con credenziali tecniche di tutto rispetto: la piattaforma condivisa con Honda garantiva una base solida, mentre la trazione anteriore e un raffinato schema sospensivo — MacPherson all’anteriore e multilink al posteriore — lasciavano presagire un comportamento dinamico di alto livello. Il vero fiore all’occhiello era però il motore D16A8, una moderna unità Twin Cam a doppio albero a camme in testa, capace di sviluppare ben 128 cavalli. Questa potenza si traduceva in uno scatto da 0 a 96 km/h in soli 8,6 secondi, dati che posizionavano la piccola inglese direttamente contro avversarie come la Volkswagen Golf GTI.

Design e dotazioni: sportività raffinata

Sul piano estetico, la Rover 216 GTi non nascondeva le sue ambizioni: una sottile striscia rossa correva lungo la fiancata, i cerchi in lega a cinque razze e il doppio scarico cromato conferivano un tocco distintivo, mentre lo spoiler posteriore accentuava la vocazione sportiva. All’interno, l’abitacolo esprimeva una tipica eleganza britannica: sedili sportivi in tessuto con inserti in pelle, tetto apribile elettrico, strumentazione completa con contagiri, climatizzatore e alzacristalli elettrici erano di serie, a testimonianza di una cura per il dettaglio che puntava a coniugare sportività e comfort.

Le ombre: criticità e problemi di affidabilità

Nonostante le ottime premesse, la carriera della Rover 216 GTi fu segnata da una serie di problemi che ne minarono la reputazione. Tra le criticità più frequenti, la ruggine rappresentava un vero incubo per i proprietari: la scarsa protezione delle lamiere e trattamenti antiruggine poco efficaci favorivano la corrosione, compromettendo la durata della carrozzeria. A questi si aggiungevano malfunzionamenti dell’impianto elettrico e una qualità percepita degli interni inferiore alle aspettative, con materiali talvolta economici e fastidiosi rumori di fondo.

Un’attenzione particolare meritava la cinghia di distribuzione del motore D16A8: la sua sostituzione ogni 96.500 km era fondamentale per evitare danni irreparabili al propulsore. Trascurare questa manutenzione avrebbe potuto trasformare un piccolo guasto in una spesa onerosa, scoraggiando molti potenziali acquirenti.

Comportamento su strada: comfort prima della sportività

Un altro aspetto che lasciò perplessi gli appassionati fu la taratura delle sospensioni, decisamente più orientata al comfort che alle prestazioni pure. Lo sterzo, poco comunicativo, e il retrotreno con geometria passiva non permettevano alla Rover 216 GTi di rivaleggiare sul piano della dinamica di guida con modelli come l’Honda CRX o la stessa Golf GTI, entrambe più coinvolgenti e precise nella risposta.

Oggi la Rover 216 GTi è diventata una vera rarità, soprattutto fuori dal Regno Unito. Sul mercato britannico, gli esemplari in condizioni eccellenti possono raggiungere quotazioni di circa 7.000 sterline (9.300 dollari), mentre le versioni in stato ordinario partono da circa 2.700 sterline. Gli acquirenti stranieri devono inoltre mettere in conto costi aggiuntivi per importazione e adeguamenti tecnici.

Consigli per chi vuole acquistare

Per chi desidera entrare in possesso di questa particolare hot hatch britannica, è essenziale verificare la presenza di una documentazione di manutenzione completa, l’assenza di corrosione strutturale e la regolare sostituzione della cinghia di distribuzione. La Rover 216 GTi può rappresentare una scelta affascinante per i collezionisti che apprezzano le sinergie tra la tradizione automobilistica inglese e la tecnologia giapponese, ma è fondamentale prevedere un budget adeguato per eventuali restauri e interventi di manutenzione.

In conclusione, la Rover 216 GTi rimane nella memoria degli appassionati come un’auto dalle potenzialità in parte inespresse, penalizzata da problemi pratici che ne hanno limitato il successo commerciale. Per alcuni, un’occasione mancata nel panorama delle hot hatch europee; per altri, un interessante esempio di collaborazione tra mondi automobilistici diversi, che ancora oggi continua ad affascinare chi cerca qualcosa di unico e fuori dagli schemi.

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