Formula 1, porte quasi chiuse ai nuovi team: Cadillac entra, Andretti resta fuori
La Formula 1 fissa a 11 il numero massimo di team: Cadillac entra, Andretti esclusa. Investimenti e divisione ricavi al centro delle strategie future.
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La Formula 1 si trova oggi di fronte a una svolta epocale, dettata dalla necessità di salvaguardare l’equilibrio e il valore costruiti negli ultimi anni. Le recenti dichiarazioni di Stefano Domenicali, presidente del circus, hanno fissato un nuovo confine: con l’ingresso di Cadillac previsto per il 2026, il numero massimo di team partecipanti raggiungerà quota undici. Una scelta che non nasce dal caso, ma da una strategia ben precisa, orientata a proteggere un ecosistema sempre più appetibile per gli investitori e caratterizzato da una crescente attenzione verso la divisione ricavi.
L’arrivo di Cadillac nel mondiale non è solo un fatto di cronaca sportiva, ma rappresenta il simbolo di una nuova politica di selezione all’interno della Formula 1. L’ingresso del costruttore americano, supportato da General Motors, non è stato improvvisato: la candidatura è stata valutata positivamente grazie a un piano industriale di lungo periodo, considerato affidabile e capace di garantire stabilità economica e tecnica. Questo scenario riflette una linea di pensiero che punta a mantenere alta la qualità e la solidità finanziaria delle squadre coinvolte, elevando il livello delle barriere d’accesso.
Non tutti, però, hanno avuto la stessa accoglienza. Emblematico è il caso della famiglia Andretti, la cui proposta di ingresso è stata respinta in quanto ritenuta priva delle necessarie garanzie economiche. Questo episodio ha sancito un principio ormai chiaro: non bastano più storia e ambizione per ottenere un posto nel campionato, ma occorrono basi finanziarie concrete e progetti di sviluppo credibili. Il messaggio che arriva dalla dirigenza è inequivocabile: solo chi dimostra una forza straordinaria potrà aspirare a entrare in uno dei campionati più esclusivi e competitivi del panorama mondiale.
Dietro la scelta di fissare un tetto massimo al numero di team non si nascondono solo motivazioni logistiche o organizzative. Il vero nodo riguarda la divisione ricavi: aumentare il numero delle squadre significherebbe dover ridistribuire le entrate tra più soggetti, con il rischio di ridurre la quota spettante a ciascuno e di minare la stabilità finanziaria del sistema. Per questo motivo, Stefano Domenicali ha sottolineato che eventuali aperture future saranno riservate solo a proposte eccezionalmente solide, capaci di apportare valore aggiunto all’intero campionato.
La crescita esponenziale del valore delle scuderie e l’interesse costante da parte di investitori e fondi internazionali confermano il momento d’oro vissuto dalla Formula 1. Questo successo, però, comporta anche una maggiore attenzione nella selezione dei nuovi protagonisti: la presenza di barriere all’ingresso sempre più alte serve a preservare un ecosistema in cui la competitività sportiva si accompagna a una robusta sostenibilità economica.
La strategia attuale, quindi, mira a consolidare quanto raggiunto, evitando di mettere a rischio quell’equilibrio faticosamente costruito che ha permesso alla Formula 1 di diventare uno degli sport più redditizi e seguiti al mondo. La scelta di puntare su progetti come quello di Cadillac, fortemente sostenuto da General Motors, va in questa direzione: premiare l’affidabilità, la visione industriale e la capacità di investimento, elementi ritenuti imprescindibili per garantire la stabilità e la crescita del circus.
Resta ora da vedere se altri grandi marchi dell’automotive internazionale saranno in grado di presentare candidature sufficientemente robuste da convincere i vertici della Formula 1 a rivedere, almeno in parte, la propria politica restrittiva. Per il momento, però, il messaggio è chiaro: il campionato mondiale resta una realtà a numero chiuso, riservata a chi dimostra di poter contribuire in modo concreto e duraturo alla sua evoluzione.
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