Crisi dell'auto europea: norme CO2 mettono a rischio i produttori
Lo studio Kearney avverte che le stringenti norme UE sulla CO2 potrebbero ridurre i margini dei produttori europei, richiedendo misure urgenti per tutelare occupazione e investimenti
L’industria automobilistica europea si trova di fronte a un bivio critico e potenzialmente irreversibile. I dati sono impietosi: i margini di profitto sono destinati a crollare dal 5,5% fino a raggiungere il preoccupante -2,9% entro il 2030. Questi numeri non sono semplici proiezioni economiche, ma rappresentano piuttosto il dramma strutturale che attende i costruttori europei nel prossimo decennio. Secondo l’autorevole analisi della società di consulenza Kearney, gli stringenti vincoli delle normative UE sulla riduzione delle emissioni di CO2 trasformeranno irrevocabilmente la redditività dei bilanci aziendali, comprimendo le risorse disponibili per gli investimenti futuri e innescando una ristrutturazione profonda del settore che avrà ripercussioni occupazionali significative.
Un quadro desolante
Tuttavia, la pressione normativa rappresenta soltanto una parte del problema più ampio. Si aggiungono infatti altri fattori che erodono ulteriormente lo spazio di manovra economico: la progressiva perdita di terreno nel mercato cinese dei veicoli elettrici, dove i competitor locali dominano ormai indiscussi, e i dazi americani dell’era Trump che riducono drasticamente le possibilità di espansione esterna. In questa situazione di compressione globale, il mercato interno europeo diventa l’unico asset su cui i margini di profitto possono ancora essere difesi, caricandosi del pesantissimo compito di assorbire interamente i costi della transizione verde.
Un appello alle istituzioni comunitarie
Di fronte a questa prospettiva allarmante, l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (ACEA) ha lanciato un appello urgente alle istituzioni comunitarie. L’associazione richiede interventi concreti e immediati: la concessione di più tempo per raggiungere i target ambiziosi, incentivi significativi per la riconversione industriale, crediti d’imposta aggressivi destinati alla ricerca e sviluppo, e soprattutto un sostegno attivo alle filiere locali di batterie. L’avvertimento è chiaro e non ammette fraintendimenti: senza misure di accompagnamento strutturale, il settore rischia di contrarsi drammaticamente, con conseguenze occupazionali devastanti per le comunità europee che dipendono da questa industria.
Gli esperti del settore hanno identificato un paradosso inquietante e controintuitivo: se la rigidità eccessiva delle norme dovesse paradossalmente indurre a un rallentamento della transizione verde, l’Europa si ritroverebbe in una posizione ancora più fragile. Perderebbe competitività globale a favore dei competitor cinesi e statunitensi, già significativamente più avanzati nella corsa tecnologica, con il risultato finale di prezzi più elevati per i consumatori e l’erosione progressiva delle quote di mercato europee. Per questo motivo, numerosi analisti propongono soluzioni intelligenti e flessibili, quali i mercati di crediti tra costruttori, target diversificati per segmento di mercato e cofinanziamenti pubblici strategici, che permettano di conciliare la sostenibilità ambientale con la viabilità economica concreta.
Le decisioni che l’Unione Europea adotterà nei prossimi mesi risulteranno determinanti per il destino del settore. Solo attraverso scelte equilibrate e consapevoli potrà l’industria automobilistica europea intraprendere una transizione ordinata e sostenibile, evitando di precipitare in una fase di crisi strutturale che comporterebbe perdite irreversibili di competitività e benessere economico.