Volkswagen taglia 35.000 posti in Germania: che sta succedendo

Volkswagen annuncia la riduzione di 35.000 posti in Germania entro il 2030, puntando su esodi volontari, pensionamenti e misure per risparmiare 4 miliardi annui

Volkswagen taglia 35.000 posti in Germania: che sta succedendo
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Fabrizio Caratani
Pubblicato il 18 nov 2025

Il gruppo Volkswagen si prepara ad affrontare una delle più significative riorganizzazioni della sua storia recente, con un taglio posti di lavoro che coinvolgerà la sede centrale in Germania e avrà un impatto profondo sull’intero settore automobilistico europeo. L’obiettivo dichiarato è ridurre la forza lavoro dagli attuali 130.000 dipendenti a meno di 100.000 entro il 2030, ma senza ricorrere a licenziamenti forzati. Questa scelta, frutto di un intenso dialogo con le rappresentanze sindacali, segna una svolta nel modo in cui le grandi aziende del comparto automotive affrontano le crisi industriali e le trasformazioni tecnologiche.

Ristrutturazione pianificata

La ristrutturazione pianificata da Volkswagen punta a gestire la transizione attraverso strumenti meno traumatici rispetto al passato. Al centro della strategia ci sono gli esodi volontari e i pensionamenti anticipati, resi particolarmente attrattivi da incentivi economici che possono raggiungere i 400.000 euro per singolo lavoratore. Ad oggi, sono già 20.000 i dipendenti che hanno aderito ai pacchetti di uscita, superando così la metà del target fissato dal gruppo. Queste misure permettono di accompagnare il cambiamento con una maggiore attenzione al tessuto sociale, evitando gli effetti devastanti dei licenziamenti collettivi e garantendo una copertura economica a chi lascia l’azienda.

La decisione di procedere con una drastica riduzione del personale nasce da una congiuntura economica sfavorevole. Nel 2024, Volkswagen ha registrato un calo dell’utile netto del 30,6%, scendendo a 12,39 miliardi di euro. Le cause principali sono l’aumento dei costi fissi, la persistente carenza di microchip che continua a penalizzare la produzione, e le ingenti spese legate alla conversione verso la mobilità elettrica. In questo scenario, il contenimento dei costi del lavoro diventa una leva imprescindibile per la sopravvivenza e la competitività dell’azienda.

Razionalizzare la spesa

Il piano di ristrutturazione si completa con una serie di altre misure volte a razionalizzare la spesa. Tra queste, il dimezzamento degli apprendistati annuali, che passano da 1.400 a 600 unità, la riduzione dei compensi per i dirigenti – per un totale di oltre 300 milioni di euro – e il congelamento degli aumenti salariali. A ciò si aggiunge il trasferimento di alcune linee produttive all’estero e la dismissione di almeno due impianti nell’arco dei prossimi ventiquattro mesi. L’obiettivo complessivo è ottenere risparmi annui di circa 1,5 miliardi di euro solo sul fronte del personale, contribuendo a un piano di economie strutturali che punta a raggiungere i 4 miliardi di euro all’anno.

Sul fronte sindacale, la scelta di privilegiare le uscite volontarie e i pensionamenti anticipati è stata accolta con favore, in quanto evita il trauma sociale dei licenziamenti di massa. Tuttavia, non mancano le preoccupazioni per il futuro dei territori che ospitano gli stabilimenti e per la possibile perdita di competenze tecniche strategiche. Le amministrazioni locali e le organizzazioni dei lavoratori chiedono ora che siano varati programmi strutturati di riqualificazione e politiche attive per il reinserimento occupazionale, al fine di mitigare gli effetti negativi della ristrutturazione sul tessuto sociale e produttivo.

Indennità per 20.000 lavoratori

Per i 20.000 lavoratori che hanno già scelto di lasciare Volkswagen, l’indennità offerta rappresenta una tutela economica nel breve periodo, ma non risolve il problema della ricollocazione professionale. Al tempo stesso, chi resterà in azienda dovrà accettare il blocco degli aumenti retributivi e la sospensione di benefit aggiuntivi, in un contesto che si preannuncia complesso anche per chi rimane.

La ristrutturazione di Volkswagen non è un caso isolato, ma riflette una tendenza ormai consolidata nell’industria automobilistica europea, chiamata a confrontarsi con le sfide della digitalizzazione e della transizione ambientale. Sempre più spesso, le aziende scelgono di intervenire con riorganizzazioni profonde e tagli al personale per garantire efficienza e sostenibilità finanziaria. Resta aperto il dibattito su come conciliare queste esigenze con la responsabilità sociale e la tutela dell’occupazione, in un settore che continua a rappresentare uno dei pilastri dell’economia tedesca ed europea.

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