Sarete belli voi, la Fiat Multipla è stata pioniera anche con il plug-in

Scopri la storia della Fiat Multipla Hybrid Power: specifiche tecniche, batterie NiMH da 19 kWh, autonomia elettrica oltre 80 km e l'impiego nel progetto ATENA a Napoli

Sarete belli voi, la Fiat Multipla è stata pioniera anche con il plug-in
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Giorgio Colari
Pubblicato il 27 nov 2025

Quando si parla di innovazione nel settore automobilistico, raramente si torna indietro di oltre due decenni per trovare esempi di visione anticipatrice. Eppure, esattamente questo accade con la Multipla Hybrid Power, un esperimento di mobilità sostenibile che Fiat lanciò nel 2000 con una determinazione quasi utopica. Solo dieci esemplari prodotti, ottanta chilometri di autonomia elettrica pura, batterie nichel idruro metallico da diciannove kilowatt-ora e un motore a benzina da centotre cavalli: questi i numeri che definiscono un capitolo affascinante della storia automobilistica italiana e della transizione verso il basso impatto ambientale. Quello che rende straordinaria questa vettura è proprio l’anticipazione di oltre un decennio rispetto alle attuali soluzioni ibride di massa, quando cioè il concetto stesso di ibridazione plug-in era ancora percepito come una chimera più che come una realtà concreta.

Un progetto innovativo

Al cuore del progetto si trovava un’innovazione tecnica che meritava attenzione: l’integrazione di un motore elettrico asincrono trifase da trenta kilowatt, di cui quindici di potenza continuativa, accoppiato al tradizionale propulsore a combustione interna. Le batterie nichel idruro metallico, strategicamente posizionate sotto il pianale, garantivano un’escursione in modalità completamente elettrica che superava gli ottanta chilometri. La configurazione ibrida permetteva di raggiungere i centosessanta chilometri orari con un’autonomia complessiva di circa quattrocento chilometri grazie alla rigenerazione energetica in marcia. Una ricarica completa da una comune presa domestica richiedeva approssimativamente dieci ore, un dettaglio che oggi potrebbe sembrare banale ma che allora rappresentava una sfida tecnologica non indifferente.

L’applicazione più significativa di questa vettura ibrida riguardò il progetto ATENA, acronimo che sta per Ambiente Traffico Telematica Napoli, dove i vigili urbani del capoluogo campano testarono gli esemplari disponibili per valutarne l’efficacia nelle operazioni urbane quotidiane. Sfruttando soprattutto l’autonomia elettrica, gli agenti riuscivano a contenere sia le emissioni che il rumore nelle zone centrali della città, dimostrando come l’ibridazione potesse trovare applicazioni pratiche e immediate in contesti reali. Tuttavia, la produzione incredibilmente limitata di sole dieci unità rivela chiaramente i vincoli tecnici ed economici dell’epoca: costi di sviluppo proibitivi, il peso e l’ingombro delle batterie, l’assenza di infrastrutture di ricarica distribuite capillarmente e una domanda di mercato ancora profondamente timorosa verso l’ibridazione plug-in. Un dettaglio amaro: nessuno dei veicoli del progetto ATENA ha raggiunto i giorni nostri.

Il banco di prova

La tecnologia NiMH impiegata in questa soluzione rispecchiava semplicemente le opzioni disponibili prima della diffusione massiccia del litio, offrendo sicurezza e affidabilità ma soffrendo di notevoli limitazioni di densità energetica che inevitabilmente influenzavano l’autonomia e la dinamica complessiva del veicolo. L’esperimento, sebbene tecnicamente valido e ben costruito, risultò prematura per il mercato europeo: i costi di produzione elevati e l’assenza totale di una rete infrastrutturale non permisero uno scaling industriale reale. Nonostante ciò, gli osservatori dell’innovazione concordano nel riconoscere che la Multipla Hybrid Power funzionò da laboratorio reale, fornendo dati preziosi sull’integrazione termico-elettrica in contesti urbani e contribuendo significativamente agli sviluppi successivi del settore ibrido europeo.

La storia di questo veicolo esemplifica perfettamente il percorso tortuoso della tecnologia ibrida europea: iniziative frammentate, partnership tra costruttori e amministrazioni locali, insegnamenti tecnici che hanno condotto a soluzioni su larga scala solo dopo il miglioramento qualitativo delle batterie e delle infrastrutture. Oggi rappresenta un caso studio privilegiato per chi analizza seriamente l’evoluzione della mobilità sostenibile e le complesse dinamiche tra innovazione, politica pubblica e domanda di mercato.

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