Prende 36 multe per passaggio in area pedonale: giudice ne annulla 35

Il giudice annulla 35 delle 36 multe a una automobilista per ingressi in APU a Piacenza: Comune condannato per malafede e a rimborsare spese

Prende 36 multe per passaggio in area pedonale: giudice ne annulla 35
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Giorgio Colari
Pubblicato il 5 nov 2025

La recente sentenza emessa segna un punto di svolta nella gestione delle multe per violazioni legate all’accesso nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane. A Piacenza, infatti, l’amministrazione comunale si è vista costretta ad annullare ben trentacinque sanzioni, a fronte di un rimborso di 3.500 euro per le spese legali sostenute dalla ricorrente e un ulteriore versamento di 1.500 euro alla Cassa delle ammende. Un epilogo che pone l’accento su alcune criticità nei sistemi di controllo automatizzato e sulle responsabilità degli enti locali nella gestione delle notifiche e della comunicazione con i cittadini.

Una situazione già vista

La vicenda trae origine dalla situazione vissuta da una cittadina piacentina, che tra la fine di agosto e il mese di settembre 2023 si è vista recapitare, nell’arco di pochi giorni, ben 36 sanzioni per presunti ingressi non autorizzati all’interno dell’Area Pedonale Urbana (APU) durante i mesi di giugno e luglio. La donna, in possesso di un regolare permesso per la ZTL, era fermamente convinta che la sua autorizzazione fosse valida anche per la nuova area istituita dall’amministrazione comunale. Una convinzione che, come emerso nel corso del procedimento, non era affatto infondata: la distinzione tra ZTL e APU non è sempre chiara, generando spesso confusione tra gli automobilisti.

A pesare sulla decisione del tribunale è stata soprattutto la condotta del Comune di Piacenza, ritenuta dal magistrato “in malafede” e improntata a una strategia “cinicamente rivolta a rimpinguare le casse comunali”. Il giudice ha sottolineato come l’invio delle notifiche sia stato deliberatamente ritardato e organizzato in gruppi, impedendo così alla cittadina di rendersi conto tempestivamente dell’errore e di modificare il proprio comportamento. In sostanza, il sistema sanzionatorio automatizzato si è trasformato in un vero e proprio “multificio”, con l’obiettivo di massimizzare gli introiti piuttosto che prevenire le infrazioni.

Un principio già affermato

La sentenza si fonda su un principio già affermato dalla Cassazione: quando vengono commesse più violazioni dello stesso tipo in un arco temporale ristretto, senza che vi sia una contestazione immediata, tali infrazioni devono essere considerate come un’unica violazione. Per questo motivo, il tribunale ha annullato la quasi totalità delle multe, mantenendone valida solo una. Una decisione che, se confermata in sede di appello, potrebbe costituire un precedente rilevante per casi analoghi su tutto il territorio nazionale.

Oltre all’aspetto giuridico, la vicenda mette in luce due questioni fondamentali per la mobilità urbana. In primo luogo, la distinzione tra ZTL e APU e la necessità di permessi differenti rappresentano una fonte di incertezza per molti cittadini, soprattutto quando le modifiche normative non sono accompagnate da una comunicazione efficace e tempestiva. In secondo luogo, l’utilizzo delle telecamere di sorveglianza, se da un lato facilita il controllo degli accessi e la rilevazione delle infrazioni, dall’altro impone alle amministrazioni pubbliche l’obbligo di garantire trasparenza e rapidità nelle notifiche.

Comune non giustificabile

Durante il procedimento, l’amministrazione comunale non è stata in grado di giustificare in modo convincente i ritardi nell’invio delle notifiche né di dimostrare di aver condotto un’adeguata campagna informativa riguardo al passaggio dal regime ZTL a quello APU. Una mancanza che ha contribuito in modo determinante all’annullamento delle sanzioni e che dovrebbe indurre tutti i Comuni a riflettere sull’importanza di una comunicazione chiara e puntuale con i cittadini.

Secondo molti esperti di diritto e di mobilità urbana, l’efficacia dei sistemi di controllo automatizzato dipende dalla loro capacità di prevenire comportamenti illeciti, non di punirli a posteriori in modo sproporzionato. È quindi fondamentale che le telecamere e le relative procedure di accertamento vengano utilizzate come strumenti di prevenzione e non come mezzi per incrementare le entrate comunali. La sentenza di Piacenza rappresenta un chiaro monito in tal senso, invitando le amministrazioni locali a rivedere le proprie procedure sanzionatorie e a garantire una maggiore tutela dei diritti dei cittadini.

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