Porsche sotto accusa: causa da 300 milioni di dollari negli USA
La causa da 300 milioni di The Collection contro Porsche mette in discussione la strategia di showroom esclusivi, la gestione delle pool cars e la rete concessionari USA
La battaglia tra Porsche e The Collection sta assumendo contorni sempre più accesi e rappresenta uno dei casi più emblematici nel panorama automobilistico americano degli ultimi anni. Al centro della controversia ci sono oltre 300 milioni di dollari, la richiesta di investimenti in uno showroom esclusivo e la gestione delle preziose pool cars, strumenti chiave per la competitività dei dealer. Una causa legale che, tra accuse di coercizione commerciale e riduzione delle forniture, potrebbe riscrivere gli equilibri della distribuzione auto negli Stati Uniti.
Il cuore della disputa: strategie e accuse incrociate
La vicenda prende avvio quando The Collection, uno dei più importanti concessionari della Florida, accusa il colosso tedesco Porsche di aver adottato pratiche anticoncorrenziali dopo il suo rifiuto di investire in una struttura interamente dedicata al marchio. Secondo il dealer, la casa madre avrebbe reagito riducendo progressivamente il flusso di veicoli disponibili e sospendendo l’assegnazione delle pool cars, che costituiscono fino al 20% dell’inventario necessario per test drive e vendite rapide. Questa strategia, definita “soffocamento commerciale”, sarebbe stata messa in atto per forzare l’adeguamento agli standard di esclusività richiesti dal brand.
La “Ferrarificazione” del marchio: una strategia divisiva
Dopo la pandemia, Porsche ha intrapreso un percorso definito dagli analisti come “Ferrarificazione”, ovvero una progressiva selezione e valorizzazione della propria rete distributiva. I dealer sono stati spinti verso investimenti ingenti in showroom esclusivi e pratiche di vendita sempre più raffinate e selettive. Tuttavia, chi – come The Collection – ha scelto di non seguire questa strada si è trovato a dover affrontare ripercussioni significative, tra cui la drastica riduzione delle pool cars, fondamentali per garantire visibilità e immediatezza nell’offerta al cliente finale.
La posizione ufficiale di Porsche
Dal canto suo, Porsche respinge ogni accusa e sottolinea come la scelta di non investire in una nuova infrastruttura sia stata esclusivamente di The Collection. La casa automobilistica tedesca evidenzia inoltre che il dealer registrava un calo di vendite costante da quasi dieci anni, sostenendo di aver agito sempre nel pieno rispetto dei contratti e delle regole di mercato. Nessuna “punizione” illegittima, quindi, ma semplicemente la conseguenza di scelte imprenditoriali non allineate alla visione del marchio.
Un momento delicato per Porsche: profitti in calo e nuove sfide
Questa causa legale esplode in un periodo particolarmente complesso per Porsche. Nel primo semestre del 2025, infatti, i profitti della casa sono crollati del 67%, passando da 3,06 a 1,01 miliardi di euro. Contestualmente, le consegne globali hanno subito una flessione del 6,1%. Secondo gli esperti, le ragioni di questo rallentamento sono molteplici: dalla debolezza del mercato cinese del lusso all’impatto dei dazi statunitensi sulle importazioni, fino a fattori macroeconomici che hanno inciso negativamente sulle performance del settore.
La posta in gioco: autonomia dei dealer contro il controllo del brand
La disputa tra Porsche e The Collection va ben oltre la singola vicenda giudiziaria. Rappresenta infatti il simbolo di una tensione strutturale tra la volontà dei costruttori di mantenere un controllo rigoroso sull’immagine e la qualità della rete e la necessità dei dealer indipendenti di preservare margini di autonomia per sopravvivere in mercati locali sempre più competitivi. In questo scenario, la gestione delle pool cars diventa il terreno di scontro più delicato: senza queste vetture, uno showroom perde gran parte della sua capacità operativa e attrattiva.
Prospettive future e possibili ripercussioni sul mercato americano
Un eventuale verdetto favorevole a The Collection potrebbe innescare un vero e proprio effetto domino, spingendo altri concessionari a contestare le politiche dei grandi marchi e costringendo Porsche a rivedere la propria strategia distributiva negli Stati Uniti e non solo. La sentenza attesa per marzo 2026 rischia dunque di ridefinire i confini della legittimità nei rapporti tra costruttori e rete vendita, segnando una svolta cruciale per il settore automotive contemporaneo e aprendo la strada a nuove regole del gioco.