L'idea di aggiungere una quarta luce al semaforo: a cosa serve
La proposta del professor Ali Hajbabaie: una 'white phase' ai semafori per coordinare i veicoli autonomi, ridurre attese e consumi. Sfide infrastrutturali e di fiducia
Immaginate di avvicinarvi a un incrocio e, accanto alle tradizionali luci rosse, gialle e verdi, vedere accendersi una luce bianca. Non si tratta di fantascienza, ma di una delle innovazioni più promettenti per la gestione traffico nell’era dei veicoli autonomi. Questa soluzione rivoluzionaria, sviluppata dai ricercatori della North Carolina State University sotto la guida del professor Ali Hajbabaie, potrebbe ridisegnare completamente il modo in cui viviamo la mobilità urbana, con benefici tangibili in termini di efficienza e sostenibilità.
Un principio visionario
Il principio alla base della cosiddetta “white phase” è tanto semplice quanto visionario: quando una percentuale significativa di veicoli autonomi si avvicina a un incrocio, il sistema semaforico attiva la luce bianca. Durante questa fase, i veicoli dotati di guida automatizzata si coordinano tra loro e con l’infrastruttura stradale attraverso avanzate comunicazioni V2I (Vehicle-to-Infrastructure), orchestrando un attraversamento più rapido e armonioso rispetto ai metodi tradizionali. Gli automobilisti che si trovano al volante di veicoli convenzionali non dovranno fare altro che seguire il flusso: se il veicolo davanti a loro avanza, potranno proseguire, mentre dovranno fermarsi se il veicolo si arresta.
Le simulazioni condotte dal team del professor Ali Hajbabaie hanno prodotto risultati che non possono essere ignorati. Anche con una presenza minima di veicoli autonomi – pari al 10% del totale in circolazione – i tempi di attesa agli incroci si riducono già del 3%. Quando la quota di veicoli intelligenti sale al 30%, la diminuzione dei tempi di attesa raggiunge il 10,7%. Ma è nei contesti con una maggiore diffusione della guida autonoma che la rivoluzione si fa sentire davvero: la riduzione degli stop-and-go non solo accelera il traffico, ma comporta anche una significativa diminuzione dei consumi energetici e, di conseguenza, delle emissioni inquinanti.
Tuttavia, l’introduzione della luce bianca nei semafori non è priva di ostacoli. Circa il 75% degli impianti semaforici attualmente in funzione richiederebbe aggiornamenti tecnologici per poter supportare la nuova fase e le comunicazioni V2I necessarie. Questo significa investimenti importanti per le amministrazioni pubbliche, sia dal punto di vista delle infrastrutture che della formazione degli operatori. Non meno rilevanti sono le sfide culturali: affinché il sistema funzioni, è fondamentale che i conducenti tradizionali sviluppino fiducia nei confronti di una modalità di attraversamento che, almeno inizialmente, potrebbe sembrare controintuitiva.
Alcuni aspetti tecnici da risolvere
Dal punto di vista tecnico, restano da risolvere questioni cruciali legate agli standard di comunicazione tra veicoli e infrastrutture, alla definizione delle responsabilità legali in caso di incidenti e all’interoperabilità tra modelli e marchi diversi di veicoli autonomi. La proposta si inserisce in un contesto più ampio di ricerca sulla mobilità cooperativa, dove l’obiettivo non è solo ottimizzare i tempi di percorrenza, ma anche aumentare la capacità delle strade e ridurre la congestione e l’inquinamento nelle aree urbane.
Perché questa visione futuristica diventi realtà, sarà necessario avviare test su strada in condizioni reali, accompagnati da accurate valutazioni economiche e da una collaborazione stretta tra amministrazioni pubbliche, costruttori automobilistici e sviluppatori di sistemi di mobilità connessa. Solo così sarà possibile superare le barriere tecniche e culturali, garantendo che l’innovazione rappresentata dalla luce bianca nei semafori si traduca in un beneficio concreto per la collettività.
Il percorso verso la città intelligente passa anche da queste innovazioni: la gestione traffico non è più solo una questione di semafori e regole, ma di dialogo tra veicoli, infrastrutture e persone. L’esperienza proposta dal team di Ali Hajbabaie ci mostra come, attraverso la tecnologia e la cooperazione, sia possibile immaginare incroci più sicuri, strade meno congestionate e una mobilità urbana davvero sostenibile.