Impresa al contrario, con il cambio rotto fa 11 km in retromarcia

Durante il Best In The Desert a Laughlin, Jonathan Dawes e Cory Day hanno percorso 11 km in retromarcia dopo la rottura della trasmissione della loro Ultra4, giungendo 10° su 17

Impresa al contrario, con il cambio rotto fa 11 km in retromarcia
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Giorgio Colari
Pubblicato il 11 nov 2025

Nel mondo delle competizioni off-road, la determinazione può davvero fare la differenza tra un ritiro anticipato e una storia destinata a essere ricordata. È proprio questo il caso di Jonathan Dawes e Cory Day, due piloti che hanno saputo trasformare una situazione apparentemente disperata in un’impresa memorabile durante una tappa del campionato Best In The Desert. Quando la loro vettura Ultra4 ha subito un guasto critico alla trasmissione, lasciandoli con una sola marcia funzionante, la retromarcia, i due non si sono lasciati scoraggiare: hanno percorso oltre 11 chilometri nel deserto, raggiungendo il traguardo e dimostrando una resilienza fuori dal comune.

Le prime difficoltà

La gara si era già aperta con difficoltà: alla prima curva, un altro concorrente ha tentato di spingere fuori traiettoria la loro Ultra4, mettendo subito alla prova la loro abilità di guida. Ma il vero colpo di scena è arrivato poco dopo, quando un forte rumore proveniente dal cambio ha rivelato un danno irreparabile. Il robusto cambio GM 4L80E, spesso scelto per la sua affidabilità, ha ceduto sotto la pressione estrema della competizione, lasciando attiva solo la retromarcia. Fortunatamente, il motore LS V8 ha continuato a funzionare perfettamente, fornendo la potenza necessaria per tentare il tutto per tutto.

Di fronte a un bivio – abbandonare la gara o tentare l’impossibile – Jonathan Dawes e Cory Day hanno optato per la seconda strada, affrontando il deserto con una scelta tecnica e mentale di grande coraggio. Guidare per oltre 11 chilometri in retromarcia non è solo una questione di resistenza fisica e mentale, ma implica anche una padronanza assoluta del mezzo: la visibilità è ridotta, il controllo sugli ostacoli è limitato e ogni manovra mette a dura prova sia il pilota che la meccanica.

La scelta di proseguire in queste condizioni estreme ha sollevato interrogativi sulla robustezza della trasmissione GM 4L80E, molto diffusa nelle competizioni grazie alla sua origine dalla produzione di serie. Tuttavia, anche i componenti più collaudati possono cedere quando sottoposti a stress intensi o urti imprevisti, come spesso accade nei tracciati desertici del Best In The Desert. Nonostante ciò, il motore LS V8 si è dimostrato all’altezza della situazione, confermando la sua reputazione di affidabilità e potenza, qualità fondamentali per completare una gara in condizioni tanto avverse.

Reazioni contrastanti

Nel paddock, la reazione degli altri team e degli addetti ai lavori è stata variegata. Da un lato, molti hanno espresso sincera ammirazione per la tenacia e la resilienza dimostrate dal duo; dall’altro, non sono mancate riflessioni sulla sicurezza. Gli organizzatori del campionato, pur apprezzando lo spirito sportivo e la capacità di adattamento, mantengono elevati standard di sicurezza e monitorano con attenzione ogni episodio fuori dall’ordinario, per garantire che la spettacolarità non vada mai a scapito dell’incolumità dei partecipanti.

Il decimo posto conquistato da Jonathan Dawes e Cory Day su diciassette partecipanti non rappresenta solo una posizione in classifica, ma racconta una vera e propria lezione di adattamento, strategia e perseveranza. È la dimostrazione di come un grave problema tecnico possa diventare il punto di partenza per una strategia alternativa e, in definitiva, per una narrazione che esalta tanto l’aspetto umano quanto quello tecnico delle competizioni motoristiche.

Spunti di riflessione

Questa vicenda offre spunti di riflessione anche dal punto di vista tecnologico. In un’epoca in cui le auto elettriche stanno guadagnando terreno – basti pensare alla Rimac Nevera, spesso citata per le sue incredibili prestazioni anche in retromarcia (sebbene in contesti molto diversi) – l’impresa di Dawes e Day sottolinea quanto sia ancora fondamentale la resistenza dei componenti meccanici tradizionali. Le sfide affrontate nel deserto mettono in luce la necessità di un continuo sviluppo sia tecnico che regolamentare, per garantire competizioni sempre più sicure e spettacolari.

Episodi come questo alimentano il dibattito sul bilanciamento tra spettacolarità e sicurezza nelle gare off-road. Da un lato, storie di resilienza e ingegno tecnico come quella di Jonathan Dawes e Cory Day rappresentano il cuore pulsante di questo sport; dall’altro, richiamano l’attenzione sull’importanza di standard sempre più elevati per la preparazione delle vetture e la gestione delle emergenze. In definitiva, la loro impresa rimarrà un esempio di come, anche di fronte alle avversità più estreme, la passione per i motori e la voglia di superare i propri limiti possano portare a risultati sorprendenti.

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