Emissioni reali delle auto ibride plug-in: molto più di quelle dichiarate
Le auto ibride plug-in emettono molta più CO2 rispetto ai dati ufficiali: lo studio T&E su 127.000 veicoli e il dibattito sulle nuove regole UE
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Nel dibattito sulla mobilità sostenibile, le auto ibride plug in sono spesso presentate come la soluzione ideale per coniugare esigenze ambientali e praticità quotidiana. Tuttavia, una recente analisi svela un divario preoccupante tra le promesse di questa tecnologia e la realtà dei fatti, mettendo in discussione l’effettiva efficacia di questi veicoli nel ridurre l’impatto ambientale. Dati e ricerche aggiornate mostrano infatti come le emissioni reali di CO2 siano ben lontane dai valori ufficialmente dichiarati, generando un acceso dibattito tra esperti, istituzioni e industria automobilistica.
Il vero volto delle emissioni: tra laboratorio e strada
Un’indagine condotta da Transport Environment ha gettato nuova luce sulla questione, analizzando oltre 127.000 vetture PHEV immatricolate nel 2023. I risultati sono sorprendenti: le emissioni medie di emissioni CO2 in condizioni reali si attestano a 139 g/km, una cifra quasi cinque volte superiore rispetto ai 28 g/km certificati nei test WLTP. Questa discrepanza solleva interrogativi sulla trasparenza delle procedure di omologazione e sulla reale capacità delle ibride plug-in di contribuire alla transizione ecologica.
Il cuore del problema risiede nell’utilizzo effettivo della modalità elettrica. In teoria, questi veicoli dovrebbero sfruttare la batteria per gran parte degli spostamenti quotidiani, riducendo drasticamente le emissioni. Nella pratica, però, molti proprietari tendono a trascurare la ricarica o a preferire la comodità del motore termico, soprattutto nei tragitti più lunghi o quando la rete di ricarica non è facilmente accessibile. A ciò si aggiunge il peso extra delle batterie, che, quando si viaggia in modalità tradizionale, si traduce in consumi più elevati rispetto ai veicoli a combustione interna convenzionali.
L’aggiornamento dell’utility factor: una svolta per la trasparenza?
Per colmare questo gap tra teoria e pratica, l’Unione Europea ha annunciato l’introduzione, a partire dal 2025, di un nuovo utility factor. Questo coefficiente sarà fondamentale per misurare quanto realmente viene utilizzata la modalità elettrica nei veicoli ibridi plug-in, offrendo così una valutazione più accurata delle emissioni effettive. L’obiettivo è quello di spingere i costruttori a fornire dati più aderenti alla realtà e di guidare i consumatori verso scelte più consapevoli.
Tuttavia, questa novità non è stata accolta senza riserve. L’associazione dei costruttori europei ACEA ha espresso forte preoccupazione, sollecitando la Commissione Europea a sospendere l’adozione dei nuovi parametri. Le aziende temono che una valutazione più severa possa compromettere la competitività del settore in una fase delicata della transizione verso una mobilità più pulita. Non va dimenticato, infatti, che le ibride plug-in rappresentano oggi una quota significativa – circa l’8,6% – delle nuove immatricolazioni in Europa e sono considerate una tappa strategica verso la diffusione dei veicoli elettrici a batteria.
Il rischio di una nuova sottostima: il fantasma del Dieselgate
Il quadro delineato da Transport Environment ha portato molti osservatori a tracciare un parallelo inquietante con il Dieselgate del 2015. Anche in quel caso, le emissioni dichiarate risultavano ben inferiori a quelle reali, minando la fiducia dei consumatori e la credibilità dell’intero settore. Oggi, la sottostima delle emissioni delle ibride plug-in appare però “legittimata” da regolamentazioni considerate troppo permissive, rischiando di replicare errori già commessi e di ritardare il vero progresso verso una mobilità a basse emissioni.
In definitiva, la sfida per il futuro della mobilità sostenibile passa dalla capacità di valutare in modo trasparente e oggettivo l’impatto ambientale delle tecnologie disponibili. Solo dati affidabili e procedure rigorose potranno garantire che le scelte di consumatori e decisori politici si basino su realtà verificabili e non su promesse difficili da mantenere. L’aggiornamento dell’utility factor e il confronto tra i diversi sistemi di propulsione – dalle auto ibride plug in ai veicoli elettrici a batteria – saranno determinanti per tracciare una rotta credibile verso la decarbonizzazione del trasporto privato.
Il caso delle emissioni delle ibride plug-in si rivela quindi emblematico di una più ampia necessità di trasparenza e responsabilità nel settore automotive. Solo così sarà possibile evitare nuovi scandali, recuperare la fiducia degli utenti e accelerare davvero la transizione verso una mobilità più sostenibile per tutti.
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