BYD e Changan aggirano i dazi UE grazie all'hub thailandese
BYD e Changan puntano sulla Thailandia per esportare auto elettriche in Europa e UK, eludendo i dazi UE sulle vetture prodotte in Cina
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Negli ultimi mesi, il panorama dell’industria automobilistica globale sta vivendo una trasformazione silenziosa ma profonda, con la Thailandia che si impone come nuovo snodo strategico nella produzione e nell’esportazione di auto elettriche verso il Vecchio Continente. Un ruolo inedito, quello del Regno del Siam, che sta attirando l’attenzione di colossi cinesi come BYD e Changan, decisi a sfruttare le nuove opportunità offerte da una filiera produttiva sempre più internazionale e interconnessa.
A fare da apripista in questa rivoluzione è proprio BYD, uno dei maggiori player mondiali nel settore dei veicoli elettrici. “La nostra esportazione in Europa delle Dolphin prodotte a Rayong rappresenta un passo fondamentale nella strategia globale di BYD, evidenziando il ruolo cruciale della Thailandia nella filiera internazionale dei veicoli elettrici,” ha dichiarato Ke Yubin, direttore generale di BYD Thailandia. Con queste parole, il manager ha sintetizzato l’essenza di una strategia che mira a superare le barriere imposte dall’Unione Europea e a consolidare la presenza del marchio nei mercati occidentali.
Il nuovo stabilimento
Il nuovo stabilimento di Rayong, operativo dal luglio 2024, è il cuore pulsante di questa strategia. Con una capacità produttiva di 150.000 unità all’anno, l’impianto non si limita a soddisfare la domanda interna, ma funge da vero e proprio trampolino di lancio per l’export verso l’Europa e il Regno Unito. Le prime 900 BYD Dolphin sono già partite alla volta del mercato europeo, segnando l’inizio di una nuova fase espansiva per il brand e per la produzione auto cinese fuori dai confini nazionali.
Questa mossa non è casuale: risponde direttamente all’inasprimento dei dazi commerciali decisi da Bruxelles. In particolare, per BYD il totale delle tariffe raggiunge il 30,7% (20,7% di sovrattassa più il 10% standard), un livello che metterebbe a rischio la competitività dei suoi modelli se importati direttamente dalla Cina. Tuttavia, la normativa europea consente di importare senza ulteriori balzelli i veicoli prodotti in Paesi terzi, purché rispettino determinate condizioni di localizzazione produttiva. Ed è proprio qui che la Thailandia entra in gioco come “porta d’accesso” privilegiata verso l’Europa.
Una finestra normativa
L’effetto di questa finestra normativa si sta già facendo sentire: oltre a BYD, anche Changan ha recentemente acquistato terreni nei pressi di Bangkok per realizzare un nuovo impianto, mentre altri produttori come Xpeng stanno valutando investimenti simili in Ungheria e Turchia. L’obiettivo è chiaro: costruire una catena di montaggio flessibile e capace di aggirare legalmente le barriere tariffarie, mantenendo alta la competitività sui mercati internazionali.
La scelta della Thailandia come hub produttivo non è frutto del caso. Il Paese offre una posizione geografica vantaggiosa, una forza lavoro qualificata e una politica economica fortemente orientata all’attrazione di investimenti esteri nel comparto automotive. Gli accordi di libero scambio siglati da Bangkok facilitano inoltre l’esportazione dei veicoli verso numerosi mercati, tra cui quelli europei, rendendo il paese una piattaforma ideale per la nuova geografia della produzione auto globale.
Riconfigurazione della filiera
Questa riconfigurazione della filiera sta cambiando le regole del gioco nel settore delle auto elettriche. I produttori cinesi, sfruttando la flessibilità offerta dalla Thailandia e da altri Paesi terzi, stanno consolidando la loro presenza internazionale, mentre l’Unione Europea si trova a dover affrontare il delicato equilibrio tra la protezione dell’industria locale e la necessità di accelerare la transizione verso la mobilità sostenibile.
Il nuovo scenario vede quindi la Thailandia emergere come protagonista inatteso e punto di incontro tra le ambizioni globali dei costruttori cinesi e le complesse dinamiche del commercio internazionale. Un crocevia dove si giocano le prossime sfide della mobilità elettrica e della sostenibilità, con ricadute che potrebbero ridisegnare il futuro stesso dell’industria automobilistica mondiale.
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