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Formula 1, i migliori piloti della storia: Stewart [Video]

La nostra miniserie sui migliori piloti della storia in Formula 1 prosegue con Jackie Stewart. Il sodalizio con Ken Tyrrell e i titoli mondiali, le battaglie per introdurre una sicurezza accettabile nelle corse

Proseguiamo la nostra miniserie sui migliori piloti della storia in Formula 1 parlando di un personaggio atipico: Jackie Stewart. Venne soprannominato lo “scozzese volante”. Protagonista assoluto tra la seconda metà degli anni ’60 e i primi anni ’70, vinse parecchio per l’epoca. Caratteristico il suo stile di guida pulito ed efficace. Al di là delle sue doti sportive, Stewart è stato attivo promotore, per tutta la carriera e anche per molti anni dopo la sua conclusione, di una decente sicurezza nelle corse. Ripercorriamo quindi le vicende di questo grande campione.

 

Formula 1, Jackie Stewart: le statistiche


La carriera di Jackie Stewart in Formula 1 è durata 9 stagioni, dal 1965 al 1973. In 99 corse disputate, ha vinto 3 titoli mondiali e 27 gran premi: Ha inoltre realizzato per 17 volte la pole position e registrato per 15 volte il giro più veloce in gara. Cifre apparentemente basse se confrontate ai numeri odierni. Ma va sempre considerato che a quell’epoca si correva ancora relativamente poco, almeno a livello di campionato; negli anni di Stewart si è passati da 10 a 15 gran premi programmati in una stagione. Inoltre la sicurezza era ancora molto lontana dall’idea che possiamo averne oggi, sebbene fosse enormemente migliorata rispetto agli anni ’50 (furono introdotte le cinture di sicurezza, veri caschi, roll bar e protezioni antincendio ai serbatoi).

Quindi il maggiore rischio compensa il minore numero di corse e quindi vittorie. Ma come sempre ricorriamo alla statistica della percentuale di vittorie sui gran premi disputati, l’unica a poter rendere abbastanza omogenei i risultati su epoche diverse, altrimenti inconfrontabili: perché questo dato dice quanto ogni pilota sia stato abile nello sfruttare le opportunità avute nel proprio periodo. Stewart vanta quindi un 27,27%, numero che lo mette al sesto posto di tutti i tempi (filtrando i piloti che abbiano vinto almeno 10 GP). Meglio di lui hanno fatto solo Juan Manuel Fangio, Alberto Ascari, Jim Clark, Lewis Hamilton e Michael Schumacher. Può venire raggiunto e superato, per molti anni ancora, solo da Sebastian Vettel (23,74%). Invece in quanto a numero assoluto di vittorie Stewart è all’ottavo posto.

 

La carriera di Jackie Stewart: i primi anni

Nella lingua inglese Jack, come Jackie, è un vezzeggiativo di John (un po’ come in italiano Pino è uno dei vezzeggiativi di Giuseppe). Quindi John Stewart, secondo nome Young, nacque in Scozia l’11 giugno 1939, a Milton, una cittadina alla periferia di Glasgow. Jackie era di famiglia benestante e anche figlio d’arte. Il padre possedeva un’importante concessionaria Jaguar e fu pilota motociclistico dilettante. Il fratello maggiore Jimmy era invece pilota automobilistico e riuscì a partecipare ad un gran premio di Formula 1 (Silverstone 1953, ritirato al 24° giro per un guasto alla sua Connaught).

Jackie non ebbe particolare successo negli studi a causa di una dislessia, malattia che però gli venne diagnosticata solo nel 1980. A 16 anni lasciò la scuola e cominciò a lavorare come meccanico nell’officina di famiglia. Scoprì ancora ragazzino di avere un particolare talento per il tiro al bersaglio, tanto che lo praticò ai più alti livelli, vincendo titoli nazionali ed europei. Ma le corse erano nel suo sangue. A 17 anni comprò la prima auto, una Austin A30, con i risparmi accumulati lavorando in officina. Nel 1961 un cliente di suo padre gli offrì di fare delle prove su vetture da corsa. Jackie andò subito forte. Nel 1962 decise che si sentiva pronto per diventare un professionista, dopo un test su una Jaguar E-Type in un circuito britannico minore, dove eguagliò il tempo ottenuto da Roy Salvadori (pilota di secondo piano in F1 negli anni ’50, però vinse la 24 ore di Le Mans del 1959).

Dopo poco più di un anno in cui Stewart si mise in luce nelle corse minori nel Regno Unito, Ken Tyrrell gli propose nel 1964 dei test per il team di Formula 3, su monoposto Cooper. Jackie provò una vettura nuova la cui messa a punto era a cura nientemeno che di Bruce McLaren, all’epoca già affermato e vincente pilota in F1. Stewart battè il tempo di McLaren; il neozelandese risalì in vettura, migliorò il tempo del giovane scozzese, ma Jackie lo battè nuovamente. Contratto firmato. L’inizio nella Formula 3 fu folgorante: nella prima gara sotto la pioggia a Snetterton vinse con un distacco di 44 secondi. Allora subito la Cooper gli offrì un post nella squadra di Formula 1. Ma Stewart non si sentiva pronto e preferì continuare la stagione con Tyrrell. Dominò il campionato. A fine anno provò la Lotus 33-Climax di F1, meravigliando sia Colin Chapman che Jim Clark. Altra offerta, altro rifiuto, corse alcune gare in F2.

 

Jackie Stewart in Formula 1, gli esordi

Formula 1 Jackie Stewart

Ma nel 1965 Stewart si decise al gran salto. Dopo un esordio con la Lotus in una gara extra-campionato (sostituì l’infortunato Clark, ottenne la pole position e vinse una delle due manches), disputò il primo gran premio in un mondiale in Sudafrica, sulla BRM come compagno di squadra di Graham Hill. Col quale duellò in modo appassionante a fine stagione a Monza e vinse quindi la sua prima corsa iridata. Altri suoi importanti piazzamenti gli valsero il terzo posto finale nella classifica.

Nel 1966 la BRM non fu particolarmente competitiva, comunque Jackie riuscì a vincere a Montecarlo. Ma quell’anno subì anche un terribile e strano incidente a Spa: pioveva e finì fuori pista, prima abbattendo un palo del telefono e poi finendo in un fosso a macchina capovolta. Rimase incastrato e ricoperto di benzina per 25 minuti, senza che nessuno intervenisse. Venne salvato da altri due piloti (Graham Hill e Bob Bondurant), usciti di pista poco lontano; lo liberarono facendosi prestare degli attrezzi dal pubblico. Miracolosamente Stewart ne uscì con pochi danni, però fu costretto a saltare la corsa successiva in Francia.

Questo incidente è un esempio plateale di quanto le piste fossero ancora pericolose e gli organizzatori incuranti di tali esigenze. Non ci credete? Il pilota ricorda così quell’episodio: “Graham e Bob riuscirono ad estrarmi dalla macchina e mi misero in un furgone. Dopo un bel po’ arrivò un’ambulanza, mi portò al posto di pronto soccorso vicino alla torre di controllo; fui lasciato su una barella, ancora cosparso di benzina, circondato da mozziconi di sigaretta. Poi decisero di portarmi all’ospedale di Liegi sull’ambulanza scortata dalla polizia. Ma l’auto della polizia perse l’ambulanza, e l’ambulanza non sapeva come arrivare all’ospedale. In quel momento ho capito che, se questo era il meglio che potessimo avere, c’era qualcosa di profondamente sbagliato. I giovani di oggi non potrebbero capirlo. La situazione era ridicola“. Jackie Stewart cominciò allora la propria campagna per migliorare la sicurezza nelle corse, un’attività su cui si sarebbe sempre impegnato anche successivamente al suo ritiro.

Il resto della stagione non fu degno di nota, se non per la quasi vittoria alla 500 miglia di Indianapolis su una Lola-Ford, sfuggitagli ad otto giri dalla fine per un guasto mentre era in testa con un giro di vantaggio. Nel 1967 la musica non cambiò, la BRM continuava ad essere troppo inaffidabile. Jackie ottenne solo un secondo posto a Spa, guidando con una sola mano perché con l’altra doveva reggere la leva per mantenere la marcia ingranata.

 

Formula 1, Jackie Stewart campione del mondo


Nel 1968 Stewart passò al team Matra, diretto dal suo mentore Ken Tyrrell. La vettura montava un motore Ford Cosworth. Fu una stagione molto combattuta fra tre squadre, tutte motorizzate col Ford Cosworth V8 3.0. Oltre a Matra, Lotus e McLaren si contesero il titolo. Stewart vinse tre gran premi, come Graham Hill, il quale però si aggiudicò il mondiale grazie ai migliori piazzamenti. Stewart saltò due gare a causa di un incidente in Formula 2. Sempre la F2 quell’anno fu la causa della morte del grande Jim Clark, ad Hockenheim il 7 aprile. Stewart si piazzò secondo in classifica. Era già emersa la sua dote principale: una grande fluidità e dolcezza di guida che lo faceva andare forte senza compromettere meccanica e pneumatici, simile in un certo senso allo stile di Fangio.

Ma ciò non vuol dire che fosse uno che si tirava indietro; del resto, le vittorie parlano per lui. Una frase che Stewart ha ripetuto spesso in tante interviste: “Una monoposto di Formula 1 è un po’ come una donna a cui si vuole fare la corte: devi trattarla con gentilezza se vuoi conquistarla, e lei ti asseconderà fino a concedersi; ma all’improvviso può anche cambiare umore e diventare scorbutica, allora devi anche sapere quando è il caso di usare le maniere forti“.

Ormai Stewart era maturo per il titolo mondiale. Nel 1969 La francese Matra affidò l’intera scuderia di F1 a Ken Tyrrell, però la vettura Matra MS80, sempre motorizzata Ford, era notevolmente più veloce della precedente. In un anno di fiorente sperimentazione tecnologica (apparvero le prime ali, sebbene poco affidabili, e ci furono parecchi tentativi di usare la trazione integrale ma nessuno ebbe fortuna) La classica Matra-Ford si rivelò nettamente migliore delle concorrenti; così Jackie Stewart dominò la stagione vincendo 6 gran premi e laureandosi campione del mondo. Fu tale la sua supremazia che in classifica quasì guadagnò il doppio dei punti rispetto al secondo, Jacky Ickx su Brabham-Ford. In Spagna (Montjuic) addirittura diede due giri di distacco al secondo.

 

Jackie Stewart sulla Tyrrell


Nel 1970 Matra e Tyrrell litigarono. L’azienda francese, apparentatasi con la Chrysler, non volle più avvalersi del motore Ford, decidendo invece di sviluppare un proprio propulsore V12. Tyrrell e lo stesso Stewart invece premevano per mantenere i rapporti con la Ford. Così Tyrrell decise di creare una scuderia indipendente e Stewart lo seguì. Intorno al motore Cosworth fu adattato un telaio March. La nuova Tyrrell-Cosworth però soffriva di parecchi problemi di gioventù, quindi si rivelò notevolmente inferiore alla Lotus. Quell’anno Stewart vinse una sola gara (in Spagna) e collezionò ben otto ritiri, classificandosi quinto in classifica.

Nell’ultima corsa in Messico il ritiro fu causato da un cane che gli si parò davanti e lui non poté evitarlo. Il mondiale fu vinto dall’austriaco Jochen Rindt, titolo assegnato alla memoria, poiché morì in un incidente a Monza durante le qualifiche, uscendo di pista alla parabolica con la sua Lotus; il principale inseguitore, Jacky Ickx su Ferrari, non riuscì ad ottenere sufficienti punti nelle quattro gare rimanenti. Quell’anno Stewart aveva in programma di correre alla 24 ore di Le Mans avendo come compagno di squadra il celebre attore Steve McQueen, provetto pilota dilettante. Ma il progetto saltò poiché McQueen, impegnato nelle riprese di un film proprio su Le Mans, non ottenne il via libera dalle compagnie di assicurazione che coprivano la produzione cinematografica.

Nel 1971 la musica cambiò decisamente. La Tyrrell aveva risolto i suoi problemi ed era precisa come un orologio. Il Ford Cosworth era quasi l’unico V8 rimasto (l’altro era quello dell’Alfa Romeo Tipo 33 su telaio March) contro la pattuglia dei V12 di Ferrari, Matra e BRM. La Lotus si perse in un eccesso di sperimentazioni, fra turbina a gas e trazione integrale, oltre a piloti molto giovani, quindi fu fuori dai giochi. La Ferrari stava risorgendo da un buio pluriennale e vinse due gare (Ickx e Mario Andretti). Jo Siffert e Chris Amon si aggiudicarono due gare con la BRM.

Tutto il resto venne portato via da Jackie Stewart che con 6 vittorie conquistò il secondo titolo mondiale, ancora quasi doppiando il primo inseguitore, lo svedese Ronnie Peterson, il quale arrivò secondo senza vincere nemmeno una corsa. Stewart era sempre più lo “scozzese volante”, come veniva soprannominato.

Nel 1972 Jackie ebbe frequenti problemi di salute, dovuti in buona parte allo stress di girare il mondo come una trottola per assolvere a tutti i suoi impegni. Ma trovò il tempo di partecipare anche al campionato europeo turismo su una Ford Capri. In Formula 1 la grande novità fu l’introduzione su tutte le piste di valide barriere di protezione. Uno dei risultati delle battaglie di Stewart in favore della sicurezza. Perché furono vere battaglie, soprattutto contro i gestori dei circuiti. Usando il suo peso come pilota più popolare del momento, organizzò addirittura alcuni boicottaggi da parte dell’insieme dei piloti per convincere i dirigenti più riottosi a dotare le piste di barriere, vie di fuga, attrezzature mediche e personale antincendio. Ciò gli valse parecchie inimicizie nell’ambiente. Molti anni dopo avrebbe detto in un’intervista: “Se mi fossi limitato a dire sempre ciò che la gente voleva sentirsi dire, sarei stato un campione del mondo molto più popolare. Probabilmente morto, ma certamente più popolare“.

La Tyrrell-Ford del 1972 era sempre molto competitiva ma la Lotus-Ford emerse dalle sue nebbie e lanciò il giovane brasiliano Emerson Fittipaldi, il quale fu un durissimo avversario per Stewart. Talmente duro che lo scozzese non riuscì a tenergli testa, così Fittipaldi si aggiudicò il titolo mondiale a Monza con due gare di anticipo; Stewart vinse le due corse restanti, portando il totale stagionale a quattro, ma dovette accontentarsi del secondo posto finale.

 

Formula 1, il ritiro di Jackie Stewart

Formula 1 Jackie Stewart
A quel punto lo scozzese decise di averne abbastanza. Nel 1973 andava per i 34 anni e poteva dirsi soddisfatto, non se la sentiva più di correre rischi ogni volta che saliva in macchina. Quindi decise che al termine di quella stagione avrebbe appeso il casco al chiodo. Ma fino a che ebbe un volante in mano, guidò da par suo. Le Lotus di Fittipaldi e Peterson, soprattuto quella del brasiliano, gli diedero del filo da torcere all’inizio, ma Stewart fu più costante: cinque vittorie gli consegnarono in mano il terzo titolo mondiale già a Monza con due gare d’anticipo.

Tuttavia lo scozzese non prese il via all’ultimo gran premio, negli Stati Uniti, a Watkins Glen. Durante le qualifiche il suo compagno di squadra e buon amico François Cevert ebbe un incidente mortale. Jackie Stewart ne rimase talmente scosso che decise di non partire per la gara (sarebbe stato il suo centesimo gran premio), annunciando quindi pubblicamente il ritiro dalle competizioni. Nel momento in cui Stewart chiuse la carriera, era il pilota col maggior numero di vittorie di sempre. Passarono ben 14 anni prima che il suo record fosse superato, da Alain Prost nel 1987.

 

Jackie Stewart dopo le corse

Formula 1 Jackie Stewart
Jackie Stewart è “Sir“. Gli fu conferito il titolo di membro dell’OBE, Ordine dell’Impero britannico, nel 1971; nel 2001 la regina Elisabetta lo ha poi nominato cavaliere. Stewart per tanti anni ha ricoperto il ruolo di commentatore per diverse emittenti televisive, affiancandolo a quello di consulente per la Ford. Nel 1997 non ha saputo resistere al richiamo di tornare ad un ruolo attivo nelle corse, così ha fondato una propria scuderia di Formula 1, la Stewart Grand Prix, squadra direttamente supportata a livello tecnico dalla Ford. Nel 1999 ottenne la sua unica vittoria con Johnny Herbert nel GP d’Europa al Nürburgring. Al termine di quella stagione la scuderia venne acquistata dalla Ford che la rinominò Jaguar Racing. A sua volta l’azienda americana la cedette nel 2005 all’imprenditore austriaco Dietrich Mateschitz, il quale la rinominò Red Bull Racing.

Negli ultimi anni Jackie Stewart è sempre rimasto vicino all’ambiente delle competizioni, sia come commentatore che in alcuni ruoli commerciali. Oggi promuove attivamente la ricerca e la sensibilizzazione della società sulle cure contro la demenza frontotemporale, malattia di cui soffre sua moglie Helen.

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