La supercar italiana che resta un bel sogno irrealizzato

La storia del prototipo Lamborghini Calà di Italdesign: motore V10, carrozzeria in fibra di carbonio, tetto targa e il ruolo nel videogioco Need for Speed II.

La supercar italiana che resta un bel sogno irrealizzato
F C
Fabrizio Caratani
Pubblicato il 13 ott 2025

C’erano i tornanti da affrontare a 200 all’ora, le ombre pixelate delle palme di “Lost Canyons” e quella strana supercar gialla che sembrava una Lamborghini… ma che Lamborghini non era. Per chi ha passato più di qualche pomeriggio su Need for Speed II, la Calà non è solo una concept car: è un’icona virtuale. Una macchina che esisteva, ma nessuno aveva mai visto dal vivo. Un sogno, o qualcosa di molto vicino.

Trent’anni dopo, la Italdesign Calà è ancora lì, immobile ma viva, conservata come un pezzo raro nei capannoni di Moncalieri. E in fondo, è proprio da lì che viene: non da Sant’Agata Bolognese, ma dai tavoli da disegno di Giugiaro, in un’Italia che sognava — e disegnava — le supercar del futuro, anche quando quel futuro sembrava più confuso che mai.

La Lamborghini che non era (ma lo sembrava)

Presentata al Salone di Ginevra del 1995, la Calà nasceva per un compito ambizioso: immaginare la prima “piccola” Lamborghini, una baby-supercar più compatta e accessibile rispetto alla mastodontica Diablo. Il cuore? Un V10 4.0 litri da 400 cavalli, lo stesso sviluppato per la mai nata P140. Cambio manuale a sei marce, trazione posteriore, e una carrozzeria che sembrava uscita da un fumetto italiano d’autore: scolpita, aerodinamica, quasi orgogliosamente naïf. Con un alettone fisso da far invidia a una GT1 da pista e quelle fiancate scavate per far “respirare” il motore, la Calà era tutto fuorché banale.

Eppure non arrivò mai in produzione. All’epoca, Lamborghini era in mezzo alla sua ennesima traversata societaria, passata dagli americani di Chrysler agli indonesiani di Megatech. E l’idea di investire su un nuovo modello, per giunta da sviluppare ex novo, non era esattamente una priorità. Così, anche la Calà finì nel limbo delle “occasioni mancate”, come troppe concept italiane degli anni ’90.

Dal pad alla realtà

Ma per una generazione cresciuta davanti a un monitor CRT, la Calà non era affatto mancata. Anzi: era diventata una star. In Need for Speed II compariva come Italdesign Calà, forse per motivi di licenza, ma l’immaginario era chiaro: sembrava una Lamborghini, si guidava come una Lamborghini, e nel mondo dei videogiochi bastava questo.

Il realismo lasciava a desiderare — atterraggi da 300 metri senza graffi, e derapate su asfalto come fosse ghiaccio — ma nessuno se ne curava. La Calà era lì, tra una McLaren F1 e una Ferrari F355. E questo bastava a farla entrare nel mito.

Trenta anni dopo

Oggi, quel prototipo dorme lontano dai riflettori, nascosto nel cuore di Italdesign. Ma il suo V10 è ancora funzionante, e basta accenderlo per risvegliare, almeno per un attimo, quel sogno mai realizzato. La Gallardo — la vera “baby Lambo” — sarebbe arrivata solo nel 2003, con il supporto di Audi. Ma la Calà, a suo modo, era arrivata prima. Come visione. Come provocazione.

E forse, anche come promessa: che le auto non sono fatte solo per correre. Sono fatte per far sognare. E la Calà, da trent’anni, ci riesce benissimo.

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