Le fabbriche europee chiuderanno e saranno comprate dai cinesi: la profezia

Carlos Tavares, ex CEO di Stellantis, avverte: l’ingresso dei produttori cinesi in Europa potrebbe portare alla chiusura di dieci fabbriche auto

Le fabbriche europee chiuderanno e saranno comprate dai cinesi: la profezia
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Giorgio Colari
Pubblicato il 9 dic 2025

Il futuro dell’auto in Europa si trova oggi a un bivio cruciale, sospeso tra la necessità di innovazione e la crescente pressione esercitata dai nuovi attori globali, in particolare dalla Cina. L’allarme è stato lanciato in modo netto da Carlos Tavares, ex CEO di Stellantis, durante una recente conferenza economica a Santa Maria da Feira. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni: «Entro cinque anni i produttori cinesi potrebbero conquistare il 10% delle vendite di auto in Europa». Una previsione che, se dovesse concretizzarsi, avrebbe ripercussioni dirompenti sull’intera industria automobilistica europea.

Le strategia degli ultimi anni in UE

Secondo Tavares, le scelte strategiche compiute negli ultimi anni dall’Unione Europea rischiano di rivelarsi un boomerang. La forte rigidità normativa imposta a livello comunitario, con una decisa accelerazione verso la elettrificazione e una sostanziale esclusione di soluzioni tecnologiche alternative, avrebbe – secondo il manager portoghese – creato un contesto favorevole all’espansione delle aziende asiatiche. In un mercato che conta circa 15 milioni di veicoli venduti ogni anno, l’arrivo di 1,5 milioni di auto “made in China” potrebbe rappresentare un vero e proprio shock per la filiera produttiva europea.

L’analisi di Tavares si spinge oltre la semplice constatazione di una minaccia commerciale. L’ex CEO di Stellantis delinea uno scenario in cui la penetrazione dei produttori cinesi porterebbe, in assenza di una risposta coordinata, alla chiusura di almeno dieci stabilimenti in Europa, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Il rischio, secondo Tavares, è quello di innescare un effetto domino: la crisi industriale alimenterebbe tensioni sociali e proteste, a cui i governi risponderebbero aprendo le porte agli investimenti cinesi, pronti a rilevare le fabbriche in difficoltà. Un processo che segnerebbe una progressiva perdita di autonomia tecnologica e produttiva per l’Europa.

Una visione che non trova le persone d’accordo

Questa visione fortemente critica, tuttavia, non trova tutti d’accordo. In alcuni ambienti, la crescente presenza dei marchi cinesi viene interpretata come un’opportunità per rilanciare la innovazione nel Vecchio Continente. La concorrenza, sostengono alcuni analisti, potrebbe costringere i costruttori europei a investire maggiormente in ricerca, sviluppo e sostenibilità, stimolando la nascita di nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia. Inoltre, l’ingresso di nuovi player potrebbe portare a una maggiore diversificazione dell’offerta e a una riduzione dei prezzi per i consumatori finali, favorendo così una maggiore accessibilità alle auto elettriche e a basso impatto ambientale.

Nonostante questi possibili effetti positivi, le preoccupazioni restano elevate soprattutto sul fronte della delocalizzazione della produzione e della conseguente erosione del know-how industriale europeo. Sindacati e rappresentanti del settore sottolineano come la perdita di competenze e di capacità produttiva rappresenti una minaccia non solo economica, ma anche strategica per il futuro del continente. La capacità di presidiare l’intera filiera – dalla ricerca all’assemblaggio, passando per la produzione di componenti chiave – è considerata un elemento essenziale per mantenere la leadership globale nel settore automobilistico.

Dibattito aperto

Il dibattito è dunque più che mai aperto. Se da un lato la rigidità normativa e l’orientamento esclusivo verso la elettrificazione sembrano aver offerto ai produttori cinesi un vantaggio competitivo difficilmente colmabile nel breve periodo, dall’altro la sfida lanciata da Pechino potrebbe rappresentare il catalizzatore di cui l’industria automobilistica europea ha bisogno per reinventarsi e riaffermare la propria centralità. La posta in gioco è altissima: si tratta di decidere se l’Europa sarà in grado di adattarsi e innovare, oppure se rischierà di vedere progressivamente svanire la propria autonomia e il proprio ruolo guida nel panorama automobilistico mondiale.

Le scelte strategiche dei prossimi anni saranno determinanti. Sarà necessario trovare un equilibrio tra la tutela dell’occupazione, la promozione della innovazione e la difesa del patrimonio industriale europeo. Solo così l’Europa potrà affrontare con successo la sfida globale e garantire un futuro sostenibile e competitivo alla propria industria dell’auto.

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