Incentivi auto elettriche: Francia accelera, Italia si ferma
La Francia aumenta gli incentivi per auto elettriche. In Italia, bonus rinviati e accesso limitato agli incentivi.
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Il panorama europeo degli incentivi auto sta vivendo una fase di profonda trasformazione, segnando un solco sempre più evidente tra le strategie adottate dai vari Paesi membri. Da un lato, la Francia si fa promotrice di una politica aggressiva e protettiva, pronta a sostenere il mercato delle auto elettriche di produzione continentale; dall’altro, l’Italia si trova ancora impantanata tra burocrazia e rinvii, con la prospettiva di lasciare indietro ampie fasce di popolazione nella corsa verso la mobilità sostenibile.
La novità più rilevante arriva proprio da Parigi, dove il governo ha annunciato un nuovo contributo di 1.000 euro per chi decide di rottamare un veicolo inquinante e acquistare un’auto ecologica prodotta in Europa, dotata di batteria europea. Questa misura si aggiunge al già corposo bonus ecologico francese, che può raggiungere complessivamente i 4.200 euro, consolidando la volontà della Francia di rafforzare il proprio settore automobilistico e difenderlo dalla crescente concorrenza asiatica. L’obiettivo è chiaro: incentivare l’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale e, allo stesso tempo, proteggere la filiera industriale europea.
In Italia, invece, il percorso appare decisamente più accidentato. L’avvio degli incentivi auto per il 2024 è stato posticipato di almeno un mese, a causa della necessità di aggiornare la mappatura delle cosiddette aree urbane funzionali. Si tratta delle uniche zone i cui residenti potranno accedere ai contributi statali, una scelta che rischia di generare forti disparità territoriali e di penalizzare soprattutto le province e i piccoli centri, storicamente meno serviti dai servizi pubblici e più esposti al rischio di esclusione dalla transizione ecologica.
Il contrasto tra i due modelli appare lampante. Da una parte, la Francia adotta un approccio sistemico, capace di coniugare sostegno economico e protezionismo industriale; dall’altra, l’Italia resta invischiata in questioni procedurali, con il ministro Pichetto Fratin in attesa che l’Istat completi la revisione delle aree ammesse agli incentivi. Nel frattempo, la finestra temporale per accedere ai contributi si restringe e cresce il rischio che ampie fasce di cittadini restino escluse dalle opportunità offerte dal nuovo corso della mobilità sostenibile.
A complicare ulteriormente il quadro interviene la tecnologia cinese, rappresentata in modo emblematico dall’offensiva commerciale di Byd. Il colosso dell’automotive asiatico ha lanciato una campagna particolarmente aggressiva, offrendo fino a 10.000 euro di contributo a chi rottama un’auto inquinante, senza alcuna limitazione geografica o di reddito. Una strategia che mira a conquistare rapidamente quote di mercato in Europa e che mette sotto pressione i governi nazionali, costretti a confrontarsi con la forza d’urto di un’offerta senza precedenti.
Non è un caso che Alfredo Altavilla, consulente di Byd, abbia sottolineato con una punta di ironia come “gli incentivi per poche migliaia di macchine sembrino destinati a svuotare l’oceano con un cucchiaino”. Il riferimento è chiaro: la frammentazione delle politiche nazionali rischia di rendere inefficace ogni sforzo, mentre la concorrenza asiatica avanza con decisione e senza ostacoli burocratici.
Il risultato di questa situazione è una transizione ecologica a più velocità, dove alcune aree del Paese – in particolare il Sud e le province – rischiano di restare indietro nella rivoluzione verde. Le disparità territoriali, accentuate dalla scelta di legare gli incentivi auto alle aree urbane funzionali, potrebbero frenare la diffusione delle auto elettriche e ostacolare il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di sostenibilità ambientale.
Mentre la Francia consolida il proprio modello di bonus ecologico e la Cina – attraverso Byd – punta a rivoluzionare il mercato con offerte senza precedenti, l’Italia appare ancora prigioniera di una burocrazia lenta e di scelte politiche che rischiano di accentuare le disuguaglianze. Il futuro della mobilità sostenibile si giocherà anche sulla capacità dei singoli Paesi di adottare politiche coerenti, inclusive e competitive, in grado di accompagnare tutti i cittadini verso una nuova era dell’automobile, dove la tecnologia e l’ambiente siano finalmente alleati e non più antagonisti.
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