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Auto elettriche: ecco la situazione delle colonnine per la ricarica

Il report Motus-E indica che il numero delle infrastrutture è in forte crescita, ma è essenziale puntare su semplificazione burocratica, agevolazione delle colonnine private e attenzione a densità abitativa, numero degli utenti e tipologia di area.

Ampliare il numero di infrastrutture per la ricarica sulla base di precisi parametri; semplificare i procedimenti burocratici per la loro installazione sul suolo pubblico e nel contempo agevolare gli “hub” privati; migliorare la mappatura delle colonnine. Ecco, in estrema sintesi, le condizioni principali che se realizzate con successo possono in concreto contribuire all’ulteriore diffusione della mobilità elettrica in Italia. Ad indicarle è Motus-E, associazione nazionale che raggruppa operatori industriali, filiera automotive, mondo accademico e movimenti di opinione con l’obiettivo di puntare i riflettori sull’evoluzione dei sistemi di trasporto in chiave “zero emission”.

Nel rapporto “Le infrastrutture di ricarica pubbliche in Italia”, redatto da Motus-E, vengono innanzitutto ribaditi i fattori principali di sviluppo della e-mobility:

  • diffusione dei veicoli elettrici
  • installazione di un’adeguata rete di infrastrutture per la ricarica.

Auto elettriche in costante aumento

Il primo “punto” appare già favorevole: dati alla mano, come dimostrato dalle più recenti rilevazioni di mercato, il 2020 ha rappresentato un anno-exploit per le auto elettriche. Cifre alla mano, gli esemplari di modelli “alla spina” immessi in circolazione in Italia lo scorso anno sono stati 32.538, corrispondenti ad una quota di mercato del 2,3% (era appena dello 0,5% a fine 2019) e, in termini assoluti, più delle auto a metano (31.613) e delle stesse ibride plug-in che sono state 27.408. In buona sostanza: l’aumento, rispetto all’anno precedente ha raggiunto un valore più che triplo (10.577 nel 2019). Ciò, anche grazie alla “spinta” degli incentivi all’acquisto, che la legge di Bilancio 2021 ha confermato ed ulteriormente rifinanziato.

In parallelo, per legge di concorrenza e di mercato, si assiste ad una graduale crescita dei modelli disponibili alla vendita, ed in una via via maggiore accessibilità per prezzi di vendita.

Il ruolo essenziale delle infrastrutture

L’evoluzione dello scenario legato all’auto elettrica rimane – e c’è da giurarci che sarà così per un bel pezzo – legata a filo doppio alla diffusione delle infrastrutture per la ricarica delle batterie. In questo senso, evidenzia il report Motus-E, il panorama è anch’esso in evoluzione: sebbene ci si trovi a dover fare i conti con l’emergenza sanitaria e con una notevole crisi dei consumi, la stima Motus-E rileva che in Italia, a fine dicembre 2020, il numero di punti di ricarica ammontava a 19.324 unità complessive, a loro volta collocate in 9.709 “hub” pubblici (+35% sul 2019). La crescita, su base annua, è stata del 39%, e la relativa ripartizione media basata come segue:

  • 80% delle colonnine su suolo pubblico
  • 20% in aree private ad uso pubblico (ad esempio parcheggi dei supermercati e dei centri commerciali)
  • 96% a corrente alternata (ovvero colonnine “slow”, fino a 7 kW, e “quick” fino a 22 kW)
  • 4% a corrente continua (colonnine a ricarica rapida e ultrarapida).

Notevoli differenze fra nord e sud

Riguardo alla collocazione geografica delle colonnine, salta all’occhio la notevole concentrazione dei punti di ricarica nelle regioni settentrionali in rapporto all’Italia centrale e meridionale.

  • Nord: 57%
  • Centro: 23%
  • Sud: 20%.

Su base regionale, la palma di area con più “hub” installati spetta alla Lombardia, che guida la graduatoria nazionale con 3.326 punti di ricarica installati a tutto il 2020. Seguono, nell’ordine: Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, Veneto e Toscana (insieme, le prime sei regioni arrivano ad incidere per oltre il 60% sul totale delle installazioni nazionali).

  • Lombardia: 3.326 stazioni di ricarica presenti
  • Piemonte: 2.048
  • Emilia Romagna: 1.827
  • Lazio: 1.739
  • Veneto: 1.732
  • Toscana: 1.713
  • Trentino-Alto Adige: 915
  • Sicilia: 835
  • Puglia: 773
  • Sardegna: 549
  • Liguria: 534
  • Campania: 523
  • Marche: 446
  • Umbria: 455
  • Abruzzo: 449
  • Calabria: 449
  • Friuli-Venezia Giulia: 388
  • Valle d’Aosta: 329
  • Basilicata: 159
  • Molise: 115.

Il rapporto Italia-Europa

In un ambito europeo – questione-chiave per il futuro della mobilità in Europa, dove è stata di recente ribadita la neutralità climatica entro il 2050 a cominciare da un’accelerazione (dal 40% al 55%) del taglio alle emissioni di CO2 entro il 2030 -, la situazione è analoga, riporta Modus-E: alcuni Paesi UE dispongono di un network di colonnine pubbliche maggiormente capillare in rapporto ad altri. Rispetto alla Cina, che conta circa 552.000 stazioni per la ricarica, ed agli USA, dove ce ne sono circa 79.000, i quattro “big player” europei in materia di sviluppo della rete di infrastrutture sono Olanda (che attualmente consta di poco meno di 62.000 “hub”), Germania (circa 43.780), Regno Unito (36.500) e Norvegia (16.950).

Cosa c’è da fare

Sulla base del consuntivo nazionale all’inizio del 2021, Motus-E si augura la rapida istituzione di una Piattaforma Unica Nazionale (PUN) in cui convogliare, in un unico database, tutte le informazioni connesse alle infrastrutture pubbliche presenti sul territorio italiano

In sintesi, ecco i punti essenziali sui quali Motus-E invita a porre attenzione per lo sviluppo della mobilità a zero emssioni.

  • Semplificare l’iter burocratico per le installazioni, magari attraverso un procedimento unico per la richiesta di autorizzazione alla manomissione e occupazione di suolo pubblico, contestuale ad un’autorizzazione di manomissione di suolo e intervento sulle reti ai gestori della rete di distribuzione
  • Inserire le colonnine di ricarica fra le “voci” esentate dal Canone Patrimoniale Unico
  • Rendere più rapidi i tempi di allaccio da parte delle società di distribuzione dell’energia e pianificazione, insieme a questi ultimi, del posizionamento delle installazioni HPC sulla rete a media tensione
  • Rimodulazione delle tariffe di ricarica e degli oneri di connessione, con l’obiettivo di favorire l’integrazione dei veicoli con la rete
  • Definire un piano nazionale di infrastrutture ad elevata potenza.

Occorre una cabina di regia nazionale

Per giungere alla realizzazione di quanto sopra elencato, osserva l’analisi Motus-E, è necessario che venga a crearsi una figura di controllo che uniformi quanto messo in atto, a differenti velocità, in ambito regionale e locale, a cominciare dalla “Revisione del PNIRE (Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica) e dei suoi obiettivi di diffusione delle infrastrutture”. Fra le proposte di intervento individuate da Motus-E:

  • Accentrare la responsabilità dei finanziamenti e del monitoraggio delle installazioni verso il Ministero
  • Prevedere una deroga alla normativa sugli aiuti di Stato per le infrastrutture di ricarica pubbliche, come già attuato, ad esempio, in Germania, Regno Unito e Francia
  • Creare la Piattaforma Unica Nazionale (PUN) di tutte le colonnine ad accesso pubblico e raggruppando le categorie in un’unica modalità di gestione dei fondi, formando una graduatoria unica nazionale con assegnazione diretta agli operatori
  • Creare un meccanismo di collaborazione virtuoso tra Regioni e DSO per l’individuazione delle esigenze di ricarica in base ai flussi di traffico (es. vie ad alto scorrimento) e dei nodi in cui la rete possa accogliere potenze di connessione elevate (HPC)
  • Stabilire un piano per le ricariche ad alta potenza e un sostegno finanziario agli operatori che lo implementino (CPO, distributori di carburante, luoghi privati accessibili al pubblico, reti dedicate alla logistica urbana)
  • Considerare un potenziamento della rete di distribuzione sia per venire incontro alle esigenze dei clienti EV sia per favorire la penetrazione di soluzioni per la ricarica «smart» (come il vehicle-to-grid) sempre più mature, anche con una gestione efficiente della rete, congestioni, equilibri di carico e picchi di domanda (ad esempio, con l’utilizzo delle tecnologie “Vehicle-to-Grid” per bilanciare i carichi della rete elettrica).

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