Home Motorsport Formula 1 Michael Schumacher 50 anni: la carriera del campionissimo

Michael Schumacher 50 anni: la carriera del campionissimo

Ripercorriamo i successi del pilota più vincente di tutti i tempi in Formula 1. Dagli inizi in Benetton ai trionfi con la Ferrari


Da dove cominciamo, nel nostro omaggio a Michael Schumacher che compie 50 anni il 3 gennaio 2019? Saliamo sulla macchina del tempo e torniamo a domenica 8 settembre 1991. Monza, Gran premio d’Italia di Formula 1. Ayrton Senna è avviato verso la conquista del suo terzo titolo mondiale. Ma sulla pista brianzola si trova attardato dopo un cambio gomme. Esce dal box in quinta posizione. Sta per completare il giro, davanti a sè trova la gialloverde Benetton-Ford guidata da un principiante, un giovane tedesco di 22 anni. Quel matto di Flavio Briatore ne ha combinata un’altra delle sue, affidando la macchina ad un ragazzo la cui intera esperienza in F1 è stata la qualifica del GP del Belgio a Spa due settimane prima. E’ vero, ha ottenuto il settimo tempo su una Jordan tutt’altro che competitiva, e pare che non conoscesse nemmeno la pista. Sciocchezze della stampa, senz’altro. Poi un giro fortunato può capitare a tutti. E in gara non ha combinato nulla, si è ritirato al primo giro per un guasto. Strano personaggio, quel Briatore.

Eccentrico, certo. Ma Briatore ha sempre dimostrato di possedere fiuto per il talento (undici anni più tardi avrebbe pescato dal nulla un altro jolly sconosciuto, un certo Fernando Alonso). Se ne rese conto immediatamente lo stesso Senna quel pomeriggio a Monza. Perché quell’esordiente al volante della Benetton, vettura per lui ancora ignota dato che ci era appena salito, arrivato in fondo al rettilineo della Parabolica col campione del mondo che gli riempiva gli specchietti non ci pensò proprio a farsi da parte; invece approfittò della presenza di un doppiato per togliere spazio all’esterno, mentre lui chiuse la porta all’interno, proprio nel punto giusto, non un metro prima né un metro dopo.

Così il velocissimo Senna fu costretto ad attendere. Del resto se dopo 37 giri Michael Schumacher riusciva ancora a difendere la quarta posizione, proprio sprovveduto non doveva essere. Traguardo, prima variante, curvone, Lesmo 1 e 2, Senna ancora dietro. Seccante. Solo in fondo al rettilineo che precede la variante Ascari, il brasiliano riesce a superare quel giovincello irrispettoso, il quale comunque capisce che è il momento di farsi da parte, troppo più veloce la McLaren. Forse Briatore non è così matto, dopo tutto.

 

Michael Schumacher 50 anni: gli scontri con Ayrton Senna


Fu questo il vero biglietto da visita con cui Michael Schumacher presentò se stesso alla Formula 1: blindare per un giro il tricampione del mondo su una macchina nettamente inferiore, tramite pura abilità e determinazione. Ma da dove sbucava questo ragazzo che Briatore tirò fuori dal cilindro? La sua scheda anagrafica non diceva un gran che. Data di nascita 3 gennaio 1969, Germania, vicino a Colonia (un sobborgo chiamato Hürth). Famiglia di pochi mezzi economici, nessuna ascendenza nel mondo dei motori. Inizio nel kart, come tanti altri. Vittoria nel campionato tedesco di Formula 3 del 1990, interessante. Pilota del vivaio Mercedes con i prototipi di Gruppo C, una vittoria in Messico in coppia con quel vecchio arnese di Jochen Mass. Quinto posto assoluto alla 24 ore di Le Mans nel giugno 1991, dove ha fatto anche registrare il giro più veloce in gara; però, mica male il ragazzo. No, Briatore non è per nulla matto.

L’ascesa di Schumacher in F1 è rapida e impetuosa. Nel 1992 arriva la prima vittoria, in Belgio; sul bagnato, uscendo dai box su gomme da asciutto, riesce a tenere dietro un furioso Nigel Mansell sulla stratosferica Williams di quell’anno. Ma in questi mesi trova anche il modo di scontrarsi molto da vicino con Senna. Così come il brasiliano agli inizi non guardava in faccia a nessuno e s’infilava ovunque ci fosse spazio (a volte anche se non c’era), Schumacher non soffre di timori reverenziali e attacca il grande Ayrton in pista e sulla stampa.

Famoso quel discorsetto a Magny Cours sotto le telecamere ma lontano dai microfoni, in cui Senna con maglioncino salmone prende sottobraccio il giovane scavezzacollo e gli spiega i fatti della vita; poco prima quel ragazzaccio lo aveva speronato al primo giro mandandolo fuori gara; in precedenza, in Brasile, lo aveva attaccato sulla stampa per averlo ostacolato (ma Senna aveva problemi elettronici) senza nemmeno cercare spiegazioni dirette. Per non parlare della sessione di test ad Hockenheim la settimana precedente al gran premio, in cui il tedesco rallenta bruscamente il brasiliano in rettilineo e questi gli imputa di averlo fatto apposta, andando a cercarlo nel box agitando i pugni.

Ad ogni modo, Schumi ottiene parecchi piazzamenti e chiude la stagione al terzo posto in classifica, proprio davanti ad Ayrton. Nel 1993 raggiunge già la maturità agonistica. Tanti punti e un’altra vittoria, in Portogallo. Quarto posto finale dietro alle due spaziali Williams e ad un Senna in stato di grazia. Il ragazzo ormai è diventato adulto.

 

Schumacher campione del mondo


Nel 1994, dopo il ritiro di Alain Prost e il conseguente passaggio di Senna alla Williams, appare chiaro che il vero rivale del brasiliano per il titolo mondiale sarà proprio Michael Schumacher. Soprattutto perché il cambio dei regolamenti con l’abolizione delle sospensioni attive rende la Williams molto meno spaziale. Sappiamo tutti com’è andata. Schumi ha approfittato nelle prime due gare dei ritiri di Senna per un errore suo e un tamponamento da parte di Mika Hakkinen. Poi ad Imola, in quel disgraziato weekend, il mondo delle corse cambiò per sempre.

Resi gli omaggi finali al grande Ayrton, la competizione deve andare avanti e Schumacher si ritrova con un consistente vantaggio in classifica che aumenterà ancora. Damon Hill, rimasto unico avversario, ci metterà un bel po’ a reagire ma poi riuscirà a condurre la sua Williams fino ad annullare lo svantaggio. Ultima gara in Australia, Schumi +1, Hill tenta di superarlo e il tedesco gli va addosso, fuori entrambi. Polemiche a non finire ma i commissari non ravvisano scorrettezze. Michael Schumacher è campione del mondo. Nel 1995 ci sarà il bis, questa volta senza troppi patemi, tenendo a distanza Hill fino a conquistare matematicamente il titolo con due gare d’anticipo.

 

Michael Schumacher alla Ferrari: i primi anni


Il pilota tedesco era in trattative con la scuderia di Maranello fin dai primi mesi dell’anno, in estate è stata apposta la firma sul contratto. Quindi nel 1996 Michael Schumacher approda alla Ferrari. Una squadra proveniente da troppi anni di amarezze. La nuova macchina non è malvagia ma è ancora troppo lontana dalle Williams-Renault, sia in termini di prestazioni che di affidabilità. Ciò nonostante, Schumacher riesce a mettere sul piatto tre vittorie, classificandosi al terzo posto mondiale. La strada per tornare al successo si prospetta lunga.

Nel 1997 però sembra che le cose siano tornate a posto. Infatti il tedesco dà vita ad un appassionante duello con la Williams di Jacques Villeneuve. Un tira e molla che si risolve solo all’ultima gara stagionale, il GP d’Europa a Jerez. Ancora Schumi ha un punto di vantaggio. Parte meglio e resta in testa a lungo; Villeneuve lo raggiunge e tenta il sorpasso al 48° giro; Schumi non se l’aspetta e reagisce colpendolo duramente, uscendo di pista. Jacques riesce a proseguire e a tagliare il traguardo, soffiandogli il titolo mondiale. Schumacher verrà successivamente anche squalificato, addirittura escluso dalla classifica mondiale.

Nel 1998 la vettura da battere è la McLaren-Mercedes. Mika Hakkinen accumula un certo vantaggio, Schumacher recupera in estate. Ultima gara, a Suzuka, il finlandese deve amministrare 4 punti di vantaggio. Schumacher centra la pole position ma prima del giro di ricognizione incredibilmente gli si spegne il motore, quindi deve partire in ultima posizione. Hakkinen s’invola in testa, Schumi ingaggia una rimonta forsennata, risale fino al quinto posto ma poi una foratura gli fa terminare la gara anzitempo. “Non è cosa”, dicono a Napoli, così Mika diventa campione del mondo.

Arriva il 1999, la lotta tra Ferrari e McLaren è più serrata che mai. Equilibrio praticamente totale fra i quattro piloti (anche David Coulthard ed Eddie Irvine sono in corsa). Poi a Silverstone accade il fattaccio: Schumi va dritto alla curva Stowe, tradito dai freni. Va a sbattere contro le pile di gomme e si frattura la gamba destra. Salterà sei gran premi per ristabilirsi, stagione in fumo. Torna nelle ultime due gare, tenta di aiutare Irvine a conquistare il mondiale ma all’irlandese manca il guizzo vincente. Hakkinen intasca il secondo titolo iridato.

 

Schumacher a Maranello: i trionfi


Prova e riprova, nel 2000 è la volta buona. Schumacher e la Ferrari partono a razzo: 5 vittorie nelle prime 8 gare. Ma nella seconda parte della stagione Hakkinen recupera, fino a scavalcare l’avversario in classifica dopo il GP del Belgio. Però questa volta la storia è diversa. Schumi e la rossa sono una cosa sola, non sbagliano più un colpo e vincono tutte le 4 gare rimanenti. Il titolo mondiale piloti torna a Maranello al termine della penultima corsa, a Suzuka, dopo 21 stagioni di digiuno.

Nel 2001 la Ferrari è decisamente in palla, superiore sia alla McLaren che alla ritrovata Williams-BMW. Schumacher prende subito il largo, controlla la situazione e in Ungheria si conferma campione con 4 gare d’anticipo. Batte anche il record di vittorie di Prost. Il 2002 vede una stupenda cavalcata solitaria. Schumi lancia il Cavallino rampante a briglia sciolta nelle grandi praterie d’asfalto della Formula 1. Vince 5 delle prime 6 gare, 11 gran premi in totale. Incamera matematicamente il titolo già in Francia, quando ci sono ancora 6 corse da disputare. Quinto titolo personale, Michael Schumacher raggiunge Juan Manuel Fangio.

Nel 2003 invece le cose non sono facili. La McLaren torna competitiva, il suo alfiere è Kimi Raikkonen. Il finlandese non ha particolari guizzi ma è regolare come un orologio, così arriva all’ultima gara ancora con qualche chance residua di contendere il titolo al ferrarista. Tuttavia nove punti di vantaggio sono un po’ troppi. Schumacher amministra e, arrivando ottavo, conquista il sesto alloro iridato. Nel 2004 invece ci sarà l’apoteosi. Ferrari e Schumacher, Schumacher e Ferrari. Non ce n’è per nessuno. Il tedesco vince 12 delle prime 13 gare (a Montecarlo viene tamponato da Juan Pablo Montoya sotto safety car). Non ha battuto gli avversari, li ha annientati. La matematica ha decretato la conquista del suo settimo titolo mondiale a Spa, a quattro gare dal termine. Un altro successo a Suzuka porta il bottino finale a 14 gran premi in una stagione. Un massacro.

 

La lotta con Alonso, il primo ritiro e il ritorno alla Mercedes


Nel 2005 le alterne fortune della vita e dello sport fanno girare la ruota verso la Renault. La Ferrari non indovina la macchina, forse riteneva che quella dell’anno precedente bastasse. Errore colossale. La stagione parte male e finisce peggio. Schumacher non riesce ad essere realmente competitivo; anche la McLaren sopravanza le rosse. Il tedesco chiude la stagione al terzo posto, lontanissimo sia dal nuovo campione, Fernando Alonso, che dal secondo, Raikkonen.

Nel 2006 la Ferrari si riprende, però ci mette un bel po’. Nel frattempo Alonso e la Renault prendono il largo. Schumi è stanco, medita di ritirarsi, però non ci sta a passare da comprimario. Combatte e recupera. A Monza vince la sesta delle sue sette gare nella stagione. Ma dopo il gran premio annuncia che si ritirerà al termine del campionato. Vuole chiudere alla grande, il tedesco ormai vede Alonso in scia. Vince in anche in Cina, i due sono ora a pari punti. La Ferrari è a questo punto la macchina da battere. Schumi vola via, sembra fatta, invece la meccanica lo tradisce: il motore va KO. Alonso vince il gran premio.

Una gara dal termine, 10 punti da recuperare (il saldo delle vittorie sarebbe a favore del tedesco): troppi. Solo la matematica crede che la questione sia ancora aperta, ma in Brasile Schumacher corre essenzialmente per far vincere il titolo costruttori alla Ferrari. Quasi incamera la pole position, ma un guasto in Q3 lo farà partire dal decimo posto in griglia. Alonso mette già in frigo lo champagne o la sangrìa, ormai è fatta. Si parte, Schumi attacca alla garibaldina ma fora una gomma tentando di superare la Renault di Giancarlo Fisichella. Riesce ad arrivare ai box ma esce doppiato di un giro. Anche il titolo costruttori resta alla Renault. Il tedesco corre per lo spettacolo e ne regala in quantità, tempi record e sorpassi mozzafiato, riuscirà a raggiungere la quarta posizione. Chiude in bellezza, anche senza vincere.

Michael Schumacher si ritira. Il suo bilancio al termine della stagione 2006 è di 7 titoli mondiali, 91 gran premi vinti e 68 pole positions. Rimarrà invariato anche dopo il suo ritorno nel 2010 dopo tre anni di assenza. La Mercedes lo rivuole a casa. Trascorrerà tre stagioni malinconiche su una vettura non competitiva. Mai nemmeno un podio. Aumenterà solo il numero di corse disputate, ben 307 in 19 stagioni. Si ritirerà al termine del 2012. Poi il 29 dicembre 2013 quell’incidente sugli sci che quasi lo uccide, provocandogli gravissimi danni neurologici. Ci fermiamo qui. Speculazioni ne sono state fatte fin troppe. Preferiamo ricordare solo quella lunga serie di successi, soprattutto in rosso. Nessuno potrà cancellarli.

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