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Enzo Ferrari: oggi l’anniversario di nascita del commendatore

Sono passati 122 dalla venuta al mondo di Enzo Ferrari, che tra mille difficoltà seppe creare un mito capace di unire nel segno delle emozioni gli appassionati di tutte le latitudini.

 

Il 18 febbraio 1898 nacque Enzo Ferrari, uomo dal carisma unico e inimitabile che seppe creare il più grande mito dell’automobilismo mondiale. Nessuno si è dimenticato di lui: anche se il tempo scorre, il ricordo dei grandi personaggi resta vivo nel cuore degli appassionati, che vivono con amore il legame con la Ferrari.

Del resto stiamo parlando di un’azienda che ha fatto sognare ad occhi aperti, con le sue auto da gara e stradali. Senza il commendatore l’universo delle quattro ruote avrebbe avuto un fascino nettamente inferiore.

Enzo Ferrari, inseguendo le sue idee e i suoi desideri, ha creato una leggenda senza confini, che scatena entusiasmo e passione in ogni angolo del mondo. Le sue opere si sono fissate e continuano a fissarsi nel cuore della gente. Ovunque le “rosse” sono amate o, quantomeno, ammirate, per quello che rappresentano.

Oggi, a 32 anni dalla sua dipartita (avvenuta il 14 agosto 1988), vogliamo ricordare Enzo Ferrari intrecciando le sue vicende con quelle relative alla nascita del marchio Ferrari. Al più grande personaggio dell’automobilismo di tutti i tempi vogliamo indirizzare anche il nostro ringraziamento per quello che ha fatto e per le emozioni che ci ha regalato.

Enzo Ferrari: la sua storia

Enzo Ferrari, nasce a Modena il 18 febbraio del 1898, in una gelida e nevosa giornata che costringerà la madre Adalgisa a denunciare il lieto evento all’ufficio dello stato civile con due giorni di ritardo. Il padre Alfredo, uomo della media borghesia emiliana, dirige un’officina di carpenteria metallica che lavora prevalentemente per conto delle Ferrovie dello Stato.

Al 1903 risale il primo e fatidico incontro di Ferrari con l’automobile, che segnerà l’inizio di un lungo e granitico idillio, destinato a entrare nella storia. In quell’anno il padre acquista una scintillante De Dion Bouton 3 cv e per il giovane discendente è amore a prima vista! Nella rimessa di famiglia a quella deliziosa auto faranno seguito una Marchard bicilindrica e una Diatto tre litri torpedo.

Alla tenera età di 10 anni Enzo viene accompagnato dal genitore ad una competizione automobilistica sul circuito di Bologna, lungo la via Emilia. La gara, vinta dall’asso del volante Felice Nazzaro, lo impressiona a tal punto da seminare in lui una passione molto forte, dalla quale non riuscirà mai più a staccarsi.

Nel 1914 Ferrari, costretto ad una forzata interruzione degli studi alla terza tecnica, inizia la sua attività di istruttore presso la scuola tornitori dell’officina dei pompieri di Modena. Pochi mesi dopo firma per la “Gazzetta dello Sport”, all’età di soli sedici anni, un articolo sull’incontro di calcio Internazionale-Modena. Quella di diventare giornalista sportivo rimarrà a lungo una delle sue aspirazioni segrete.

Nel 1916 una doppia tragedia colpisce la famiglia Ferrari: a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro scompaiono il padre e il fratello di Enzo. Durante la prima guerra mondiale il giovane modenese parte per prestare sevizio militare presso il III reggimento Artiglieria da montagna in Val Seriana, rischiando la vita nel 1918, a causa della micidiale epidemia influenzale che investì il continente in quel periodo.

Nell’inverno dello stesso anno, dopo una prolungata degenza in ospedale, viene riformato dall’esercito italiano, nel quale ha prestato servizio anche come meccanico di motori aerei. Una volta ristabilito e forte di una lettera di presentazione firmata dal suo colonnello, quando ancora era soldato, si presenta alla Fiat per cercare lavoro, ma il rigetto della sua istanza lo delude profondamente, alimentando in lui un notevole sconforto.

La passione per l’automobile lo spinge ugualmente a tentare l’avventura nel mondo delle quattro ruote, pur nella consapevolezza che lo stato di guerra in cui si trova il paese in quel periodo, con le sue proibizioni alla circolazione dei veicoli privati, non offre molto ossigeno al mercato.

Alla fine del 1918 trova occupazione a Torino in qualità di collaudatore presso un’azienda che si occupa della trasformazione dei camion leggeri Lancia Zeta in telai, sui quali verrà montata una carrozzeria di automobile. Il suo compito è quello di testare gli chassis così modificati e di consegnarli alla carrozzeria Italo-Argentina di Milano, che si occuperà di trasformarli in eleganti torpedo, assai desiderati in un mercato affamato di automobili nuove.

La revoca alle pesanti restrizioni sul traffico del 24 dicembre apre infatti la strada ad una espansione sempre più forte dell’industria di settore. I frequenti viaggi da Torino a Milano mettono in contatto Ferrari con l’ambiente automobilistico meneghino, permettendogli di stringere un bel rapporto di amicizia con Ugo Sivocci, pilota della fabbrica d’auto Costruzioni Meccaniche Nazionali (Cmn), con sede nel capoluogo lombardo.

Ed è proprio su segnalazione di Sivocci che la stessa Cmn poco dopo lo assume, prima come collaudatore e poi come pilota della squadra corse. Il suo esordio in gara risale al 1919, nella corsa in salita Parma-Poggio di Berceto, dove si classifica al quarto posto nella categoria tre litri, alla guida di una 4 cilindri di 2300 cc, Cmn 15/20.

Il 23 novembre dello stesso anno si presenta ai nastri di partenza della Targa Florio, in Sicilia, ma un problema al serbatoio della benzina gli fa perdere oltre quaranta minuti, costringendolo al nono posto in classifica. Nel 1920, dopo aver affrontato con alterne fortune alcune gare alla guida di una Isotta Fraschini 100/110 IM Corsa, va a lavorare all’Alfa di Milano, che ha in allestimento alcune vetture di nuova concezione per la Targa Florio di quell’anno.

Enzo prende parte in prima persona alla massacrante maratona madonita. Alla guida di una Alfa Romeo 4.5 litri conquista il secondo posto assoluto. Nasce da quel momento una proficua collaborazione con la casa del Biscione che durerà vent’anni e lo porterà a ricoprire incarichi di collaudatore, pilota, collaboratore commerciale per le filiali dell’Emilia e delle Marche e, infine, direttore del reparto Corse fino al novembre 1939.

Nelle vesti di pilota ufficiale dell’Alfa, Ferrari partecipa a diverse competizioni del 1921, raccogliendo lusinghieri risultati, come il 5° posto alla Targa Florio, nel mese di maggio, ed il 2° posto al Circuito del Mugello, nel mese di luglio. Sempre nel ’21, alla vigilia del Gran Premio di Brescia di settembre, che lo vede impegnato nella categoria gentleman, riporta anche il suo primo vero incidente, uscendo di strada per evitare l’impatto con una mandria di mucche che stava attraversando il percorso di gara.

Nel 1923 gareggia e vince sul circuito del Savio, a Ravenna, dove conosce il padre del leggendario asso dell’aeronautica italiana della prima guerra mondiale Franceso Baracca. Da quell’incontro nasce il successivo, con la madre, contessa Paolina che, colpita dal coraggio e dall’audacia del giovane Enzo, si presenta a lui con il simbolo riportato sulla carlinga dell’aereo del figlio, il famoso cavallino rampante, invitandolo a metterlo sulle sue auto. Gli dice pure, quasi precorrendo i tempi: “Le porterà fortuna!”

Il cavallino è nero e Ferrari lo adotta, limitandosi ad aggiungere il fondo giallo canarino, che è il colore di Modena. Purtroppo più di un problema assilla l’Alfa e il suo reparto corse in quei grigi mesi: la P1 con motore sei cilindri da due litri non riesce a reggere il confronto con l’agguerrita concorrenza. La delusione per i frequenti insuccessi, spinge i vertici della casa del Biscione a dare incarico al pilota modenese di sottrarre alla Fiat alcuni tecnici di valore, in grado di risollevare le sorti della squadra corse.

In questa veste Enzo comincia ad affinare uno dei suoi più grandi pregi: la profonda conoscenza degli uomini, la capacità di giudicarli, di usarli e di valorizzarli. Grazie a lui in Alfa arrivano dalla Fiat Luigi Bazzi, suo futuro uomo di fiducia, e Vittorio Jano, progettista di notevole caratura che a Milano darà vita, tra le altre, a quella formidabile P2 che tanto peso avrà nella storia sportiva dell’azienda.

Per il modenese è una rivincita di orgoglio nei confronti di quella Fiat che, in precedenza, gli aveva inferto la mortificazione di negargli il posto di lavoro. Nel 1924 Enzo Ferrari consegue il suo più grande successo di pilota, vincendo la coppa “Acerbo” a Pescara. In quell’anno ottiene anche il suo primo riconoscimento ufficiale dallo Stato, ricevendo la carica di Cavaliere per meriti sportivi e diventando poi, nel 1925, Cavaliere Ufficiale.

La sua innata passione per il giornalismo lo porta ad essere fra i fondatori, a Bologna, del “Corriere dello Sport”. Risale al 1927 l’investitura al titolo di Commendatore, ottenuto grazie ai prestigiosi servizi resi al Paese in campo sportivo. Nello stesso anno vince il circuito di Modena con l’Alfa Romeo 6C1500 SS. Al volante di una vettura uguale, il 20 maggio del 1928, si aggiudica la seconda edizione di quella gara.

Nel 1929 fonda a Modena, in via Trento e Trieste, la Scuderia Ferrari, società sportiva con lo scopo di far correre i propri soci. È il momento che segna l’inizio dell’avventura agonistica che porterà alla nascita di una vera e propria squadra corse dell’Alfa Romeo, con la quale stringe un accordo di assistenza. Contratti di collaborazione vengono stipulati anche con Bosh, Pirelli e Shell.

Il 9 agosto del 1931 corre da pilota la sua ultima gara, il circuito delle tre Province, arrivando secondo, alle spalle di Nuvolari, alla guida di un’Alfa Romeo 8C 2300 MM. La nascita del figlio Alfredo (Dino, 19 gennaio 1932) e i sempre più fitti impegni come direttore della Scuderia lo conducono alla amara decisione di appendere il casco al chiodo e di ritirarsi dalle competizioni.

Da questo momento la squadra corse diventa per lui qualcosa di veramente professionale. Ferrari comprende i suoi limiti di pilota e percepisce distintamente i sintomi di quel sogno che lo porterà a diventare costruttore. Nel 1933 l’Alfa Romeo, a causa di problemi di natura finanziaria, annuncia la sua decisione di ritirarsi dalle corse. Ad Enzo sembra l’apertura tanto desiderata, ma si rende conto di non essere finanziariamente all’altezza del passo.

Per fortuna la Pirelli intercede, convincendo l’azienda a fornire alla Scuderia sei vetture modello P3, insieme alla consulenza dell’ingegner Bazzi e del tester Marinoni. È proprio in questo momento che la creatura di Ferrari diventa il reparto corse della casa del Biscione. La Scuderia vedrà alternarsi nelle proprie file grandissimi campioni, quali Giuseppe Campari, Louis Chiron, Achille Varzi e, addirittura, il mitico Tazio Nuvolari. Nel 1937 la squadra dell’emiliano costruisce l’Alfa Romeo 158 “Alfetta”, che dominerà le più importanti competizioni internazionali.

Il progettista dello straordinario bolide è Gioacchino Colombo, mentre all’ingegnere Massimino va il merito di aver studiato la efficace sospensione posteriore. Nel 1938, dopo che l’Alfa decide di riassorbire il reparto sportivo, la Scuderia Ferrari viene chiusa ed Enzo riceve l’incarico di direttore tecnico della divisione Corse, sotto la supervisione di Wilfredo Ricart, capo del reparto ingegneristico.

Lo stato di subordinazione e i continui contrasti con Ricart rappresentano tuttavia per Ferrari situazioni insopportabili, che lo indirizzano a separarsi dalla casa milanese, non senza pretendere una lauta ricompensa. Forte del fatto di essere stato l’artefice della nascita dell’esemplare 158, riesce a vendere alla casa madre auto e disegni del vittorioso modello, anche se dell’Alfa erano tutti i tecnici e disegnatori che si erano occupati del suo progetto. Riesce anche ad ottenere anche un assegno per aver curato l’impegnativo ufficio di Direttore del reparto Corse.

Il contratto di liquidazione prevede tuttavia che Ferrari, all’abbandono dell’Alfa, non possa costruire bolidi da corsa né gestire scuderie per un periodo di quattro anni. Una clausola ben precisa gli vieta espressamente l’uso del suo nome in quell’intervallo di tempo, ma il grande uomo modenese, alla sua uscita dalla casa del Biscione, avvenuta nel novembre del 1939, individuerà il sistema per eludere il restrittivo vincolo.

Il desiderio di sconfiggere l’Alfa Romeo diventa per Ferrari una priorità assoluta, una sorta di sfida alla “madre” ingrata. Fonda a Modena la “Auto Avio Costruzioni”, nel garage di Viale Trento e Trieste, che inizialmente si limita a produrre e vendere parti meccaniche. Nel quartier generale della vecchia Scuderia, approfittando di una deroga, inizia la costruzione di due auto per la Mille Miglia.

Si tratta di modelli tipo 815 (1500cc, 8 cilindri) che verranno condotti in gara dal giovane Alberto Ascari e dal marchese Lotario Rangoni Machiavelli di Modena. Nel 1943, in piena guerra, l’azienda si trasferisce da Modena a Maranello, dove viene costruito il primo insediamento di quella che sarà destinata a diventare la sede della Ferrari, lavorando per la Compagnia Nazionale Aeronautica di Roma, la Piaggio e la RIV, e producendo rettificatrici oleodinamiche per la fabbricazione di cuscinetti a sfera.

All’origine del trasloco della fabbrica la legge sull’accentramento del 1943, che impone la dislocazione in sedi periferiche degli impianti produttivi. L’operazione, sebbene imposta dagli ordinamenti di guerra, non dispiace più di tanto allo stesso Ferrari che, analizzando il trasferimento alla luce del suo ambizioso progetto di diventare costruttore di auto da corsa, riesce a coglierne gli aspetti positivi.

C’è infatti da considerare che la zona dove aveva acquistato il terreno e dove avrebbe stabilito la sede della Scuderia, nella città di Modena, era nel 1923 periferica, con alcuni stallaggi per i cavalli da tiro, ma già all’inizio degli anni quaranta stava diventando quasi centrale, trovandosi a ridosso della rinomata Piazza Garibaldi.

Per Ferrari non è difficile rendersi conto della complessità di eventuali interventi di ampliamento in quell’area, al di là di quelli già realizzati con l’acquisto di piccoli lotti, limitrofi al capannone di Viale Trento e Trieste. Il problema che si pone a questo punto per lui è soltanto decidere di quanto defilarsi dal nucleo della città. La scelta di Maranello si può tuttavia ritenere alternativa, poiché in realtà la ricerca dell’appezzamento più idoneo si svolge inizialmente nel vicino comune di Formigine.

Ma la trattativa stranamente affonda, per motivi ancora ignoti. È così che il destino sembra orientarsi su Maranello, dove Enzo possiede un fazzoletto di terra con annessa casa colonica. Grazie ai buoni uffici dell’allora podestà, affiora la possibilità di acquistare un terreno contiguo a quello posseduto nel piccolo centro agricolo.

Dopo un paio di incontri preliminari coi proprietari, per definire i dettagli economici dell’accordo, le trattative si concludono con una stretta di mano e con gli immancabili festeggiamenti gastronomici. Alla richiesta di licenza edilizia presentata a fine novembre del ’42 da Ferrari, per impiantare un capannone metallico prefabbricato nella sua proprietà di Maranello, il podestà risponde con lodevole sollecitudine in data 4 dicembre, accordando l’autorizzazione.

È questo l’atto iniziale della lunga sequenza di avvenimenti che hanno portato all’impianto attuale. Nel 1944 l’officina viene bombardata, ma la sua ricostruzione è molto rapida. Risale al 1945 l’avvio della ideazione completa della prima vettura Ferrari. Il progetto è ambizioso: ricorrere a un frazionamento a 12 cilindri a V, per un motore di appena 1500 cc, che andrà ad equipaggiare una vettura versatile, destinata a molteplici usi agonistici ma adatta anche alla circolazione stradale.

Nel dicembre del 1946 Ferrari consegna alla stampa le prime schede tecniche, corredate da disegni, della sua creatura. Il 2 marzo guida la 125 S -questo il suo nome di battesimo- nella prima uscita di fabbrica. È la prima vettura a fregiarsi del nome del mitico fondatore e segna l’inizio di una avventura umana, sportiva e industriale di incredibile successo, destinata col suo fascino a contagiare il mondo intero.

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