Microlino minaccia di lasciare la produzione in Italia: progetto a rischio

Microlino valuta il trasferimento della produzione in Cina a causa di insufficienti incentivi UE. Rischio per la filiera italiana delle mini-car elettriche

Microlino minaccia di lasciare la produzione in Italia: progetto a rischio
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Giorgio Colari
Pubblicato il 10 nov 2025

La crisi che sta travolgendo Microlino rappresenta un campanello d’allarme per l’intero settore della mobilità urbana sostenibile in Europa. La piccola vettura elettrica, ispirata al design retrò dell’Isetta, era stata accolta con entusiasmo al suo debutto, ma oggi si trova a un bivio che potrebbe decretare la fine della sua storia produttiva in Italia. Le parole di Wim Ouboter, CEO della svizzera Micro, sono chiare e allarmanti: “La sopravvivenza della nostra produzione in Europa è a serio rischio senza un intervento concreto delle istituzioni.” Un messaggio che va ben oltre la singola azienda, toccando il cuore delle politiche industriali europee e la capacità del Vecchio Continente di restare competitivo nel campo dell’innovazione.

Un progetto ambizioso, ora a rischio

La Microlino nasce da un progetto ambizioso, che ha visto la luce grazie a un investimento di circa 75 milioni di euro da parte della famiglia Ouboter. La produzione si è svolta nello stabilimento Cecomp di La Loggia, alle porte di Torino, simbolo di un made in Italy votato alla sostenibilità e all’innovazione. Tuttavia, i numeri raccontano una realtà diversa dalle aspettative: solo 4.800 veicoli sono usciti dalle linee produttive, una cifra lontana dagli obiettivi iniziali che ha portato, di fatto, al blocco della produzione e al mancato rinnovo dei contratti temporanei.

Al centro della crisi vi è la difficoltà, per i piccoli produttori di quadricicli elettrici, di reggere la concorrenza in un mercato sempre più dominato dai grandi costruttori. La società attribuisce il proprio insuccesso soprattutto alla mancanza di incentivi adeguati da parte delle istituzioni europee. A differenza di quanto avviene per i colossi dell’automotive, i piccoli marchi faticano a beneficiare di misure di sostegno economico e fiscale, indispensabili per affrontare i costi di sviluppo e di immissione sul mercato di nuovi modelli elettrici.

Servono incentivi per restare in Europa

Il contesto si fa ancora più complesso in vista delle nuove normative europee. A dicembre, infatti, la Unione Europea dovrebbe presentare un piano normativo specifico per le auto elettriche compatte, pensate per la mobilità urbana e caratterizzate da un prezzo accessibile, intorno ai 15.000 euro. Questo segmento rappresenta una grande opportunità per ridurre l’impatto ambientale nei centri urbani e democratizzare l’accesso alla mobilità elettrica. Tuttavia, per la Microlino questa attesa svolta potrebbe arrivare troppo tardi, visto il deteriorarsi della situazione finanziaria e produttiva.

Nel frattempo, si fa sempre più concreta la prospettiva di un trasferimento della produzione in Cina. Il Paese asiatico offre condizioni economiche particolarmente vantaggiose, oltre a un robusto supporto governativo per le aziende impegnate nello sviluppo di veicoli elettrici. In Cina, la filiera produttiva è altamente ottimizzata e i costi sono sensibilmente inferiori rispetto all’Europa, elementi che attirano sempre più aziende del settore automotive alla ricerca di competitività sui mercati globali.

Delocalizzazione in agguato

Questa possibile delocalizzazione rappresenterebbe una perdita significativa per l’industria automobilistica italiana e, più in generale, per il tessuto produttivo europeo. La chiusura dello stabilimento di La Loggia priverebbe il territorio di posti di lavoro qualificati e di un esempio virtuoso di innovazione locale. Inoltre, la fuga di un progetto come la Microlino solleva interrogativi cruciali sulla capacità dell’Europa di sostenere le proprie eccellenze industriali e di favorire la crescita delle piccole e medie imprese in un contesto globale caratterizzato da una concorrenza sempre più agguerrita.

Il caso della Microlino mette dunque in luce tutte le fragilità di un sistema che, pur riconoscendo l’importanza della transizione verso la mobilità elettrica, fatica a tradurre le dichiarazioni di principio in azioni concrete. Senza un cambiamento radicale nelle politiche di incentivi e di sostegno all’innovazione, l’Europa rischia di perdere terreno proprio nei settori più strategici per il futuro. L’auspicio è che il nuovo piano normativo della Unione Europea non arrivi troppo tardi e che possa offrire una reale boccata d’ossigeno a progetti come quello della Microlino, evitando che il sogno della mobilità elettrica urbana made in Italy venga definitivamente consegnato nelle mani della Cina.

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