Autovelox sotto la lente: cosa cambia con l'obbligo di registrazione

Obbligatorio il censimento degli autovelox: i dispositivi non comunicati vanno disattivati e le sanzioni possono essere dichiarate nulle.

Autovelox sotto la lente: cosa cambia con l'obbligo di registrazione
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Giorgio Colari
Pubblicato il 1 dic 2025

Il panorama delle sanzioni stradali in Italia sta per subire una trasformazione radicale che avrà ripercussioni significative su cittadini e amministrazioni locali. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti introdotto l’obbligo di registrazione per tutti gli autovelox italiani, segnalando che gli esemplari non registrati sulla piattaforma dedicata dovranno essere disattivati immediatamente. Questa manovra normativa rappresenta una vera rivoluzione nel sistema dei controlli della velocità, segnando il confine tra dispositivi legittimi e quelli destinati a diventare inoperativi.

I numeri che raccontano una realtà allarmante

Le cifre in gioco sono impressionanti e raccontano una storia complessa. Nelle principali città italiane sono state elevate sanzioni per un importo complessivo di 203 milioni di euro, eppure il censimento autovelox del Mit ha registrato soltanto 3.625 dispositivi contro i 13.000 stimati attualmente operativi nel territorio nazionale. Ancora più preoccupante è la scoperta che quasi il 60% dei dispositivi fissi risulta completamente privo della necessaria omologazione. Questi dati rappresentano il fondamento su cui poggia l’intera questione: un sistema che necessita di urgenti chiarimenti e correzioni normative.

Il processo di censimento e le sue conseguenze

Il censimento ministeriale, avviato il 29 settembre e concluso il 28 novembre, ha imposto a Comuni, enti locali e alle varie forze dell’ordine un compito preciso: trasmettere dati dettagliati riguardanti localizzazione, modello e conformità degli strumenti di rilevazione attraverso la piattaforma telematica. Questa piattaforma, accessibile al pubblico su velox.mit.gov.it, rappresenta il nuovo standard di trasparenza nel settore. Chi non ha rispettato il termine di 60 giorni si trova ora di fronte a una prospettiva poco incoraggiante: lo spegnimento forzato degli apparecchi e il conseguente rischio di nullità delle sanzioni pregresse emesse da quei dispositivi.

L’omologazione: il vero cuore della questione

Il vero fulcro di questa rivoluzione normativa risiede nel concetto di omologazione, un requisito che si è rivelato sorprendentemente carente nel nostro sistema. Una sentenza storica della Corte di Cassazione risalente ad aprile 2024 ha stabilito chiaramente che le multe rilevate da dispositivi approvati ma non formalmente omologati sono da considerarsi illegittime. Secondo fonti associative, il quadro è ancora più critico di quanto inizialmente previsto: oltre il 67% degli autovelox mobili e quasi il 60% di quelli fissi risultano ancora sprovvisti di questa certificazione essenziale. Una lacuna che non può più essere ignorata e che pone interrogativi fondamentali sulla validità di migliaia di sanzioni già comminate.

Le prospettive per automobilisti e amministrazioni

Per gli automobilisti, la strada appare tracciata con chiarezza: ricorsi fondati contro le sanzioni emesse da dispositivi non registrati o non omologati rappresentano un’opportunità concreta, con buone probabilità di esito favorevole. Organizzazioni come il Codacons e l’Asaps-Alg stanno già preparando strategie legali per supportare i ricorsi dei cittadini anche perché la netta divisione tra apparecchi autorizzati e non autorizzati solleva interrogativi legittimi sulla trasparenza complessiva del sistema e sulla capacità effettiva del controllo della velocità di mantenersi efficace durante questa fase di transizione normativa così delicata.

 

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