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Report svela il contrabbando di petrolio dalla Libia. Ecco come funziona.

L’inchiesta “Petrolio Nero” della trasmissione Report ha svelato qualcosa che molti già sapevano: in Italia circola molto petrolio di contrabbando proveniente dalla Libia. Ma non è l’unica truffa: la GDF indaga su un’evasione d’IVA da 6 miliardi di euro.

Si chiama “Petrolio Nero”, è l’inchiesta della trasmissione report andata in onda lunedì 19 novembre focalizzata sul contrabbando di petrolio lungo la rotta Libia-Malta-Italia. Non che sia una novità: da anni sappiamo che ingenti quantità di petrolio grezzo e prodotti raffinati estratte in Siria sono stati venduti di contrabbando dall’Isis alla Turchia, qui “ripulite” e legalizzate e poi vendute in Europa, Italia compresa.

Ma se nel caso della “rotta turca” il petrolio arrivava in Italia già regolarizzato – di fatto le transazioni commerciali erano regolari, ma la fonte era illegale – l’inchiesta “Petrolio Nero” svela come, nel caso della “rotta libica”, vi siano aziende implicate direttamente nel contrabbando dell’oro nero di tripoli.

Non solo: Report racconta anche le indagini della Guardia di Finanza sulla maxi-evasione di imposte messa in atto da alcuni operatori del settore petrolifero. Grazie all’importazione di prodotti petroliferi dall’estero, attraverso una serie di società organizzate sul modello delle “scatole cinesi, la sola evasione di IVA ammonterebbe ad oltre 6 miliardi di euro. Una cifra enorme.

Ma andiamo con ordine: come funzionerebbe il contrabbando di petrolio dalla Libia? E come, alcune aziende, evaderebbero l’IVA sui carburanti?

Il contrabbando di petrolio da Malta: come funziona?

contrabbando di petrolio

Nel primo caso, tutto ruota attorno al caos che avvolge la Libia, grazie al quale le milizie locali, organizzate come vere e proprie bande armate che controllano pozzi e terminal petroliferi, vendono petrolio, benzina e gasolio ad aziende italiane. Nell’operazione ha un ruolo fondamentale la triangolazione con Malta.

L’isola mediterranea è notoriamente un crocevia di traffici illeciti, grazie anche ad una legislazione poco trasparente e ad un elevato livello di corruzione. E non è un caso se le persone coinvolte nell’inchiesta giudiziaria raccontata da “Petrolio Nero” siano le stesse conivolte nell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, che indagava proprio sui traffici illegali che passano atraverso Malta.

Dunque, il petrolio venduto dalle bande armate parte dalla Libia e viaggia su navi di broker maltesi fino alle acque dell’isola, qui viene trasbordato su altre navi che raggiungono la Sicilia. In particolare il porto di Augusta, da dove viene lavorato e venduto spesso a prezzi più bassi rispetto alla media. Questo “dumping”mette in crisi i distributori che si approvvigionano da canali regolari, che – di conseguenza – o si adeguano comprando anche loro dal canale illegale, o chiudono.

L’inchiesta giudiziaria è ancora in corso e vede coinvolte sia aziende della filiera petrolifera (grandi e piccole), sia personaggi legati al crimine organizzato, in Italia e a Malta. Ovviamente, per quanto riguarda la Libia, questi traffici hanno il beneplacito delle tante milizie che controllano parti più o meno grandi del paese nordafricano, che dopo la morte di Gheddafi appare sempre più difficile da controllare. Nonostante i tentativi fatti alla conferenza di Palermo, durante la quale l’agomento relativo al contrabbando di petrolio non è stato minimanete toccato.

Evasione dell’IVA: l’altra faccia del contrabbando di petrolio

contrabbando di petrolio

Ma non c’è solo la Libia rifornire i furbetti della filiera petrolifera. Il contrabbando di petrolio riguarda anche l’oro nero legale acqusitato da società che, operando in maniera disonesta grazie a scatole cinesi e teste di legno, riescono a farlo arrivare alle pompe di distributori compiacenti senza che vengano versate le imposte dovute. Su questo traffico sta indagando la Procura di Venezia, ma l’inchiesta partita dal Veneto si sta allargando a tutte le regioni italiane.

Anche in questo caso il petrolio arriva in Italia dall’estero, ad esempio dalla Slovenia, viaggiando su camion cisterna fino ai depositi delle azende che poi lo distribuiscono a prezzi molto più bassi rispetto a quelli praticati dai grossisiti. In alcuni casi, addirittura a prezzi più bassi rispetto al costo di produzione (noto come PLATTS), il che non lascia adito a dubbi: si tratta di una truffa ben organizzata.

Una truffa che – secondo quanto emerge dalle indagini della Procura di Napoli, anch’essa impegnata ad indagare sul contrabbando di petrolio – ammonterebbe ad oltre 6 miliardi di euro. Ma dove finisce il “petrolio nero”? Spesso in reti composte dalle cosiddette “pompe bianche”, cioè distributori indipendenti non legati ad una compagnia petrolifera che hanno la libertà di approvvigionarsi dove ritengono più conveniente.

In molti casi, i distributori che vendono petrolio di contrabbando praticano prezzi alla pompa molto bassi, che attirano gli automobilisti e mettono fuori gioco chi opera in maniera legale. Un danno sia alla concorrenza sia alle casse dello Stato che pagano i cittadini, visto che poi, meno soldi nelle casse pubbliche significa meno servizi per la collettività.

 

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