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Multe stradali: nei comuni piovono miliardi

Dati da record sulle entrate da sanzioni. Agguati con autovelox, parcheggi spariti ma ridicola manutenzione delle strade. Forte divario tra nord e sud

Ci sono tasse palesi e tasse occulte. Un esempio di tassa occulta? Le multe stradali. Ci riferiamo in questo caso a quelle comunali (ma nemmeno le province scherzano). In Italia ci sono ben 7.954 comuni. La quasi totalità di essi utilizza sistematicamente le multe per violazioni al Codice della strada come uno sfacciato modo di fare cassa, per coprire buchi di bilancio e continuare a sprecare denaro impunemente. Hanno disseminato le strade di autovelox, telecamere e compagnia bella, rastrellando quantità spropositate di denaro. In cambio di cosa? Nulla. Ed è inutile che sindaci, assessori e dirigenti strillino dicendo che lo fanno per la sicurezza. Bugie, solo bugie. Leggiamo qualche numero, ogni tanto fa bene.

Secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato, elaborati dal Sole 24 ore, nel 2017 i comuni hanno raccolto ben 1,67 miliardi di euro in sanzioni. Una crescita del 18% rispetto al 2016, un vero record. Questa cifra racchiude tutti i tipi di multa, ma sappiamo bene che la parte più grossa della torta (quasi tutta) proviene da quelle stradali.

Ora, il Codice della strada impone agli enti proprietari delle strade di destinare almeno il 50% dei proventi delle multe ad interventi per la sicurezza stradale. Quanto le amministrazioni locali rispettino la legge è sotto gli occhi di tutti. Buche ovunque, voragini che si mangiano le auto, asfalti che si disfano dopo la prima pioggia, segnaletica cervellotica, illuminazione scarsa, incroci che sembrano studiati apposta per provocare incidenti. Chiunque può osservare le strade del luogo in cui vive e trarre le medesime conseguenze.

Va detto che i comuni non sono gli unici colpevoli di questo stato di cose. Troppo spesso le leggi vengono scritte male e in affanno, l’orizzonte parlamentare è limitato agli effetti immediati invece che alle strategie sul lungo termine; troppo spesso si legifera in emergenza e sull’onda emozionale di qualche fatto di cronaca particolarmente grave. Nessuno a Roma (nel senso di Parlamento e Governo) ha mai voluto, potuto o saputo trasformare realmente l’assetto istituzionale da centralistico a federale. Quindi sono spariti i trasferimenti finanziari dallo Stato agli enti locali, senza però sostituirli da una vera autonomia impositiva, cioè consentire ai comuni di stabilire direttamente tutti i propri tributi, e del loro uso risponderne in modo trasparente ai propri cittadini.

Quindi i municipi si arrangiano come possono. Però a tutto c’è un limite. Gli autovelox sono diventati un vero e proprio bancomat. Uno dei tanti scandali normativi esistenti è l’avere permesso alle amministrazioni locali d’inserire nel bilancio preventivo i proventi delle multe. Quindi siamo alle multe premeditate. Poiché il dissesto del bilancio è una delle cause che comportano lo scioglimento forzato del Consiglio comunale, ecco che i comuni fanno di tutto per coprire le cifre sempre più grosse inserite nel bilancio di previsione. Più alta è la cifra, maggiori dovranno essere le multe. Un circolo vizioso totale.

Selezioniamo qualche altra cifra dall’elaborazione del quotidiano finanziario di Confindustria. Gli incassi totali sono poco significativi, perché dipendono soprattutto dalla popolazione. Più interessante è la quota pro capite. Cioè, quanto hanno speso a testa i cittadini per le multe (che non è l’ammontare medio della multa, quello dipende dal tipo di violazione ed è stabilito dal Codice). Limitatamente ai capoluoghi di provincia, su questo podio per nulla glorioso abbiamo Firenze con 129,3 euro pro capite, poi Bologna con 127,9 e Milano con 123,8. Roma è al 15° posto con 65,6; Torino al 24° con 51,6; Napoli al 38° con 40,9.

C’è anche un altro elemento preoccupante: i comuni sono poco efficienti nell’incassare effettivamente il denaro delle multe, solo recentemente le amministrazioni hanno cominciato ad organizzare seriamente le procedure di riscossione. Sempre come riporta il Sole 24 ore, nel 2016 Napoli non arrivava ad incassare il 20% delle sanzioni comminate; Roma a malapena raggiungeva il 25%, Milano ha superato di poco il 40%.

Questo è un altro segnale di disorganizzazione. Si tengono i vigili urbani negli uffici a compilare verbali invece di mandarli in pattuglia sulle strade (questo sì che migliorerebbe la sicurezza), e poi si raccoglie pochissimo. Anche qui c’è una grossa differenza tra nord e sud: le regioni del centro-nord contribuiscono per oltre l’80% degli incassi. La media dei pagamenti per abitante è di 33,7 euro al centro-nord, di 15,9 euro al sud, quindi la metà.

Infine, un altro elemento importante sul basso tasso di riscossione, quello che fa imbestialire di più gli automobilisti tartassati, è che tante multe vengono annullate dopo i ricorsi, perché non conformi alla legge. Gli autovelox collocati in posizioni nascoste come cecchini in agguato, oppure con limiti artificialmente abbassati su strade larghe e scorrevoli sono alcune delle manovre più irritanti.

L’ultima chicca, un’altra moda che sta dilagando come un’epidemia nelle città più nemiche degli automobilisti: la sparizione premeditata e sistematica dei parcheggi. Non solo i posti auto liberi vengono trasformati nelle famigerate strisce blu; ma spesso vengono proprio eliminati per fare posto ad altro, inutili aiuole o piste ciclabili che nessuno usa. Altro sistema per appioppare multe per divieto di sosta. Peccato che alle elezioni comunali gli automobilisti spremuti, beffati e maltrattati non agiscano compatti. Se ne vedrebbero delle belle.

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