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Sciopero bisarche, settore automobilistico in crisi: stop a produzione e importazioni

La serrata delle bisarche in corso dal 20 febbraio ha causato la mancata consegna di circa 60.000 autovetture


Stabilimenti bloccati, produzione in crisi, importazioni a rilento… sono questi alcuni degli eventi che stanno mettendo in ginocchio il già sofferente mercato automobilistico nelle ultime settimane. La causa di tutto? Il prolungato sciopero delle bisarche, gli speciali camion a due piani destinati al trasporto delle vetture. Tutto è iniziato lo scorso 20 febbraio quando gli operatori di questo settore hanno deciso di incrociare le braccia per via delle spese, in primo luogo il costo dei carburanti, che hanno ormai superato gli incassi.

E allora stop, niente più trasporto di auto. Una situazione che non sta affossando soltanto la produzione della Fiat, ma anche le attività delle aziende straniere che hanno visto drasticamente ridotta la quantità di vetture importate. L’intero comparto è in tilt con danni gravissimi in particolare per la casa costruttrice torinese e per l’indotto, già colpiti duramente dalla crisi economica. L’ultima conseguenza è l’annuncio della chiusura di Pomigliano e Cassino anche per questa settimana.

Il clima è teso come raramente si è visto nei tempi recenti, sembra di essere tornati alle grandi stagioni degli scioperi dei decenni passati. Anche negli aspetti più negativi. La Fiat ha infatti denunciato «numerosi episodi di violenza tra cui incendi di automezzi, minacce e aggressioni ad autisti che non aderiscono allo sciopero». Una serrata che ad oggi avrebbe già causato la mancata produzione di 20.000 autovetture, la metà di quelle vendute a gennaio e circa il 30% delle immatricolazioni in Europa.

Dal Lingotto fanno sapere che questo sciopero sta provocando danni molto difficili da sostenere e superare in un momento come questo:

«Lo stabilimento di Cassino sarà chiuso nei giorni 27, 28 e 29 marzo, mentre il Giambattista Vico di Pomigliano d’Arco, dove viene prodotta la nuova Panda in fase di lancio in Europa, si fermerà nei giorni 26 e 27 marzo. Il proseguimento dello sciopero delle bisarche, al quale aderisce una minoranza di associazioni di categoria, sta fortemente danneggiando le attività del settore automotive italiano. I danni sono particolarmente gravi per Fiat, costretta a fermare più volte l’attività con rilevanti perdite per l’azienda e per i lavoratori. Sarà molto difficile recuperare nel corso dell’anno. Anche le quote di mercato saranno influenzate in modo negativo. Ad oggi non si vedono segnali che possano far pensare alla fine dell’agitazione e anzi la situazione sembrerebbe in peggioramento».

Ai problemi nazionali si aggiungono quelli delle case costruttrici estere. La stima è una mancata consegna di altri 40.000 veicoli, come affermato dal direttore generale dell’Unrae Romano Valente. Il Sole 24 ore riporta alcune dichiarazioni da parte dei rappresentanti di aziende straniere:

«A Sud di Roma non riusciamo a consegnare nulla» afferma il responsabile marketing di una marca estera. Il protrarsi del blocco sta intasando i piazzali, ormai quasi saturi: «A Livorno una nave della Grimaldi doveva consegnarci 200 auto ma non ha potuto sbarcarle» dicono per esempio alla Ford Italia. Dalla Peugeot fanno sapere di avere «2mila auto da consegnare, con il contratto già firmato dal cliente; per noi il disagio è enorme perché siamo vicini a lanci molto importanti, come quelli della 208 e quello della 107». Marche come Opel e la stessa Peugeot hanno iniziato a rallentare gli arrivi dalle fabbriche estere. Citroen, anch’essa del gruppo Peugeot, afferma di non essere riuscita a consegnare «il 30-35% delle auto vendute». Renault stima la percentuale al «20% dei clienti che non si vedrà consegnata la sua vettura». La stessa Renault, il cui numero uno in Italia Bousquet è presidente dell’Unrae (l’associazione degli importatori esteri), dice di essere «stupita che il Governo non apra negoziazioni al riguardo, malgrado l’intervento congiunto Unrae/Fiat presso il ministero dei Trasporti».

Il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, ha affermato in una nota:

«Un danno enorme all’industria dell’auto e soprattutto ai lavoratori. E’ quanto sta provocando lo sciopero a oltranza dei bisarchisti che ormai da piu’ di un mese, con spregio di ogni buon senso e di ogni regola sindacale e con il silenzio delle istituzioni, stanno mettendo in ginocchio l’intero settore causando fermate produttive in tutti gli stabilimenti. Si tratta di un’agitazione che, per il suo protrarsi, e per le gravi conseguenze che sta provocando, è irresponsabile e odiosa perché si ripercuote soprattutto sui lavoratori del settore auto, costretti a lunghi periodi in cassa integrazione. Ci domandiamo come sia possibile protrarre un’agitazione per settimane intere, ci chiediamo quante e quali risorse economiche abbiano a disposizione questi bisarchisti se possono sostenere uno sciopero così lungo. Sono domande inquietanti, ma non possiamo fare a meno di porcele. E’ ormai urgente che qualcuno intervenga per far cessare questa agitazione irresponsabile che di sindacale ormai non ha più nulla».

Venerdì scorso si è tenuto un primo incontro che ha visto seduti intorno ad un tavolo gli operatori logistici ed i trasportatori del settore. La questione principale alla base di questa dura protesta sono le tariffe che, secondo i bisarchisti, non sono più sufficienti dato che si tratta di 1,20 Euro a Km a fronte di spese vive di oltre 1,70 Euro. Alcune delle aziende attive in questo comparto hanno avuto la necessità di mettere in cassa integrazione i propri autisti, altre hanno addirittura riconsegnato i tagliandi assicurativi dei camion. L’Associazione bisarche italiane fa capo al sindacato Trasportunito guidato da Maurizio Longo.

Giorgio Airaudo della Fiom accusa la Fiat e la decisione di esternalizzare questo tipo di attività:

«Siamo di fronte a un conflitto tra un grande padrone e dei padroncini, effetto della vecchia ristrutturazione dei trasporti. La Fiat ha deregolamentato il settore esternalizzandolo molti anni fa e oggi questo è soggetto, nella crisi, a un conflitto di mercato e di costi. E’ grave che anche questo problema venga scaricato sui lavoratori che pagano tutte le conseguenze di politiche aziendali sbagliate. La Fiat risolva la questione anche per poter affrontare i problemi che purtroppo hanno sul mercato i suoi prodotti».

Dello stesso tenore le parole di Giovanni Sgambati della Uilm Campania:

«E’ molto grave che prosegua lo sciopero dei bisarchisti senza che si trovi una soluzione ragionevole. Visto che sta mettendo in ginocchio il già precario mercato dell’auto le conseguenze della mancata produzione non solo gravano su tanti lavoratori metalmeccanici italiani, ma anche sullo stato di salute dell’economia nazionale, perché il fermo del settore auto comporta un arretramento già in un precario mercato. Anche Fiat dovrebbe interrogarsi sulla scelta non lungimirante di esternalizzare il lavoro dei bisarchisti».

Più conciliante Piero Arduini di Unionmeccanica Confapi:

«E’ chiaro che anche il comparto dell’autotrasporto con bisarche vive una situazione difficile, ma è necessario, vista proprio la particolare difficile congiuntura e la delicatezza del momento che sta attraversando l’economia, che tutte le parti in causa assumano un atteggiamento di grande responsabilità. Non è certo con il muro contro muro che si possono risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e tanto meno quelli legati alla metalmeccanica e all’automotive in particolare. Non ci dimentichiamo, poi, che questa situazione accrescerà certamente l’uso della cassa integrazione anche nelle pmi del settore».

La speranza di tutti a questo punto è che si possa scendere a più miti consigli e trovare una soluzione che rimetta in moto la macchina produttiva della Fiat. Anche a Melfi le attività sono ferme, tra cassa integrazione e sciopero delle bisarche, dal 14 marzo. Le auto sul piazzale in attesa di consegna sono migliaia. A rimetterci sono i lavoratori in un clima che sembra lontano anni luce da quello americano, se è vero come è vero che l’ad Sergio Marchionne continua a sostenere che «sarebbe stato impossibile, assolutamente impossibile ottenere questi risultati senza l’impegno dei lavoratori della Chrysler». Parole di questa notte nel corso della trasmissione 60 Minutes della CBS.

Fonte Foto: TMNews.

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