Non accadeva da quasi 90 anni, chiude fabbrica in Germania
Volkswagen chiude la fabbrica di Dresda: tagli alla produzione, budget investimenti ridotto a 160 miliardi, piano campus universitario e bonus trasferimento per i lavoratori
La trasformazione epocale in atto nel settore automobilistico europeo trova il suo simbolo nella recente decisione di Volkswagen, che si prepara a chiudere uno dei suoi impianti più iconici: la “fabbrica di vetro” di Dresda. Un cambiamento che scuote non solo la storica casa automobilistica tedesca, ma l’intero comparto produttivo del continente, mettendo in discussione strategie industriali, equilibri occupazionali e investimenti futuri.
Tanti posti di lavoro da ricollocare
Il 16 dicembre 2025 rappresenterà una data spartiacque: per la prima volta dalla sua fondazione, Volkswagen fermerà la produzione in uno stabilimento tedesco, con conseguenze che si riverberano ben oltre i confini aziendali. A essere in gioco sono ben 35.000 posti di lavoro in Germania, mentre la casa di Wolfsburg annuncia un drastico taglio di 20 miliardi di euro al proprio budget quinquennale di investimenti. Un segnale inequivocabile delle difficoltà che attraversano l’industria dell’auto, in un momento in cui la domanda di veicoli elettrici stenta a decollare e la concorrenza internazionale si fa sempre più agguerrita.
Lo stabilimento di Dresda, noto in tutto il mondo per il suo design architettonico trasparente e avveniristico, aveva rappresentato sin dal 2002 un esempio di innovazione produttiva e di dialogo tra industria e territorio. Tuttavia, nonostante le aspettative iniziali, l’impianto non è mai riuscito a raggiungere volumi produttivi significativi: in oltre vent’anni di attività, sono usciti dalle sue linee meno di 200.000 veicoli, tra la lussuosa Phaeton e i più recenti modelli elettrici come la ID3. Oggi, la combinazione di una domanda interna debole, il calo delle esportazioni verso la Cina e le ripercussioni dei dazi americani sulle vendite negli Stati Uniti, ha imposto una svolta drastica nella strategia del gruppo.
Un accordo coi sindacati
A fronte di questa situazione, la direzione aziendale ha raggiunto un accordo con i sindacati che prevede misure di sostegno per i circa 250 dipendenti attualmente impiegati nello stabilimento. Chi accetterà di trasferirsi in altri siti del gruppo potrà beneficiare di un bonus trasferimento di 30.000 euro, una soluzione pensata per attenuare l’impatto sociale della chiusura e garantire una transizione meno traumatica per le famiglie coinvolte.
Parallelamente, Volkswagen ha deciso di ridurre il proprio piano di investimenti a cinque anni, passando da 180 a 160 miliardi di euro. Una scelta che, se da un lato mira a migliorare il flusso di cassa previsto per il 2025, dall’altro evidenzia le incertezze che gravano sul futuro del settore. Nonostante ciò, la casa automobilistica non intende abbandonare completamente Dresda: l’area verrà riconvertita in un polo di ricerca e sviluppo, in collaborazione con la Technische Universität Dresden. Il nuovo centro sarà focalizzato su tecnologie d’avanguardia come intelligenza artificiale, robotica e semiconduttori, grazie a un investimento complessivo di 50 milioni di euro distribuiti su sette anni. Inoltre, la “fabbrica di cristallo” continuerà a ospitare funzioni di consegna veicoli ai clienti e manterrà il suo ruolo di attrazione turistica, a testimonianza della volontà di non disperdere il patrimonio di know-how e relazioni costruito nel tempo.
La reazione politica non è mancata
La reazione politica non si è fatta attendere: la regione della Sassonia sta valutando la possibilità di acquisire l’1% del capitale Volkswagen, un’operazione dal valore stimato di circa 500 milioni di euro. L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare il peso della regione nei processi decisionali dell’azienda e di proteggere il tessuto occupazionale locale, fortemente minacciato dalle recenti scelte strategiche. Una mossa che riflette le preoccupazioni diffuse tra istituzioni e cittadini per il futuro industriale della zona e per la tenuta sociale dell’intera area.
Gli analisti del settore concordano nel vedere nella chiusura di Dresda un esempio emblematico delle tensioni che caratterizzano la transizione verso la mobilità elettrica. Sovraccapacità produttiva in segmenti di nicchia, competizione crescente da parte dei costruttori asiatici e una normativa internazionale sempre più instabile rendono inevitabile una profonda riconfigurazione dell’industria automobilistica europea. In questo scenario, la sostenibilità finanziaria, l’innovazione tecnologica e la salvaguardia dei posti di lavoro appaiono obiettivi difficili da conciliare, costringendo le aziende a scelte spesso dolorose ma necessarie per affrontare le sfide del futuro.