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Sulle strade della Targa Florio con le nuove Porsche 911

La 911 Turbo fa paura, ma anche la 4S è impressionante…

I rettilinei vengono smaterializzati l’uno dopo l’altro dal motore della Turbo: quando si spalanca il gas ad impressionare più del suono di aspirazione – sembra che il boxer possa inghiottire una mucca intera e sputarla allo scarico sotto forma di hamburgers – è la regolarità e l’ampiezza della curva di coppia, pazzesca; ma qui, al contrario di altri turbo, le “fate” le senti e come: se non ci fosse lo schienale del sedile, l’unico appiglio per non finire sugli strapuntini posteriore sarebbe il volante. Il mostro è tenuto in catene da un impianto frenante potentissimo e dalla modulabilità commovente: ti fa sentire un Valentino Rossi delle quattro ruote dopo 5 minuti che ci dai dentro. Nonostante le spallette rachitiche delle Michelin, l’assetto filtra bene quasi tutto l’alfabeto morse che passa sotto le ruote, col corpo vettura che rimane fermo, immune da rollio e beccheggio. La Turbo è amichevole anche quando si decide di provocarla: se l’asfalto è bagnato e si scherza col gas la coda può prendere il sopravvento; nulla di preoccupante comunque perché la correzione in controsterzo è facile e le ruote anteriori motrici contribuiscono a non farvi abbracciare al platano di turno.

Quando transitiamo nei vari paesini l’accoglienza al nostro passaggio è la stessa, straordinaria, riservata ai piloti della Targa: pur a bordo di mezzi modernissimi, sembra quasi di fare un tuffo nel glorioso passato della gara; i tempi sono cambiati ed è cambiato lo spirito dell’appuntamento siciliano ma l’entusiasmo è rimasto il medesimo. Lo vedi negli occhi degli spettatori, soprattutto i meno giovani che tengono per mano i nipotini, quasi a passargli il testimone della passione per le corse e per l’automobilismo. E ti capita di strabuzzare gli occhi quando scorgi nonnetti pluriottantenni dimenarsi fra la folla per scattarsi una foto con quella machina o scambiare una battuta con quel pilota (spesso loro coetaneo). E’ l’anima più passionale del motorsport, quella fuggita dagli schermi televisivi della F1 e “scesa” fra le strade della gente comune.

Ce lo avevano anticipato Vic Elford (che con Umberto Maglioli vinse la Targa nel ’68, a bordo di una Porsche 907-8) e Gijs van Lennep (che insieme a Herbert Muller trionfò nel ’73 a bordo di un 911 Carrera RSR) durante un piacevolissimo incontro serale: per loro la Targa Florio era una corsa speciale, dove gli spettatori che mettevano fango e sassi sulla strada dove sfrecciavano le auto in gara per rendere la competizione più difficile, erano gli stessi che aiutavano i piloti a risolvere (per quanto possibile) eventuali guasti tecnici, ivi comprese le frequenti forature; come capitato proprio a Vic, aiutato dai locali a cambiare una ruota: lui provvedeva alla sostituzione del cerchio mentre la gente teneva l’auto sollevata da terra… di peso. Per Elford la Targa era più emozionante della pur celebre 24 Ore di Le Mans, nonostante la gara siciliana non avesse lo stesso respiro internazionale della endurance transalpina. Parliamo di tempi in cui si correva a oltre 300 all’ora su strade aperte alla circolazione ordinaria, quelle “traffico incluso”, con tanto di buche, pietre, sconnessioni e sorpassi ai camion carichi di galline. Follia vera.

E’ tempo di scambiarsi le auto e salgo sulla 4S; a livello di presenza stradale la differenza con la Turbo è tantissima; la prima sembra una sofisticata Audrey Hepburn, la seconda un’esplosiva Pamela Anderson. Bellezze diametralmente opposte, che probabilmente fanno da spartiacque già al momento dell’acquisto; e questo a prescindere dal divario prestazionale, insormontabile su carta. Quest’ultimo mi fa salire in auto consapevole che, dopo il Turbone, la 4S sembrerà “rotta”: nulla di più sbagliato. Francesco, altro “piede piuma” del gruppo, passa alla guida della Turbo S e parte arricciando l’asfalto, fiondandosi nelle curve ad andature appena subsonica. Faccio altrettanto, sulle prime poco convinto che la mia 4S possa tenere il passo: ci sono 160 CV di differenza fra le due auto, troppi. Invece curva dopo curva emerge l’insospettabile: Francesco sta spingendo sul serio, staccando all’ultimo ad ogni curva ed aprendo il gas quanto prima, eppure la “mia”4S è sempre lì, francobollata agli scarichi della sua macchina; appena si para davanti un rettilineo più lungo la madre di tutte le Turbo prende un po’ di margine, ma nulla che lontanamente valga i circa 100.000 euro di differenza che ci sono fra i due mezzi.

Specie perché su queste strade la 4S mi sta entusiasmando ancor più della sua sorellona: è più leggera ed agile. Non solo, l’assetto filtra meglio le asperità, lo sterzo un filo più leggero dona l’impressione di essere ancora più preciso e l’auto è in toto meglio bilanciata: complice la carreggiata posteriore più piccola, la 4S ha anche un retrotreno più vivo, che la fa apparire più neutra ed un filo meno sottosterzante della Turbo S. Del resto la trasmissione, il sistema 4×4 con ruote posteriori sterzanti e l’accoppiata cerchi-gomme sono gli stessi per entrambe le 911 in questione, ma la 4S pesa circa 110 kg in meno e si sentono tutti, ma proprio tutti. Davide che vince su Golia quindi? Piuttosto è l’incredibile capacità di Porsche di conferire alle auto un’identità assai diverse nonostante la comune base di partenza.

E basta sentirle cantare per capirlo: sulle Turbo il suono è più cupo, con l’aspirazione che quasi prevale sullo scarico. Sul tremila della 4S invece i tecnici di Zuffenhausen si sono buttati anima e corpo per produrre un motore che, nell’erogazione come nel sound, sembri il più possibile aspirato. Ed infatti il nuovo flat-six canta che è un piacere, specie con l’impianto di scarico sportivo (vivamente consigliato), tradendo la presenza della sovralimentazione solo ai bassi regimi; ma dai 3000 a limitatore volume e timbrica sono quasi paragonabili a quella del vecchio 3.8, sia dentro che fuori l’abitacolo. Mentre la spinta unisce la “schiena” ai bassi, tipica dei motori turbo, all’allungo di un aspirato: gli appassionati avevano paura che l’estinzione dei vecchi boxer atmosferici sarebbe stata traumatica ed invece credo che il passaggio alla sovralimentazione – a suo modo epocale – sarà indolore.

Ad accomunare tutte le personalità della 911 è la capacità di essere raffinate ed efficienti GT (la 4S ancor più della Turbo) e allo stesso tempo strumenti di precisione balistica su ruote con la 4S che sembra una gazzella, snella e giocherellona, e la Turbo che ha invece tutto l’aspetto di un minaccioso rinoceronte alato, nel caso della Turbo S col corno più affilato che mai. Due facce della stessa medaglia che sotto al cofano esprimono altrettanti modi di interpretare il tema della sovralimentazione, differenti e parimenti esaltanti. Un’ultima battuta se la merita il sistema di ruote posteriori sterzanti, che porta la dinamica di guida della 911 ad un nuovo livello: mai architettura sbagliata – quella col motore “fuoribordo” – ha funzionato così bene. Nelle curve più strette e nei cambi di direzione il sistema rende la 911 immediata e priva di inerzia, con l’auto che entra in curva con la prontezza di una Lotus, conservando allo stesso tempo una stabilità immensa (restituita soprattutto nei curvoni affrontati in velocità), la stessa che ti spinge a credere fino all’ultima saldatura del telaio della 911; perché i limiti qui sono solo quelli del guidatore e del suo coraggio.