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Auto Storiche: dal 2015 lo saranno solo quelle con 30 anni di età; le reazioni di ASI e RIVS

ASI e RIVS: “Auto storiche vittime di retorica e poca lungimiranza”.


Alla fine la “mazzata”, l’ennesima, è arrivata: col nuovo anno saranno considerate “auto storiche” solo le vetture con almeno 30 anni di età, che diventeranno le uniche a godere di una fiscalità agevolata. Con la legge di stabilità 2015, approvata in via definitiva poche ore fa, è infatti passato il provvedimento che toglie l’esenzione dal bollo per le vetture immatricolate almeno 20 anni fa; anche se il RIVS, Registro italiano Veicoli Storici, ci tiene ad assicurare che “dal punto di vista assicurativo non cambia nulla. Le agevolazioni assicurative, frutto di accordi tra privati (i club e le compagnie), continueranno a restare in vigore, non essendo le assicurazioni in alcun modo vincolate alle definizioni legislative”.

Un provvedimento messo in piedi dal Governo anche per combattere i finti collezionismi, quelli dei proprietari di auto assolutamente prive di interesse storico, spinti a mantenere in circolazione le proprie carrette solo per la possibilità di risparmiare sugli oneri fiscali di mantenimento. Certo è che, “sparando nel mucchio”, si andranno a colpire anche molti appassionati collezionisti che dovranno tornare ad aprire il portafogli, nella peggiore delle ipotesi per almeno altri 10 anni. Inutile dire che tutto questo avrà una ripercussione negativa anche sul mercato dell’usato storico.

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“Quello che purtroppo mi rattrista di più ancora è che il patrimonio motoristico ricompreso nella datazione da venti a trent’anni, andrà distrutto, per demolizione, oppure venduto all’estero. Altro fatto non meno grave sono le conseguenze economiche che deriveranno agli imprenditori che operano nel settore. Non si tratta pertanto di discutere sulle brioches degli appassionati, ma sul pane di chi, quotidianamente deve guadagnarlo per sé e per le proprie famiglie. Queste persone che si impoveriranno ancora di più a quali risorse dovranno ricorrere? Forse che lo Stato dedicherà quelle riserve che dovrebbe avere per momenti difficili e che invece non ha? Avevamo proposto un monitoraggio a sei mesi per capire quali sarebbero state le conseguenze del provvedimento. Anche questo non è stato gradito. Forse per timore che ASI, come altre “Cassandre” potesse aver ragione? Certo non potremo più fare corsi di restauro di 800 ore, anche perché questi ragazzi venuti a Torino da tutta Italia saranno più amareggiati di noi per aver abbandonato le proprie residenze, essersi creati dei sogni sul miglioramento delle proprie capacità e poi vedere il tutto finito in fumo. Non potremo più aiutare le Università, come fatto con quella dell’Aquila e col Politecnico di Torino.

Non potremo più aiutare i comuni terremotati come fatto con Crevalcore. Faremo meno raduni ed anche il Turismo dovrà subire le conseguenze negative da questa stretta impostaci. La difesa di coloro che non conoscono il nostro mondo nasce anche sul presupposto errato che l’Italia del motorismo storico sarebbe stata troppo favorita con l’esenzione a vent’anni anziché a venticinque o trenta come nella maggior parte dei paesi europei. Queste persone dovrebbero sapere, perché è loro dovere informarsi, e dire a chiare lettere, che in Europa solo l’Italia ha una patrimoniale sul motorismo storico, mentre tutti gli altri Paesi applicano tasse solo in caso di circolazione dei veicoli. Dovrebbero anche sapere e dire che solo la Germania ha delle tasse automobilistiche, e non patrimoniali, più alte dell’Italia, che la Francia non applica alcun tipo di tassa sui veicoli, né patrimoniale né di circolazione. Che tutti gli altri Paesi impongono tasse automobilistiche di gran lunga inferiori di quelle italiane. Pertanto sarebbe stato giusto mantenere l’esenzione a vent’anni perché in tale periodo gli Italiani pagano molto di più di quanto paghino in venticinque o trent’anni i cittadini europei. È chiaro che se vedrò che i soldi entrati, pochi, ma comunque spesi beni, potranno sollevare l’economia Italiana, dovrò ringraziare il Signor Renzi di quello che fa per tutti noi e magari anche invitarlo ad un raduno di auto storiche affinché possa conoscere i veicoli e i possessori degli stessi, nostri tesserati. Ragioneremo comunque sul da farsi per cercare di mitigare le conseguenze negative prospettate”.

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“Prima la Camera e successivamente il Senato hanno cassato ogni tentativo di revisione di una norma che, sospinta e supportata dal ritornello delle “false storiche” da punire, ha portato, come spesso capita in queste situazioni, a una forma di giustizia sommaria che va a colpire uno dei pochi settori italiani in costante crescita. Come spesso abbiamo letto e sentito, è in momenti come questo che bisogna stringere i denti e ripartire con più forza, con idee nuove e volontà rinnovata ed è quello che il Registro farà insieme a tutti gli appassionati che lo compongono. Prima, però, permetteteci di levarci qualche sassolino dalla scarpa. L’abbiamo detto e ripetuto più volte, ma non fa male dirlo nuovamente: a noi del RIVS non è piaciuta, l’atmosfera che si è venuta a creare intorno al nostro mondo, soprattutto a causa di chi di auto storiche non sa nulla (in particolare a partire dalla famosa puntata della trasmissione Report). La retorica dei “furbetti che circolano tutti i giorni”, del parco automobili più vecchio d’Europa, formato da vecchie carrette arrugginite, delle certificazioni rilasciate senza criterio. Tutti luoghi comuni trasformati in verità senza che venisse compiuto un serio esame della situazione; luoghi comuni che hanno portato a misure che colpiscono indiscriminatamente l’intero settore, senza tenere conto del contesto in cui questo si trova ad operare.

La retorica, che cavalca il formidabile argomento dell’Europa, dove “per tutti valgono i trent’anni”, senza tenere in minima considerazione il fatto che in Europa la tassa di possesso non esiste, esiste ovunque la tassa di circolazione. Senza che nessuno poi ci spieghi quanto meno costa in Europa mantenere un’auto e quanto questa differenza di costo va ad incidere nel conto complessivo di 30 anni di tasse. La retorica di chi sostiene la necessità di “svecchiare il parco auto circolante” e non si rende conto che avere anche un’auto nuova piacerebbe a tutti (o quasi), ma che il mancato acquisto non dipende dal possesso di auto “vecchie”, ma che esiste un discorso più ampio legato al potere d’acquisto degli italiani, al peso delle tassazione in generale, alla disoccupazione e alla precarietà nel mondo del lavoro. Non si incentiva l’acquisto di auto nuove imponendo ulteriori tasse a quelle più anziane, lo si incentiva aumentando il lavoro, i redditi, la produttività. Perché le cause dell’invecchiamento del parco auto stanno tutte nella crisi economica peggiore degli ultimi 50 anni, una crisi da cui l’Italia sta uscendo – forse – con le ossa rotte, molto peggio che gli altri paesi europei. Una retorica di improvvisati censori formata da argomenti che non reggono, o che perlomeno non giustificano una manovra così drastica e miope – ricordiamo che per alcuni modelli, oltre alla tassa di possesso, scatterà anche il superbollo – pensata solo in funzione di un raggiungimento dei saldi necessari per ottenere il 6 nei compiti a casa da presentare a Bruxelles, una sufficienza stiracchiata che va bene oggi – forse, nuovamente forse – ma mette in gioco il domani.”

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