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Renault Italia, intervista ad Andrea Marcante: «Così si potrà uscire dalla crisi»

Carenza dei semiconduttori, criticità di mercato, mancanza di incentivi strutturali devono essere superate: ecco il punto della situazione con il Sales and Fleet director della filiale nazionale di Renault.

Il futuro del Gruppo Renault era stato tracciato all’inizio del 2021 dal CEO Luca de Meo: è il maxi-programma “Renaulution”, che si prefigge obiettivi di ripristino della competitività del Gruppo, migliorarne la redditività non più solamente con il metro delle quote di mercato e delle vendite ma anche con nuovi ed essenziali criteri come, ad esempio, la generazione di liquidità e l’efficacia degli investimenti.

Riguardo ai progetti di sostenibilità, pienamente inseriti nel programma “Renaulution”, lo stesso de Meo ha in più occasioni ribadito la volontà di rendere Renault, in un’ottica a medio-lungo termine, il marchio auto più “green” a livello europeo (si prevede che ben nove veicoli su dieci saranno elettrificati nel 2030).

Il ruolo di Renault nella nuova mobilità sostenibile in Italia nella sua accezione più ampia (vale a dire a livello di attenzione istituzionale, politiche di vendita, ruolo della catena distributiva, progetti di riqualificazione del mercato dell’usato) viene analizzato da Andrea Marcante, Country Sales & Fleet Director di Renault Italia, in un’intervista realizzata dal direttore di Autoblog.it Gaetano Cesarano.

Il mercato dell’auto sembra essere stato colpito da una tempesta perfetta. È colpa della carenza di microchip? Di un contesto generalizzato di crisi? O della mancanza di certezze relative agli incentivi di acquisto?

In effetti, sembra che il mercato si trovi all’interno di una tempesta perfetta. Le motivazioni possono essere sicuramente individuate nelle tre che avete elencato: quindi, la crisi dei chip, l’incertezza del mercato, ed anche un’incertezza sugli incentivi. Soprattutto su quest’ultimo termine, avremo probabilmente bisogno di un piano da articolare a medio termine, in modo da poter dare più solidità di mercato nei confronti dei clienti. Un piano che, a nostro avviso, va incentrato su almeno due aspetti fondamentali. In primo luogo, gli incentivi sull’auto per facilitare la transizione energetica che negli ultimi due anni ha conosciuto uno sviluppo particolarmente accelerato. Il secondo tema, che a mio avviso è il più urgente, è un piano di sostegno serio e duraturo al sistema infrastrutturale del Paese.

Luca de Meo ha dichiarato che Renault sarà, nel 2030, il “brand” più “verde” d’Europa, con nove veicoli elettrificati su dieci. Si tratta di ambizioni a livello globale, e qual è la situazione in Italia?

Il nostro obiettivo è sicuramente di assumere nel 2030 un ruolo di leader assoluti per quanto riguarda il “green”. In Italia siamo partiti con il piede giusto: oggi manteniamo saldamente il primo posto fra gli importatori, con quasi il 15% di quota di mercato. Quello che ci piace raccontare, è la storia che si sta accompagnando in modo parallelo all’elettrico, cioè il lancio dell’ibrido ‘secondo Renault’, vale a dire un vero e proprio full-hybrid completo e che ci consente di avere, allo stato attuale, circa il 34% del nostro mix di prodotti all’interno dei motori E-Tech, sigla che comprende sistemi di alimentazione elettrica a batterie, ibrido plug-in e full-hybrid.

Se, in particolar modo, ci concentriamo esclusivamente su proposte elettriche e PHEV, emerge un dato importante: abbiamo una quota del 18%, più del doppio di quanto di fatto genera il mercato. I prossimi due-tre anni, con il lancio di cinque nuovi modelli 100% elettrici, saranno fondamentali. Il nuovo capitolo prenderà il via fra pochissimi mesi, con l’arrivo di Mégane E-Tech ad alimentazione 100% elettrica a batterie fissato per la primavera 2022: sarà di fatto il primo modello della ‘Nouvelle Vague’ che, secondo noi, porterà il marchio in una nuova e differente era.

Quale sarà il ruolo della rete distributiva nel prossimo futuro?

Ci troviamo in una fase epocale di trasformazione del business model per le concessionarie. In questo momento, ciò che stiamo vivendo – o, come mi piace dire, quello che stiamo costruendo – è, di fatto, il cambiamento del paradigma di riferimento del comparto automotive per quanto riguarda la distribuzione. Le aspettative dei consumatori stanno cambiando; tutte le indagini di mercato sui Millennials e sulla Generazione X ci dicono che tutti i consumatori saranno probabilmente, in futuro, meno intenzionati all’acquisto e molto più interessati nella ricerca di un tipo di mobilità attraverso il pagamento di una rata. Dunque, ciò che oggi stiamo vivendo è una fase di trasformazione del business model da parte dei concessionari.

La nostra grande responsabilità è creare, anticipare ed aiutare a costruire un modello di business che possa, per usare un termine di moda, ‘vaccinare’ la nostra rete verso il nuovo che sta arrivando, incentrato sempre più su servizi, post-vendita ed usato. In questo contesto, paradossalmente, credo la relazione tra la casa e la propria Rete Distributiva diventerà sempre più integrata e di partnership a 360°, con i concessionari che assumeranno un vero e proprio ruolo di ambasciatori sul territorio del marchio.

Quali investimenti si renderanno necessari per l’evoluzione della rete?

Quando parliamo di investimenti della rete non possiamo più riferirci, come si faceva un tempo, alla struttura, al sito fisico. Certamente, c’è anche questo e così sarà ancora per lungo tempo, probabilmente rivisto e forse anche un po’ ridimensionato. Tuttavia, oggi, quando io stesso parlo con i concessionari e si affronta l’argomento degli investimenti, parliamo principalmente di investimenti a livello organizzativo, creare ed implementare nuove figure di riferimento, nuove managerialità, lavorare sulle ‘soft-skill’, sulla formazione, sulla digitalizzazione. Questo è dunque un nuovo approccio che la rete sta cercando di avere per il futuro. Proprio la capacità di adattamento e la reattività ai cambiamenti rappresentano oggi la dote più importante per affrontare questo momento storico.

Il business dell’usato sta assumendo sempre più importanza per la sostenibilità dei concessionari. Qual è il vostro approccio a questo diverso orientamento di acquisto?

Per noi l’usato è sempre più strategico. In effetti, quest’anno abbiamo, e per la prima volta nella storia, lanciato una business unit dedicata, e siamo nella fase di lancio, fissato per il 2022, di ‘Re-New’, un nuovo marchio dedicato all’usato che nasce dal concetto non più di ‘semplice usato’, quanto di ‘ricondizionato’. Ovvero: un’autovettura rimessa completamente a nuovo. Questa è un’evoluzione di quanto abbiamo appreso noi stessi, ad esempio attraverso la ‘ReFactory’ che abbiamo implementato a Flins ed ha proprio di recente compiuto un anno. Si tratta, nello specifico, di un nuovo modello di business che deve permetterci di conferire una nuova immagine a quello che sarà il nuovo comparto dell’usato che intendiamo immettere sul territorio.

Il modello operativo è attualmente, appunto, a Flins, tuttavia non si esclude che questo possa essere replicato in altri Paesi europei ed anche in Italia”. “L’usato ci consentirà poi, nei prossimi anni, di spaziare in altri ambiti, anche in collaborazione con la nostra Finanziaria RCI Bank & Services, come possono ad esempio essere nuove sottoscrizioni oppure una vendita di re-marketing che potrebbe assumere un’importanza ancora maggiore.

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